L’anima sulla tela.

Erano da poco passate le ore del meriggio quando mi destai dal sonno sotto il fico, davanti all’entrata della Villa delle Rose, a Campo Lungo.

«Un altro giorno passato a far niente», pensai, mentre ancora assonnato salivo sulla mia bicicletta, diretto verso la piccola pensione a Belmonte, qualche chilometro oltre la collina. Lì mi ero ritirato per dipingere alcune nature morte commissionatemi da un amico, per conto di certi signori di città.

L’ultima personale aveva dato i suoi frutti. Fu lì che incontrai il mio vecchio amore di gioventù. Poche frasi di rito, davanti al marito e alla mia compagna; un leggero sfiorarsi quando le passai il calice di vino perlato.

Sguardi di desiderio. Quando fummo soli, non le nascosi il rimpianto per quel coito interrotto anni prima. Lei rise, mi accarezzò con dolcezza, poi le sue labbra sfiorarono il mio collo, seguite dalla promessa di rivederci quell’estate, là dove tutto aveva avuto inizio: nella villa dei suoi, poco distante da Belmonte.

La stanza in cui alloggiavo era grande, esposta al sole e silenziosa. Il mio amico aveva fatto un buon lavoro.

Dopo quell’incontro, ebbi occasione di intrattenere con lei un fitto epistolario, sempre più intimo, erotico, quasi un adulterio letterario.

Ci promettemmo di sfogare il nostro desiderio con i rispettivi compagni, proprio per non destare sospetti.

Il patto diede ottimi risultati.

Impastavo i colori alla luce di una candela, per poi riversarli sulla tela, cercando di dare un senso a ciò che stavo facendo. Ricoprivo i graffiti a carboncino tracciati quella stessa mattina.

Gli oggetti delle mie nature morte sembravano galleggiare, per poi trovare un punto d’approdo e ancorarsi definitivamente alla tela.

Nella stanza avevo riservato un angolo a una tela ancora vergine, dove avrei ritratto colei che era stata la mia musa.

La stessa che avevo deciso di non ritrarre finché non fosse stata davvero mia.

I giorni passavano. Continuavo a dedicarmi alle mie nature morte e al mio pellegrinare verso quella villa così ricca di ricordi: quand’ero giovane bagascio, al servizio presso la magione, intento alle faccende più umili. Quando potevo, mi perdevo nei dipinti e negli affreschi che adornavano le pareti. Poi c’era lei, con il suo sorriso, i suoi capelli lunghi e biondi, e quegli occhi che mi rapirono il cuore.

Gli anni passavano, così come noi due. Quando infine giungemmo all’età per amarci, il destino ci separò. Fino a quel giorno, alla galleria.

Le memorie, a volte, fanno male. Le parole non dette, le azioni mai compiute: troppi rimorsi. Ma la vita va avanti, così come cerco di andare avanti io, oltre la collina, verso la villa, verso lei che mi aspetta.

Avevo saputo dal prete del paese che la villa si stava animando, e che oggi sarebbe arrivata la padrona. Non persi tempo. Così, eccomi qui, a pedalare verso la mia dolce amante di penna.

Arrivammo quasi in contemporanea: la scura vettura padronale mi superò e varcò il cancello della villa. Io, scartandola, mi diressi sotto l’ombra del fico, sperando di intravedere le sue forme aggraziate.

Il marito era intento ad arricchire le casse di famiglia nell’afosa città, pronto a perdersi tra le braccia delle giovani amanti del Tabarin. Io, invece, attendevo sua moglie.

Quella stessa notte, complice la luna piena, ci incontrammo a mezza via, nel piccolo caseggiato lungo la vecchia strada, in casa di una cara amica comune. Lì condividemmo vino fresco e messciua. Passammo quei giorni come giovani amanti inesperti, a conoscerci intimamente, gioendo dei nostri coiti e abbracciandoci in un’iperbole di passione.

Intanto i giorni scorrevano, e io lavoravo al mio dipinto segreto.

L’ultima notte, prima dell’arrivo del suo uomo, ci promettemmo di non scriverci più, di vivere solo di quel ricordo: lei con mio figlio nel suo ventre, e io con la sua anima impressa sulla tela.

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Discussioni

  1. Bel racconto, si legge con piacere. Mi è piaciuta l’atmosfera sospesa e malinconica, e il modo in cui il tempo passato e il desiderio mai spento tra i due personaggi resta vivo in ogni gesto e ricordo.