L’amore rimbarcato
Giovanni era un vecchio tradizionalista. Rimasto precocemente vedovo, era restato fedele alla memoria della moglie e non si era più risposato. Suo figlio Gigio, al contrario, si presentava mensilmente nel locale con qualche sciagattata, presentando la derelitta di turno come la donna della sua vita. Giovanni non poteva non percepire, ogni volta, la sinceritĆ e la reale convinzione del figlio, ma alla dodicesima enfatica presentazione aveva maturato la consapevolezza che Gigio fosse un povero demente irrecuperabile. Non potĆ© tuttavia non notare che la sbiellata di turno sembrava avere unāetĆ superiore a quelle venticinquenni che Gigio era solito presentare al padre.
«Buongiorno, babbo!» esclamò Gigio irrompendo nel locale. Giovanni avvampò, dominando la tentazione di finirlo in una frazione di secondo, con una sgabellata a bruciapelo nella tempia. Rimase tuttavia positivamente impressionato dal portamento dignitoso della donna che camminava accanto a suo figlio.
«Buongiorno, signor Giovanni» esordì costei con voce sobria.
«Buongiorno a lei» rispose Giovanni.
Ā«Ci scusi per lāintrusione. Sono stata io a chiedere a Gigio di poterla conoscere.Ā»
Giovanni sorrise, pensando che in passato, solitamente, alla terza battuta della conversazione, la squinzia di turno afferrava il cellulare per chiedere un selfie, rigorosamente con le labbra a culo di gallina e la scollatura in vista, con il Gigio e il Gigio genitore. La signora sembrava invece avere le idee chiare. Questo rincuorava almeno parzialmente Giovanni, visto che Gigio, con la sua bocca smisuratamente aperta in un eterno sorriso beota e la ritmica chiusura intermittente degli occhi, non ispirava esattamente fiducia.
Ā«La ringrazio per la considerazione, signorinaā¦Ā»
«Squarabarozzi. Gennarina Squarabarozzi» rispose la donna, racchiusa nel suo sobrio tailleur e nei suoi tacchi professionali.
«Ho conosciuto suo figlio circa un anno fa e, da allora, frequentandolo, mi sono resa conto di essermi molto affezionata» esclamò con voce greve.
«Davvero?» domandò Giovanni con sorpresa, osservando il figlio con disgusto malcelato.
«Sì, Gigio è un lavoratore indefesso e una brava persona.»
Alle parole ābrava personaā Giovanni roteò le pupille, prorompendo in un: Ā«Lui?!Ā» seguito, a ruota, da una risata imbarazzata. Gigio, gorgogliando e protendendo la mano verso Giovanni al punto di arrivare quasi a toccarne, con le dita, la fronte, si associò alla risata. Gennarina, convinta che si trattasse di un teatrino convenzionale padre/figlio, e forse ancora inconsapevole del livello di demenzialitĆ del suo nuovo compagno, sorrise a sua volta.
«Noi ci amiamo, babbo!» proruppe, un attimo dopo, in modo plateale e assolutamente inopportuno, Gigio, producendo una reazione diabetica in Gennarina, i cui occhi sembrarono trasformarsi in cuori zuccherosi.
Giovanni riuscƬ a stento a reprimere un biliosamente stridulo: Ā«Cosa?!Ā» pensando che, solo alcune settimane prima, si era presentato in quello stesso locale con Lucrezia per comunicare la volontĆ di progettare il loro matrimonio. Giovanni realizzò altresƬ, con terrore, che si sarebbe dovuto aspettare, come giĆ accaduto in passato con altre sbiellate, lāirruzione nel locale di quella decerebrata di Lucrezia. Era certo che Lucrezia si sarebbe trascinata sciancata e con il volto impiastricciato da mascara e lacrime, vomitando, prima di poter essere gambizzata in via preventiva, al Gigio genitore, nel migliore stile della rimbarcata modello, la sua disperazione da abbandono. Giovanni giĆ si immaginava che la demente si sarebbe prodotta in una imbarazzante sequela di ignobili suoni gutturali e cadute dallo sgabello, seguite da sciancati trascinamenti sul pavimento, stile lombrico, e invocazioni variegate, col braccio proteso nel vuoto, del nome Gigio, tra un singulto latrante e lāaltro. Giovanni tuttavia, non poteva immaginare che quel futuro fosse cosƬ imminente. Invece, un attimo dopo, lāincubo prese forma; le porte del locale si spalancarono e apparve, con i capelli elettrici, gli occhi iniettati di sangue, oltre che corrotti da altre stigmate tipiche di chi non dorme in modo regolare ormai da notti, una minigonna di pelle nera, e degli inguardabili stivali rosso fuoco, Lucrezia. Giovanni realizzò che la minus habens era probabilmente appostata davanti al bar da giorni, in attesa dellāarrivo del disabile mentale di suo figlio. Gigio si voltò, rimanendo inebetito di fronte a quella incommentabile specie di spaventapasseri che appariva la sua ex compagna.
Ā«Tu!Ā» iniziò a urlare con voce gracchiante Lucrezia, additando Gigio e ondeggiando in equilibrio precario, a causa di un evidente stato di alterazione alcolica. Ā«Tu⦠dicevi di amarmiĀ» riprese a urlare singhiozzando. Ā«E poi⦠poiā¦Ā» esclamò in modo annaspante, senza riuscire a terminare la frase. Lucinda franò miseramente sulle ginocchia, chiudendo gli occhi e schiacciando il mento sul petto, a causa del bolo doloroso che le comprimeva esofago e corde vocali.
Gennarina la osservò con portamento austero ed espressione severa, prima di replicare in modo secco e impietoso, anzi quasi spazientito: Ā«Cara Lucrezia, se Gigio ha deciso di prendere unāaltra strada ĆØ perchĆ©, evidentemente, tu non eri ciò che lui volevaĀ».
Quelle caustiche parole scatenarono una reazione scomposta nella stordita, la quale iniziò a dimenarsi in modo frenetico e tarantolante, latrando a più riprese un agghiacciante: Ā«Nooo!!!Ā». Poi, improvvisamente, si irrigidƬ come un blocco di marmo e iniziò a emettere rantoli cosƬ gorgoglianti da ricordare il gracchio delle bodde di stagno, fino a quando lāiride non scomparve nella sclera dellāocchio e grumi di bava iniziarono a schiumarle ai lati della bocca. Gennarina, in preda al panico più dilaniante, scelse il momento più inopportuno per scivolare in uno sconveniente baratro psicotico e compiere il più sconsiderato e incongruo atto reattivo. Gennarina si innalzò in volo dāangelo verso Lucrezia, al fine di affondare il gomito, stile wrestler, nello stomaco di costei, nella delirante convinzione che, cosƬ agendo, ne avrebbe determinato lo sblocco traumatico della respirazione. Ciò che ne seguƬ fu, nella realtĆ , un movimento inutilmente sconclusionato e scomposto, che produsse, nellāincredulitĆ generale, lāunico risultato di determinare lo schianto della testa della Squarabarozzi contro una delle sedie in ferro. Lā impatto fu cosƬ violento da produrre la frattura della seconda e terza vertebra della colonna, e, per effetto, il suo istantaneo decesso. Anche Luccrezia giaceva adesso esanime al suolo, con gli occhi sgranati rivolti immobili verso il soffitto e la bava che continuava a sgorgare meccanicamente, a fiotti, dai lati della bocca. Giovanni e Gigio rimasero in attonito silenzio, osservando increduli i due cadaveri spalmati a pelle di giaguaro sul pavimento.
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