Le parole

Le parole è il titolo di un programma del sabato sera, condotto dal giornalista Massimo Gramellini, su RAI 3, con la partecipazione del professor Roberto Vecchioni, cantautor, di famose canzoni d‘amor.

Quanti significati e quante valenze possono assumere le parole?

Le parole sono carezze: ti voglio bene – sei gentile – amore mio – tesoro!.

Le parole sono come petardi, che esplodono in bocca o nel petto di chi le pronuncia o di chi ha cuore per sentirle. “Mi hanno rapita, stuprata e rinchiusa in un lager libico.” Ha detto poco fa, in un’intervista al telegiornale, un’altra delle tante  donne africane, vittime di violenza, di abusi e di maltrattamenti di ogni genere.

Le parole sono insulti crudeli, ingiustificati e brutali, quando, per esempio, il colonnello Budanov rapisce, violenta e poi strangola la giovane Elsa, abitante in un modesto villaggio della Cecenia, durante la seconda guerra voluta dai Russi, con il pretesto di combattere il terrorismo. Durante l’aggressione l’ufficiale lancia parole irripetibili contro la ragazza, mentre le strappa gli indumenti. Una diciottenne colpevole di essere giovane, bella e desiderabile agli occhi del “valoroso” comandante accampato, con i suoi soldati, alla periferia del villaggio.

Le parole sono solo parole vuote, retoriche, senza senso, in bocca a persone poco sincere, poco coerenti, furbe e spesso in malafede. Il bla, bla, bla, di cui parlava, poco tempo fa, Greta Thumberg.

Le parole sono rivoluzionarie: possono creare cambiamenti epocali, nell’arte (letteratura, cinema, canzone d’autore), nella società, nella politica, nella scienza…

Le parole sono “Brodo caldo per l’anima”, per citare il titolo di un libro di Jack Canfield del 1997, sul pensiero positivo, come antidoto al pessimismo, alla misantropia, all’odio dilagante.

Le parole sono fango, lanciato addosso ingiustamente, barbaramente, al bersaglio umano preso di mira nei social, nei talk show e in certi generi di carta stampata. Fango che può ricoprire, danneggiare e persino uccidere, in certi casi, in cui la vittima prima si avvilisce, si deprime, si angoscia, si ammala e poi muore. Come nel caso di Enzo Tortora o, andando molto più indietro nel tempo, al fango della propaganda di una dittatura che colpì il grande pensatore sardo Antonio Gramsci. ” Bisogna impedire a questo cervello di funzionare, per almeno vent’anni”, disse qualcuno, all’epoca. Due esempi di uomini uccisi dal fango delle parole e del potere contro pensieri e parole, diventate motivo di condanna.

Le parole sono meglio o più forti del  Viagra, senza effetti collaterali, (quando l’eros non diventa thanatos), che possono suscitare desiderio, estasi, passione più o meno sfrenata; più o meno – o per niente – in certi casi –  legata ai sentimenti.

Le parole possono far sorridere, migliorare il tono dell’umore e, come dice il nostro autore di testi ironici Fabius P., le parole possono diventare un rimedio omeopatico per favorire il benessere delle persone. 

Le parole sono un inno alla gioia, all’amore, alla patria; talvolta persino eliminando i vocaboli, quando restano soltanto le note musicali, che non sono parole, ma sillabe, particelle che possono comporre capolavori prodigiosi, come l’inno alla gioia di Beethoven.

Le parole sono un mantra, che può far tacere il chiacchiericcio della mente, la presunzione dell’ego, le turbolenze della psiche, fino al raggiungimento della pace interiore. Uno stato meditativo che dalla fase alfa può portare fino al nirvana.

Le parole possono diventare preghiera, quando vengono pronunciate da Madre Teresa di Calcutta. ” Io, da sola, non posso cambiare il mondo, ma posso lanciare una pietra attraverso le acque, per creare molte increspature.”

Le parole di milioni di persone che vorrebbero la pace, possono diventare una forza immensa, attraverso la pubblica opinione e l’espressione pacifica del dissenso sulla guerra, sulla violenza, sugli abusi di potere.

Le parole unite ai fatti, della politica democratica dell’UE e del nostro governo, potrebbero fare molto. Basti pensare ai nuovi provvedimenti in materia di energia sostenibile, annunciati ieri dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Il piano REPowerEU, prevede di raddoppiare i finanziamenti per attuare la transizione ecologica ed evitare la dipendenza dalla Russia o da altri Paesi, per le forniture di combustibili. Verrebbe da usare le parole della speranza: meglio tardi che mai.

In conclusione: le parole scritte o pronunciate a voce, anche con il dialogo e i compromessi – forse – potrebbero salvare il mondo.

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Discussioni

    1. Nella nostra lingua sarda esiste un detto: “Sa limba no potat ne` pruppa ne` ossu, ma sega’ sa pruppa e s’ossu.” Cioè: “La lingua ( ossia la parola), non ha ne` polpa ne` osso, ma taglia polpa e osso.”

    1. Grazie Alessandro. Si, esattamente un inno alle parole, alla materia preziosa anche di questi nostri incontri virtuali. Le uniche armi umane, soprattutto se vengono dal cuore o dall’ anima che dir si voglia.

  1. E poi ci sono le parole sottintese e quelle non dette: un oceano di silenzio (Battiato). Un altro oceano separa le parole dette dalla loro messa in pratica. Le “parole” è un programma che seguo anch’io con interesse come seguo con lo stesso interesse le tue parole, sempre moderate, riflessive, e non per questo meno efficaci.

    1. Le parole a volte sono come le foglie e possono cadere anche nel vuoto. Grazie per averle raccolte senza calpestarle. Ora puoi farne un modesto giaciglio e dormirci sopra. Buona notte.😉

  2. Da bambino non capivo mai quando mi dicevano: le parole uccidono più dei coltelli. L’ho capito crescendo. E ogni giorno imparo quanto le parole siano sempre più importanti e determinanti. Ci dai sempre spunti di riflessione, con il tuo stile elegante. Grazie ❤

    1. Grazie a te Carlo, sei sempre gentile e generoso. Ti immagino come un caro nipote che inorgoglisce, con le sue doti umane e creative, genitori, sorelle nipotini e anche la “zia Mara”, che, questo caso, potrei essere io.