L’esperimento

«Prima dell’inizio dell’esperimento, invito tutti i presenti a scrivere una breve lettera in cui spiegano come vorrebbero fosse usato il proprio cervello nel caso in cui accada un incidente e si rimanga vegetali, paralizzati e incoscienti» a parlare era la guardia di fronte a loro seduta alla cattedra in quella che sembrava un’aula scolastica, c’era anche la lavagna.

Tutti i presenti presero carta e penna dal banco dove erano seduti e cominciarono a scrivere.

Michele si guardò attorno, tutto era grigio intorno a lui: le pareti, il pavimento, le uniformi delle guardie e perfino ciò che si vedeva dalla finestra. Lui non sapeva niente di queste cose, era un contadino, però sapeva scrivere:

«Se io diventassi un vegetale, vorrei che il mio cervello fosse usato per creare dei piccoli insetti artificiali che tornino ad abitare le campagne piene di pesticidi.»

La guardia lesse il breve messaggio e fermò Michele all’uscita.

«Ho letto il tuo messaggio. Idea interessante, ma spero che tu sappia che, per ora, non esiste una tecnologia del genere» lo guardò un attimo e i loro occhi azzurri si confusero «C’è un altro modo in cui ti piacerebbe che venisse usato il tuo cervello?»

«No.»

«Allora troveremo qualcos’altro per te.»

Appena uscito, Michele udì la guardia parlare in una lingua strana, non capì una parola, ma una strana sensazione gli afferrò le viscere. Allungò il passo.

Il corridoio era illuminato dalla luce del sole e vi erano parecchie porte prima di arrivare all’uscita. Ogni volta che Michele passava davanti a una di queste, immaginava che si aprisse e ne uscisse una guardia grigia per trattenerlo.

Non successe niente, solo il suo cuore batteva forte. All’uscita c’erano altre due guardie che fermavano e smistavano i partecipanti verso la loro destinazione. La maggior parte andava a destra, pochi, anziani, invalidi, andavano a sinistra.

Arrivato davanti alle guardie, queste non gli chiesero nemmeno i documenti come facevano con gli altri, ma subito quello di sinistra disse: «Dusche!» l’altro rispose: «Ja!»

Michele capiva un po’ di tedesco e pensò che forse puzzasse e doveva lavarsi. Proseguì il cammino in fila indiana insieme agli altri. Davanti a lui camminava curvo un signore anziano.

«Scusi signore, sa dove stiamo andando?»

Il vecchio indicò il fumo nell’aria sopra i comignoli:

«Andiamo là, verso l’alto, non senti?»

Ascoltando meglio sentì come un lamento nell’aria che non si interrompeva mai.

«Cos’è?»

«È la morte!»

«Non è possibile!»

«Vedrai.»

Arrivarono davanti a un altro palazzo grigio e lì si sentivano chiaramente le urla, subito soffocate, di centinaia di persone: uomini, donne e bambini.

«Non potete farlo!» urlò Michele contro le guardie.

Una guardia lo prese e lo portò in fondo alla stanza, lontano dagli altri. Tutti entrarono nelle docce che non avevano uscite e la spessa porta di ferro fu chiusa, poi le guardie si avvicinarono a Michele e lo bloccarono.

«Il capitano è interessato alla tua mente, sarebbe uno spreco farti fare la doccia» detto questo la guardia prese una siringa e iniettò il suo contenuto nel collo di Michele.

Non poteva fare niente, solo muovere gli occhi e respirare, sentiva le urla di tutti gli altri e, quando queste finirono, anche lui chiuse gli occhi e perse conoscenza.

La guardia aveva mentito: la tecnologia permetteva di creare cose molto più complesse di quella che Michele aveva in mente. Il capitano, però, rispettò il volere di Michele e, per molto tempo dopo la sua morte, lo si poteva vedere nei pressi del campo, incarnato in graziose libellule, ad annusare fiori e mangiare insetti.

Avete messo Mi Piace9 apprezzamentiPubblicato in Sci-Fi

Discussioni

  1. Pregnante, forte e attuale, in ogni suo tratto, articolato con uno stile tenue, fiabesco, che ne attenua le punte più affilate e con un filo di luce che ne alimenta la speranza di fondo, nonostante tutto. Mi è piaciuto molto “Il fumo nell’aria sopra i comignoli” indicato dal vecchio. Allo stesso modo “Il lamento nell’aria che non si interrompeva mai.”

  2. Ammetto, Domenico, di aver visto in questo tuo breve e bellissimo racconto, una speranza, anche se il tema non lo consentirebbe. Come se, da tanta bruttura e da tanto orrore, possa scaturire qualcosa di buono. Forse si chiama fiducia incondizionata nell’essere umano, condizione che pare oggi più che mai tanto fuori luogo. Eppure… Complimenti, ben scritto e molto efficace.