L’Attesa – Il Canto delle Comari –
Serie: Quello che resta
- Episodio 1: Anima Nera
- Episodio 2: L’Attesa – Il Canto delle Comari –
- Episodio 3: L’Attesa – Il profumo del ricordo –
STAGIONE 1
Nina non era mai stata amante del pettegolezzo.
La domenica, dopo la messa di mezzogiorno, le donne del paese si riunivano sul belvedere della vecchia acropoli e, approfittando dei primi timidi giorni di primavera, si perdevano nei più futili sproloqui. «Nennella mi ha detto che la figlia della sarta si vede di nascosto con un ragazzo più piccolo di lei!», «Ma sapete che l’altra sera hanno visto Don Armando bere vino in una taverna in atteggiamenti poco cristiani?» o ancora: «Mafalda, la nipote di donna Vittoria, ha diciassette anni e del ciclo nemmeno l’ombra! Quale mentecatto la vorrebbe come moglie!?» Il tutto poi accompagnato da un gesticolare continuo, sguardi compiaciuti e rigorosi “Signore Onnipotente aiutaci tu”. In passato, avevano tentato di coinvolgere anche lei in questo labirinto di chiacchiere ma Nina non cedeva e riusciva sempre a trovare un impegno inderogabile: una volta c’erano i pesci da pulire per la signora Lidia, un’altra i polli da spennare, un’altra ancora il carretto della frutta da sistemare per il mercato del pomeriggio. Come lei era tanto brava dall’ evitare quel parlottìo insistente, al pari le comari erano assai fantasiose nel commentare anche la vita della giovane e sfortunata vedova. Secondo alcune, infatti, Geremia aveva volontariamente deciso di andare in guerra perché la moglie troppo autoritaria e senza cuore, per altre invece era sopravvissuto ma, invaghito di qualche bella donna del Nord Italia, avrebbe deciso di rimanere in terra straniera e costruirsi là una nuova vita. Addirittura le più originali ritenevano che Nina avesse ammazzato il povero Geremia e lo avesse buttato in mare. «Pensassero ai loro mariti, piuttosto che alle ossa del mio», borbottava lei, mentre frettolosamente si avviava alla lunga scalinata che l’avrebbe condotta alla piazza del paese, sgranando sempre tra le mani il vecchio Rosario e lasciandosi alle spalle le comari e i loro pensieri profani.
La casa di Nina si trovava al pian terreno. Era costituita da un unico grande stanzone in cui, un tempo, gli sposi avevano predisposto il minimo indispensabile per renderla quanto più accogliente. Il piccolo cucinino era sistemato nell’angolo destro della camera, non appena varcato l’ingresso. Un tavolo tondo con quattro sedie di legno e paglia intrecciata, una credenza contenente il corredo nuziale (fatto di otto bicchieri, una zuppiera, piatti di ceramica bianca usati solo nelle ricorrenze speciali – come la Pasqua o il compleanno di Paolina) e una poltroncina oramai abbastanza vissuta facevano da salottino. In fondo, vi era infine quello che era stato il letto di Nina e Geremia, affiancato dal lettino di loro figlia .
Un armadio di rovere (regalo dei suoi suoceri) e un comò, sul quale primeggiava una statuina della Madonna di Pompei, completavano la zona notte. Non vi era bagno, bisognava raggiungere l’interno della palazzina dove, al primo piano, erano stati disposti i servizi comuni. Paolina sedeva ai margini del letto quando sua madre rincasò, tutta intenta a intrecciare grosse teste di agli: dopo aver scartato quelli marci, li divideva in gruppi da cinque, posizionandone due in verticale e tre in orizzontale e, dopo averli ben legati con dello spago, iniziava meccanicamente a realizzare i suoi fasci. Il giorno appresso, sua madre avrebbe potuto esporli al mercato rionale, assieme alle cassette di mele, i pomodori da insalata e le grosse cipolle dorate, di cui si vantava come le più saporite. Era molto orgogliosa di come sua figlia fosse cresciuta: a tredici anni, sapeva preparare fusilli e cavatelli, un’ottima salsa con le cotiche, prendersi cura dell’orto. Seguiva alla lettera da buona religiosa i moniti lasciateci in eredità dal buon Gesù, era rispettosa dei morti ed anche dei vivi. Col tempo, avrebbe anche imparato a tirare il collo alle galline cosa che, almeno adesso, le procurava un non poco disagio.
«Penso che possano bastare, vieni qui, mangiamo» disse amorevolmente Nina, mentre poggiava al tavolo un fumante piatto di minestra.
Serie: Quello che resta
- Episodio 1: Anima Nera
- Episodio 2: L’Attesa – Il Canto delle Comari –
- Episodio 3: L’Attesa – Il profumo del ricordo –
“Il giorno appresso, sua madre avrebbe potuto esporli al mercato rionale, assieme alle cassette di mele, i pomodori da insalata e le grosse cipolle dorate, di cui si vantava come le più saporite.”
Sai cosa mi piace particolarmente a parte la storia davvero bella che getta le radici in un’Italia antica, ma che sentiamo ancora vicina? Mi piace particolarmente l’uso del linguaggio. Una lingua sciolta, colloquiale, molto legata alla forma dialettale. Scelta migliore non potevi fare.
Grazie infinite Cristiana! 😘
Ciao Mariarosaria, mi piace il tuo modo di scrivere, lo trovo accompagnatorio, ti guida nella scena restando sempre non un passo avanti e nemmeno uno indietro.
Ciao Roberto,ti ringrazio 😊