
Le Conte du Graal
Era il giorno più caldo dell’anno.
Le tende sbiadite di tempo e viaggi sfogliavano al vento di scirocco le ore di un tempo assente, inchiodato da qualche parte verso il pomeriggio.
La santa e pericolosissima folla si stringeva in strade troppo strette, in vie larghissime da carro e sui muri dei pub, sotto lammie basse, montandosi di voce in voce fino a perdere il segno del parlare.
Tutto intorno si andavano schiacciando palazzi altissimi e storti, molto belli alcuni e terribili la maggior parte, col gallo di ferro in cima e le antenne in preghiera alla ricerca di un segnale fuori onda.
Quel segnale, che i più dritti andavano cercando, l’aveva trovato per sbaglio Adam, che s’era perso nel Borgo degli Artisti: s’era slegato le dita da quelle di suo padre e aveva seguito a bordo strada uno stornello; quel canto parlava della Grande Città, al cui centro sorge Il Campanile, fuor di ogni logica e pensiero, che chiama i cuori audaci sotto un districo di poesie ermetiche e fiabesche.
Un mantello gli sfiorò le pupille e quando gli cadde dallo sguardo, il mondo tutto intorno aveva cambiato strade e occhi, ed era entrato laddove ogni bambino almeno una volta è stato.
Aveva promesso al suo papà di ricordare per sempre certe cose che gli aveva detto, che ogni papà dice al proprio bambino prima o poi, e che è proibito scrivere.
Gli aveva detto di riempirsi il cuore di distanze, di lunghi passi, per misurare tutta la vita e considerare la forza della gioventù, la vecchiezza, l’amore e gl’intrecci impossibili delle cose che succedono.
Ma come ogni bambino, Adam era cavaliere dell’indomabile fantasticare, e in groppa all’immaginare vide tutta la sua vita in un istante, e pianse.
In quel vetro di lacrima c’era il segreto della vita eterna, ma lui non lo sapeva ancora.
Si stava facendo sera, e le sue ultime luci d’oro incendiarono i capelli di una bambina dall’altra parte della fontana. Lui la vide, trattenne il fiato, e se ne innamorò perdutamente.
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Che originalità . Grazie
Rimango sempre incantata nel leggere i tuoi racconti. La prosa si fa poesia, cattura allo stesso modo di un refolo di vento improvviso a cui ci si tiene stretti per assaporarlo fino alla fine
“Le tende sbiadite di tempo e viaggi sfogliavano al vento di scirocco le ore di un tempo assente, inchiodato da qualche parte verso il pomeriggio.”
❤️
I tuoi racconti sono l’equivalente narrativo della geometria non euclidea di R’lyeh 🙂
Punti di riferimento che ti sfuggono di sotto gli occhi, immagini che più ti si svelano più ti confondono, e tuttavia le percepisci: l’empatia con Adam è istantanea.
“Ma come ogni bambino, Adam era cavaliere dell’indomabile fantasticare”
❤️
“montandosi di voce in voce fino a perdere il segno del parlare”
Questo passaggio mi è piaciuto
La bellezza di questo testo sta nei termini ricercati quanto nella capacità di esprimere sensazioni reali in scenari e contesti semplici e innocenti, aspetto che tantissimi autori hanno oppresso in loro stessi ma che possiede un fascino particolare e mai stucchevole. Meraviglioso
Grazie mille!