
Lato B come Brad
«Ehi, scusa, hai perso tu l’accendino?» aveva domandato Betta, avvicinandosi al tipo che stava chino sul cofano della Porsche, intento a versare l’olio motore.
«Scommetto che ha un valore affettivo importante.» E senza lasciargli il tempo di rispondere, aveva continuato «Un Cartier d’oro è un oggetto prezioso che di solito non si trova nella busta delle patatine e neppure nell’uovo di Pasqua. Lasciami indovinare: o è un pegno d’amore, oppure il regalo di una persona molto speciale che…»
A costo di apparire logorroica e sfacciata – rivolgendosi a quel perfetto sconosciuto – non gli aveva dato neanche un secondo per replicare. E mentre pronunciava quelle parole era caduta ai suoi piedi, scivolando in ginocchio, per poi accasciarsi del tutto, senza concludere la frase.
Lui era rimasto spiazzato: forse un calo di pressione per il caldo; oppure era una squilibrata, o un’epilettica, o una tossica, o chissà cos’altro.
Aveva già abbastanza guai, non aveva alcuna voglia di procurarsene altri.
Era rimasto immobile a lungo, esitando: quel corpo privo di sensi, di lei addosso, lo teneva fermo come una calamita attaccata alla lavagna magnetica.
In un primo momento, quando aveva alzato gli occhi su di lei, era rimasto senza parole. Alta, giovane, bella e più vistosa di tutte le altre donne che aveva deflorato, posseduto, illuso, tradito e mollato, negli ultimi vent’anni della sua vita.
I pantaloncini sgambati mostravano gambe affusolate, toniche e abbronzate.
La capigliatura rossa, folta e riccia, lo sguardo penetrante e quegli occhi tra il turchese e lo zaffiro, l’avevano colpito e affondato. Si sentiva confuso, la mente offuscata come se fosse stato vittima di un sortilegio che l’aveva steso all’istante; nonostante, distesa ai suoi piedi, ci fosse lei.
Come un flash partito dal basso verso l’alto, lungo il midollo spinale, fino alla sottile corteccia cerebrale, aveva pensato che quella giovane donna, in piedi o distesa, con gli occhi aperti o chiusi, cosciente o non cosciente, era e restava, comunque, una gran bella gnocca.
Avrebbe dovuto chiamare il 118 e dileguarsi, evitando di ritrovarsi coinvolto in una situazione che a naso, gli puzzava un po’.
Mentre rifletteva, aveva raccolto l’accendino. Chiunque l’avesse perduto, sicuramente era già rassegnato a non rivederlo mai più.
Aveva smesso di fumare da parecchi anni, ma un Cartier d’oro, a costo zero, non poteva rifiutarlo comunque.
Erano passati pochi minuti, lei aveva riaperto gli occhi da jana malefica. «Zu… zu… zuccheri.» Aveva biascicato per fargli capire che il suo malore era dovuto a una crisi ipoglicemica.
L’uomo aveva aperto il cruscotto. Zero caramelle, zero cioccolatini, zero biscotti. Il Caffè noir, però, era lì, a pochi metri di distanza. Betta aveva rivolto i suoi occhi, in quel momento languidi, in direzione del bar, con un cenno del capo, mentre tentava di rimettersi in piedi.
«Ce la fai a camminare?»
«Aiutami.»
All’interno del locale, mostrandosi debole, si era accasciata sulla sedia, davanti al tavolino, a un passo dall’ingresso.
«Cosa ti porto?»
«Qualcosa di dolce.»
Lui era andato alla cassa, aveva richiesto una fetta di torta, una bottiglietta d’acqua e un bicchiere di prosecco per sé.
Quando le aveva passato la bottiglia di plastica, lei l’aveva tastata con le mani, facendo una smorfia. Poi, ammaliandolo col suo sguardo ipnotico, ben collaudato, gli aveva chiesto « Ti dispiace farti dare dell’acqua a temperatura ambiente? Questa è ghiacciata.»
Come un automa, aveva fatto dietro front verso il bancone. Era quasi sul punto di andare carponi o strisciando, fino alla sorgente di Abbasanta, se lei glielo avesse chiesto.
In quel preciso istante, mentre lui era di spalle, aspettando il suo turno, lei aveva pensato che sarebbe stato fin troppo facile uscire dal bar alla chetichella e raggiungere la Golf dove le due donne la stavano aspettando. Quel bel tipino col posteriore alla Brad Pit e il cervello da quaglia, aveva lasciato le chiavi della Porsche sul tavolino. Sarebbe stato un giochetto da ragazzi, lasciarlo lì, appiedato e sconcertato, come un fesso vestito e calzato.
«Missione compiuta» avrebbe detto alle due donne «Riprendetevi la vostra Porsche e buona fortuna».
