L’AMMUTINAMENTO DELL’ARCA 

Nuvole nere all’orizzonte stavano lentamente avvicinandosi minacciose, e non facevano ben sperare. Le previsioni del tempo, a quei tempi, avevano 50% di probabilità che si avverassero e 50% del contrario, per un 100% d’incertezza. L’oroscopo, con le sue previsioni, dava maggiori certezze ma le stelle, si sa, stanno a guardare sopra le nuvole, indifferenti alle tribolazioni umane.  

Il diluvio universale era imminente e soltanto Noè ne era al corrente. Non aveva ricevuto nessuna comunicazione ufficiale, pare solo una soffiata informale dall’alto dei cieli a mezzo piccione. Bisognava preparare una barca e salpare al più presto per salvare la specie umana e quella animale dalle acque. Questo era l’incarico, costi quel che costi ma a che costo? Noè, interpellato, non ha saputo dare spiegazioni sui finanziamenti occulti; ma si sa, le vie del Signore sono infinite e, viste le pessime previsioni meteorologiche, anche molto nebulose. Come siano finiti i fondi nelle sue tasche è stato derubricato a semplice “mistero della fede”, e ad indagare ci stanno già pensando quelli di “Report”.

Noè si mise subito all’opera dedicando tutte le energie per la costruzione di una sua arca: l’arca di Noè. 

All’epoca tutto era più difficile perché non esistevano i tutorial dove poter digitare: “Come si costruisce un’arca? Quanto costa costruire un’arca?” E neanche esistevano i bignami di tecnica navale ingegneristica. Noè però non si perse d’animo e, cercando di mettere in pratica alcune sue idee, seppure elementari, iniziò a costruire un’arca, la prima arca per l’epoca grande quanto quella di un oligarca.

Una notte in sogno gli apparve un angelo: l’angelo dell’arca. 

L’angelo: “Noè! Non ci siamo.  L’arca deve essere molto più grande per contenere tutte le coppie di animali e qualche single”.

Noè modificò il progetto iniziale ampliando l’arca, quanto bastava ad accogliere tutti.

Una settimana dopo riapparve l’angelo:

“Noè! Non ci siamo ancora. Ricordati di predisporre l’arca in modo da sistemare gli animali in base alle diverse dimensioni, stando attento a non avvicinare troppo quelli carnivori alle loro prede naturali”.

Noè prese nota e, non con poche difficoltà, trovò una soluzione ottimale per alloggiare gli animali in sicurezza.

La notte successiva sempre il solito l’angelo:

“Noè! Bravo, ci siamo quasi; ma hai previsto tutti i dispositivi di sicurezza ed antincendio, le porte ignifughe, i sensori antifumo, le ciambelle di salvataggio e le scialuppe?”

Noè, dopo un attimo di esitazione, trovò il coraggio di rispondere all’angelo: “Ma non posso fare tutto io, e poi la legge sulla sicurezza non è ancora legge! È solo un disegno di legge che qualche lobbista sta cercando di cancellare rimandandolo alle calende greche.”

Noè anche questa volta cercò di soddisfare le richieste dell’angelo ma non riuscì a reperire tutto il materiale necessario, anche perché molte cose non erano state ancora inventate.

L’arca, nonostante le mille difficoltà, alla fine era pronta. 

“ALL’ARCA, ALL’ARCA!” Era Noè che incitava gli animali a salire sull’arca ordinatamente e in fila indiana.Tutti gli animali iniziarono lentamente ad imbarcarsi. Non mancarono momenti di confusione; si sentirono le voci di due iene, una particolarmente grossa chiamata Maxi Jena*. “ALLARGA! ALLARGA!” gridavano le iene ridens vedendo una coppia di elefanti in difficoltà nel salire sull’arca per la loro mole non indifferente. La porta d’accesso non era allargabile e lo spazio era limitato. Noè liberò due topolini cosicché gli elefanti, impressionati dai piccoli roditori, aumentarono la pressione sulla porta. Gli elefanti superarono l’ostacolo con grande difficoltà e il loro barrito si udì paurosamente a grande distanza, terrorizzando tutti gli animali presenti sull’arca. Nonostante la loro pellaccia dura, gli elefanti presentavano evidenti segni per le numerose escoriazioni sofferte nell’imbarco.  

Sull’arca non c’era spazio per le orche perché all’epoca una piscina a bordo era impensabile; meglio così: erano due orche assassine. 

La pioggia, da tempo annunziata, cadeva leggermente sui rami e sulle foglie creando una musica magica e orchestrale: era la tanto decantata pioggia nel pineto che si estese rapidamente su tutte le pinete circostanti (le parole vennero poi riprese da un irredento vate). Iniziò poi a battere sui vetri delle case con un ticchettio fastidioso ed insistente. Le piccole goccioline avevano lasciato il posto a goccioloni consistenti e neanche gli ombrelli più resistenti riuscivano a dare un riparo a chi cercava rifugio – ma neanche un rifugio a chi cercava riparo. L’acqua non dava tregua e neanche un armistizio la poteva fermare, scendeva inarrestabile e ancor meno imprigionabile, inondando tutte le terre emerse risparmiando fortunosamente solo quelle sommerse, ma nessuno se ne accorse perché erano già perse. L’arca iniziò a galleggiare e superò brillantemente il battesimo del mare con il lancio della classica bottiglia di vino pregiato riserva d’annata (sulla fiancata). Mancava lo champagne perché mancavano i francesi, non perché erano “mancati”, ma perché non erano ancora nati. I Galli, gli antenati dei nostri cugini d’oltralpe, occupavano tutta la Gallia e rivendicavano i territori del Galles, quelli dei Galletti Amburghesi nonché quelli della lontana Galizia. Una lunga guerra (una brutta storia narrata nel “de bello Gallico”), più che dei popoli di polli, insanguinò l’Europa finché, con la pace di Gallipoli, si posero le basi di una nazione dalla lunga storia: la Francia Corta. Col tempo si allungherà e allargherà  per la smania di “Grandeur” dei francesi, dei loro Re ed Imperatori. Dopo queste brevi reminiscenze storiche, dai Galli a De Gaulle, ritorniamo a noi o, per restare in tema, a Noè.  

