L’Attesa – Il profumo del ricordo –

Serie: Quello che resta


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Nuove verità

Erano trascorsi più di tre anni da quando alla radio avevano proclamato la fine della guerra. Mussolini era morto e assieme a lui gli Italiani avevano sepolto anche l’incubo del fascismo, ma la miseria e la fame continuavano a dilagare per le terre. Nei piccoli paesi di mare, come quello in cui abitava Paolina, il mistero della guerra aveva solamente accarezzato le famiglie: non vi erano stati bombardamenti, trincee o ospedali da campo, ma solo case svuotate delle braccia dei loro uomini. Furono circa in cento a partire soldati e di questi solo in ventitré fecero ritorno. Le mogli, madri, sorelle dei caduti furono avvisate dalla non lontana caserma della perdita dei loro capifamiglia.

Tutte, tranne Nina. Sembrava che Geremia fosse completamente svanito nel nulla, nessuno dei compagni di guerra fu in grado di fornire notizie di lui. Neppure Roberto, che con Geremia era partito volontario lo stesso giorno. «Cercherò di ricordare» le promise, quando un pomeriggio andò a fargli visita, facendogli omaggio di una bottiglia di olio; ma non sopraggiunse l’estate che la morte se lo portò via a causa delle numerose ferite riportate in battaglia.

E così, rassegnata dall’idea di aver perduto per sempre suo marito, per lei il mondo si colorò di nero. Non solo si recava in Chiesa tutte le domeniche, ma di tanto in tanto, quando i pensieri erano troppi, passeggiava solitaria per il Camposanto. Vagava così, buttando alla rinfusa lo sguardo sui nomi delle lapidi, riconoscendo tra esse anche qualcuno a lei caro.

Talvolta invidiava quelle donne che potevano permettersi di portare un fiore o un cerino alla tomba dei loro amati e, non appena si ravvedeva da tale pensiero, non esitava a passare da Don Armando per confessarsi. «Quale stolta può provare gelosia per i morti di qualche povera sventurata?» pensava. Eppure, in cuor suo, sapeva perfettamente di provare tale sentimento.

Non sapere di Geremia la struggeva ancor più di doverlo sapere morto. E così una mattina, in preda ad un pianto disperato, approfittando dell’assenza di sua figlia, prese la sua decisione: Geremia doveva scomparire dalla sua vita, nulla più di lui doveva esistere in quella casa. Si disfò di ogni cosa appartenuta un tempo a suo marito: tutto in quella casa continuava a ricordarle la presenza di Geremia, la giacca buona sistemata nell’armadio, l’orologio da taschino, i pantaloni stracciati che utilizzava per lavorare la terra. La sua pipa era ancora adagiata accanto alla vecchia poltrona, come se anch’essa lo stesse attendendo. Il lato sinistro del talamo era rimasto intatto, le lenzuola ben piegate, il cuscino immacolato, tanto che non permetteva neppure a sua figlia di stendersi lì acconto a lei la notte, anche quando aveva avuto la febbre. Si guardò allo specchio e non si riconosceva: il volto era stanco e gli occhi scavati oramai da troppe notti insonni, qualche filo d’argento iniziava a colorarle la nera chioma e per un momento iniziò a sentirsi vecchia; poggiò la sua mano al collo, slacciò la catenina ed aprì la medaglietta. Guardò ancora una volta il viso di suo marito: gli occhi cerulei, i capelli chiari e mossi, i lineamenti del viso dolci, ma con lo sguardo sempre deciso. Paolina era esattamente la sua copia, fatta eccezione dei capelli bruni, quelli li aveva ereditati da sua madre.

Baciò quella foto, come se per un attimo le sue labbra e quelle di Geremia avessero potuto sfiorarsi ancora, e così le sembrò. Aperto l’ultimo cassetto del comodino, avvolse la medaglietta in un fazzoletto bianco, con piccole margherite gialle ricamate a mano. Lo chiuse e all’improvviso smise di singhiozzare. Aveva, in quel momento, a modo suo, seppellito suo marito ed ora, dopo tanto tempo, si sentiva bene: finalmente possedeva anche lei una tomba su cui piangere.

Serie: Quello che resta


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Dunque con questi due episodi hai fatto un salto temporale di tre anni e Paolina ne ha adesso tredici. Ma non è ancora lei la protagonista della storia. Il racconto è, fino a ora, permeato del dolore di Nina per la perdita del marito. Quel gesto catartico con cui si conclude l’episodio segna probabilmente una svolta nella storia. Ti rinnovo i complimenti per le descrizioni dettagliate ma mai esagerate. Ci hai mostrato un’umile dimora dei tempi andati e un lavoro umile affidato a una ragazzina che sta venendo su bene perché brava in casa e timorata di Dio. Un tuffo nell’immediato dopoguerra davvero realistico.

  2. Davvero bello e commovente questo episodio. Dare sepoltura a un corpo che non si possiede è un gesto di grande fiducia. Aggiungo, cosa che credo faccia sempre piacere sentirsi dire, scrivi benissimo.