Ma il furto dell’auto alle due svampite, era un’azione imperdonabile che andava punita, aveva pensato Betta. Se non ci si aiuta tra donne…
In quel momento il Caffè noir era molto affollato: avrebbe avuto tutto il tempo necessario per andare fuori, raggiungere la sua auto e spiegare l’idea che iniziava a balenarle, per attuare l’azione punitiva. Avrebbe chiesto alle due povere sfigate di riflettere sul modo in cui avrebbero voluto fare la festa al belloccio. Lui nel frattempo sarebbe rimasto in coda a una decina di clienti. Se si fosse voltato mentre lei era fuori e avesse notato la sua assenza, gli avrebbe detto che si era spostata per andare alla toilette.
Susi e Gi, più che d’accordo, sembravano euforiche al pensiero di poter castigare il tizio con il posteriore alla Brad, per poi riprendersi la Porsche e divertirsi con quell’inaspettato cambio di programma.
Quando Betta era tornata a sedersi davanti al tavolino, lui era ancora fermo al bancone. Aveva dimenticato una raccomandazione importante. Ingenue e sprovvedute com’erano rischiavano di tradirsi e di far saltare il piano, se non avesse suggerito di presentarsi subito, per evitare che dalle loro bocche potesse sfuggire il suo nome, come se l’avessero già conosciuta prima.
Quando lui era tornato al tavolino con la bottiglia in mano, lei aveva osservato l’etichetta con un’espressione perplessa e delusa.
«L’acqua naturale non gasata, l’avevano terminata?»
Senza far trapelare in alcun modo la stizza, al pensiero di dover rifare la fila, lui l’aveva guardata con la pazienza dei martiri, mentre si alzava di nuovo, scusandosi per non aver capito che preferisse l’acqua naturale.
«Ti aspetto fuori. Ho bisogno d’aria.»
«Okay» aveva risposto lui con i suoi occhi vacui, persi ormai nel sogno di passare presto ad un rapporto orizzontale con la gnocca.
Betta, con passo da gazzella, aveva raggiunto la Golf, aveva ripetuto le istruzioni alle due donne, con la raccomandazione di presentarsi sin dal primo istante in cui si sarebbero ritrovate, pronunciando forte e chiaro i loro nomi. Lei avrebbe scandito il suo, specificando, a chiare lettere, anche il diminutivo.
Quando lui l’aveva raggiunta era già seduta all’interno della Porsche, sul sedile del conducente, simulando movimenti col volante, come se stesse guidando.
«Me la fai provare?»
Lui sembrava dubbioso.
«Dai, Cicci… A proposito, come hai detto che ti chiami?»
« Mi chiamo Francesco, ma va bene anche Cicci.»
Cicci era un appellativo che accorciava ulteriormente le distanze tra loro.
Usciti dall’area di sosta, avevano ripreso la strada provinciale con lei al volante, che aveva impiegato quasi un quarto d’ora per bere l’acqua, mettersi le cinture, sistemare gli specchietti, raccogliersi i capelli, chiedergli quale fosse il suo segno zodiacale e l’ascendente e «Di che anno sei?»
«Maiale, quindi.»
«Maiale??»
«Si, certo, maiale… per l’oroscopo cinese.»
E altre simili sciocchezze, per prendere tempo e consentire alle due donne, di avviarsi a piedi, lungo la strada.
Dopo poche centinaia di metri le aveva raggiunte, mentre si sbracciavano per farsi notare e chiedere il passaggio.
«Che dici, le prendiamo?»
Lui appariva titubante e, come al solito, senza farsi pregare troppo a lungo, aveva acconsentito.
Betta aveva accostato, Susi e Gì erano salite e senza perdere neanche un secondo, con un tono di voce squillante, si erano presentate.
«Dove andate di bello?» aveva chiesto Betta.
«Alla prima farmacia del primo centro commerciale o centro abitato che ci sia in questa zona. La mia amica ha dimenticato di mettere il collirio per la congiuntivite nello zaino; se non mette quelle gocce si commuove, cioè… le lacrimano gli occhi come se avesse affettato un sacco di cipolle.»
Le tre donne avevano riso, mentre lui faceva una smorfia, che sembrava voler dire, ma le svitate, tutte a me devono capitare?
Mentre Betta guidava, i suoi mini-short salivano su, mettendo a nudo le lunghe cosce, fino all’inguine. La voglia di arrivare al dunque, reclinando i sedili o sdraiandosi sull’erba di qualche prato, cresceva a vista d’occhio, sotto la zip dei pantaloni blu di Cicci. Rifiutarsi di accompagnare le due autostoppiste alla farmacia più vicina, sarebbe stato non solo un atto di scortesia, ma persino una mezza omissione di soccorso, anche se le lacrime non erano ancora spuntate e gli occhi di Susi sembravano vispi e sani come quelli di una lince.
Doveva resistere. Era sicuro che mostrandosi gentile con le due intruse avrebbe guadagnato punti e più chance con Betta.