“Dannazione che spreco!” pensò Noè assistendo al lancio della  bottiglia di vino, inebriato dal profumo di quel nettare “divino” disperso.

Orgoglioso del risultato ottenuto, che era il frutto del duro lavoro passato negli ultimi mesi nell’improvvisato cantiere, Noè si ritirò nella sua modesta cabina per il sonno dei giusti, sonno che venne interrotto ingiustamente dall’angelo che, riapparso nuovamente, era diventato un vero incubo. 

“Noè! Svegliati, abbiamo un problema: hai dimenticato i servizi igienici!”

Noè si svegliò di soprassalto. Era sfinito, esausto, non solo per la fatica accumulata nei giorni ma anche per le continue e pressanti osservazioni dell’angelo. Così rispose senza alcun timore e a tono, senza peli sulla lingua, togliendosi qualche sassolino dalla scarpa: “Sarai anche un angelo, ma ‘sta volta, anche se non mi è concesso, io ti mando al diavolo. Tu mi parli tanto dei cessi, fa piuttosto che cessi il diluvio o almeno venga declassato da universale a regionale. E poi che gli animali vadano a cagare a babordo o a tribordo e ancor  meglio fuoribordo, così non sporcano!”

A quel punto i cieli si aprirono e, apriti cielo, Dio in persona apparve a Noè in tutta la Sua maestosità, circondato da una  moltitudine di angeli:

“Noè, come ti permetti! Lo sai che ti ho mandato non un angelo dell’arca qualunque, un semplice angelo protettore, neanche un angelo con le ali spuntate o quel menestrello del Branduardi che si fa chiamare Angelo, ti ho mandato il numero uno degli angeli: L’ ARC’ANGELO!”

Noè: “Se questo è il ringraziamento, allora che se la sbrighi da solo; per una volta abbandoni le ali prendendo esempio da Fausto (senza le ali ma Leali di fatto), si rimbocchi le maniche e provi il sudore della fronte dimenticando per una volta l’odore dell’incenso! Cominci a lavorare e non solo a svolazzare beato e angelico come nei dipinti di un Angelico Beato, pittore rinascimentale”.

Noè, dopo queste parole crude, forse troppo schiette, per poco non schiattò. Smaltita la rabbia, prese una scialuppa e lasciò l’arca in balia delle acque, allontanandosi senza voltarsi neanche un attimo per vedere l’effetto che fa (“Vengo anch’io” disse il pappagallo che portava sempre in spalla, con una frase non ancora in voga a quei tempi mentre Noè era impegnato nella voga).

L’ARC’ANGELO rimase di stucco (e non per il trucco un po’ pesante), ed accortosi di non aver alcuna possibilità di portare in salvo l’arca, rincorse Noè:

“Noè ti supplico, non fare come Schettino, ritorna a bordo cazzo!” 

Noè pensò: “Schettino chi? Sta vaneggiando!”

L’angelo: “Noè ritorna sull’arca, è un ordine!”

Noè non l’ascoltò e non si seppe più nulla di lui.

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Forse la storia non è andata proprio così. La mia è una storia riveduta e “scorretta” che potremmo intitolare come “l’ammutinamento dell’arca”, un ammutinamento solamente immaginato. Non era mio intento ridicolizzare Noè che è stato un uomo dal carattere specchiato e adamantino; ho utilizzato aggettivi oggettivamente un po’ esagerati, dei quali me ne compiaccio, per riportare, forse, la narrazione ad un livello culturale più accettabile. In conclusione non pretendo di fare la morale. Tante cose succedono senza che vi sia una spiegazione logica, una giustificazioni plausibile; succedono perché devono succedere: punto e basta! E gli angeli non possono farci niente, salvo sperare nei miracoli e mangiare fagioli – come nell’indimenticabile film con protagonista un poco angelico Bud!

Noè è diventato un mito con la sua arca come lo è diventato anche Spielberg con la sua più recente arca perduta versione colossal. Quel mito rivive ancora ai giorni nostri. Molti archeologi hanno dedicato tutta una vita alla ricerca di quell’arca, più che “perduta” direi alla deriva. La leggenda vuole si sia arenata sul monte Ararat; però constato che molti di noi l’hanno trovata all’ARCAPLANET. Evidentemente gli animali si sono salvati e moltiplicati, e il business del “pet” è diventato più importante del “food” per gli umani. 

*Barca a vela che ha partecipato alla Barcolana

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Discussioni

  1. Un bel lungo giro, dall’ arca di Noe´ ad Arcaplanet. Un percorso ricco di riferimenti culturali, che spaziano in vari campi, con la consueta ironia che caratterizza il tuo stile. In questo periodo, tra mutamenti climatici e mutamenti di menti; piu´ che un’arca alla Noe´, forse dovremmo disporre di una navicella spaziale, ma sono in pochi a potersi permettere certi lussi.