L’accordo prevedeva che in farmacia sarebbe entrata solo una di loro: Susi.
«Buon giorno dottoressa. Sono partita in vacanza e ho dimenticato di mettere le gocce per dormire nello zaino. Di solito prendo le Do-Rem, ma andrebbe bene anche un prodotto generico equivalente.»
«Ora vedo cosa posso darle. Ci sarebbero le Alfa-Night-Plus, ma non esageri. Le Do-Rem sono più blande. Ne assuma solo sei o sette gocce, al massimo.»
Ora sì che rido, aveva pensato Susi, uscendo dalla farmacia; poi, salendo in macchina, Betta le aveva chiesto se fosse riuscita ad avere il collirio. Susi, con un tono entusiasta un po’ eccessivo, aveva risposto «Tutto okay. Ora non piango più».
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Ciao Maria Luisa, mi mancavano da morire le tue Telma e Luise. Hai illuminato la mia giornata, d’ora in poi saranno il mio collirio preferito. Ora terzetto, non ho la più pallida idea di dove riusciranno ad arrivare 😀
Che gradita sorpresa, Micol. Se sono riuscita ad andare avanti con questo nuovo viaggio e` stato anche grazie a te, che mi hai offerto un po’ di carburante per tenere acceso il “motore”. Spero mi dirai, francamente, cosa c’ e` che va e non va, dei prossimi episodi.
Contaci 😀
Mi piace moltissimo il personaggio di Betta! Donna di carattere, che sa il fatto suo e con il fisico mozzafiato. Cosa si vuole di più? Mi sono divertita leggendo questo nuovo capitolo, scritto poi così bene, che fila via liscio in ogni punto. Anche io sono nata nell’anno del maiale e questo mi ha ulteriormente divertita! Lui fa tanto lo spiritosello e il leggerino, ma mi sa che la paga cara. Non ho capito bene in quale tipo di arma possa trasformarsi un collirio e quindi sarai tu a spiegarmelo, dopodiché me ne terrò anche io uno in borsetta. Brava Maria Luisa, non farci aspettare troppo con la prossima!
Ciao Cristiana, grazie per le tue parole. Sai bene quanto sono importanti i commenti in generale, favorevoli o anche garbatamente critici. E quando leggiamo parole gratificanti come le tue, dagli autori/autrici con cui c’ e` un dialogo e un’ intesa maggiore, traiamo conforto e nuova linfa.
Per rispondere alla tua domanda sul modo in cui Cicci verra` punito, la risposta e` gia` indicata (in parte), nella richiesta che Susi fa rivolgendosi alla farmacista. Il collirio era solo un pretesto. In realta` le gocce di Alfa-Night-Plus (nome inventato), in sostituzione delle Do-Rem (altro nome di fantasia), non sono un rimedio per la congiuntivite. “Buon giorno dottoressa” dice Susi. “Sono partita in vacanza e ho dimenticato di mettere le gocce per dormire nello zaino.”
Non ci credo che mi sia sfuggito!!! Poveraccio
Brillante ed ironico racconto. Piacevolissimo.
Complimenti.
Ciao Cinzia, grazie per il tuo commento. Ora provero` ad andare avanti con un altro episodio, cercando di mantenere lo stesso ritmo e tono narrativo semiserio. Spero – anche grazie a voi che leggete e mi supportate – di riuscire nel mio intento.
Noooo! E adesso? Come continua? Divertentissimo anche questo episodio, aspetto il prossimo e sapere come finisce con Cicci dal bel lato B e il cervello sotto l’equatore! Nel frattempo penso a come potrebbero usare il collirio. Sono stati due giorni belli intensi e carichi e leggere questo tuo divertentissimo racconto mi ha fatto passare la stanchezza meglio di una bella dormita che ormai manca da parecchio! Alla prossima Maria Luisa!
Ciao Carlo, grazie. Se sono riuscita ad alleggerire, per qualche minuto, questo tuo fine giornata di un periodo pesante, ne sono doppiamente felice.
Ultimamente (da piu` di un anno), ho spesso l’ impressione di vivere con l’ ombra – non troppo lontana – o la minaccia – non troppo vaga – di certi “macigni” sospesi sopra noi tutti, oltre i soliti massi che intralciano, a volte, il nostro cammino, che pesano o sembrano ingombranti, talvolta, piu` dei graniti di Palau o di Porto Sa Ruxi (a Villasimius). Riuscire a scaricare la tensione, scrivendo o leggendo e ridendoci su, e` un buon rimedio “omeopatico” antistress, economico e senza effetti collaterali. L’ effetto svanisce presto, ma quando l’ umore cambia e l’ energia sale, e` piu` facile riacquistare fiducia o ritrovare lo slancio necessario per scavalcare l’ ostacolo, come facevamo in palestra con quell’ attrezzo che chiamavamo – se non sbaglio – cavallina.
Buon tutto a te e a noi tutti.