
L’Età dell’Oro
«Partite questa sera?» aveva chiesto la donna ancora in tenuta da spiaggia, i vistosi occhiali da sole a coprirle metà del viso ed una sigaretta accesa in mano.
«Si, ci siamo fermati solo per il weekend, ma ora torniamo in città, ci sarà traffico» aveva risposto l’altra, già vestita, tenendo per mano un bambino di tre anni o giù di lì che proprio non ne voleva sapere di dover venire via.
«Buon rientro allora.»
Dario aveva ascoltato quello scampolo di conversazione rubata appena uscito dall’acqua, asciugandosi gli occhi con le mani e dirigendosi verso le docce, lasciando dietro di sé, come Pollicino con le sue briciole di pane, pesanti gocce d’acqua salata ad effimera testimonianza del proprio passaggio.
Il pomolo del rubinetto non aveva opposto alcuna resistenza quando Dario lo aveva ruotato in senso antiorario, lasciando che una cascata gelata lo colpisse dall’alto, creando intorno a lui un alone di minuscole goccioline che, come impazzite, si erano scomposte frammentandosi e proiettando loro stesse in ogni direzione.
«Buon rientro» aveva sussurrato Dario a bassa voce.
Chi si fosse messo in coda dietro di lui, in attesa del proprio turno, avrebbe visto nient’altro che un uomo sulla cinquantina, composto e metodico nei movimenti circolari delle mani che, con determinazione, lavavano via il mare dalla pelle; ma dentro di sé Dario era ormai totalmente abbandonato all’euforica gratitudine che si era impossessata di lui.
Aveva rievocato gesti lontani nel tempo, saluti affrettati dopo pasti eccessivi, chiavi girate in cruscotti roventi, segnaletica che si ripeteva all’infinito uguale a sé stessa e case vuote che attendevano pazienti di essere riportate in vita per un’altra settimana ancora.
E così come erano riaffiorati, quei ricordi erano stati contemplati con dolcezza, e con altrettanta dolcezza erano stati scostati per fare spazio al presente, a pomeriggi rosicchiati sino all’osso, a quadricipiti affondati su pedali consunti, a terrazzi animati dalla luce di una candela e di due paia di occhi.
“Viviamo nel mito dell’Età dell’Oro” aveva pensato Dario ubriaco di presente, “che prima non arriva mai e che senza accorgercene ci dicono che ormai è passata per sempre, perdendoci nel mezzo senza riconoscere che non esiste affatto.”
Il sole, basso all’orizzonte, aveva già avvolto ogni cosa con il suo baluginare biancastro, confondendone i contorni.
La sua mano si era posata di nuovo sul pomolo della doccia, per poi desistere golosa.
“Ancora un attimo” aveva pensato Dario, “ancora un attimo”.
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Mi incuriosisce!
Grazie Giorgio per averlo letto!
“desistere golosa.”
Quasi un ossimoro, la golosità che si accompagna al desistere.
Grazie per avermi letto🙏🏻
Caspita Roberto, hai fermato il tempo accostando presente e passato e saltellando di qua e di là dalla linea così sottile di demarcazione. Un piccolo spunto, solamente quello, uno stralcio di conversazione evocano nella mente del protagonista un turbinio di emozioni, ricordi e sensazioni. Mi immedesimo molto nel protagonista perché mi capita sempre di perdermi nelle vite degli altri pensando e ripensando alla mia. E quell’aggettivo ‘golosa’ mi piace tantissimo. ‘Ancora un attimo’ quando vorremmo rimanere lì, come sospesi. Le tue abilità di narratore si affinano a ogni racconto e credo che tu abbia trovato la chiave. Non hai bisogno di niente altro se non di partire da te e lasciarti andare. Complimenti
Grazie Cristiana, le tue parole mi riempiono di fiducia e mi gratificano come non immagini.
Davvero potente. Sei riuscito a condensare tutto in poche righe. La nostalgia e la speranza, l’euforia e l’abbandono, il precario e l’eterno. Hai fermato il tempo facendocelo scorrere davanti agli occhi e tutto in poche righe. Wow.
Accidenti Dea, grazie! Un commento del genere è un regalo da tenersi stretto.
Hai una capacità di fermare l’attimo ed ampliarlo in gesti, pensieri, ricordi che mi da brividi di piacere nel leggere. Sei un pittore, un fotografo e un poeta. Bravo!!!
Grazie Giuseppe, sai toccare i tasti dell’anima come un pianista.
“hiavi girate in cruscotti roventi, segnaletica che si ripeteva all’infinito uguale a sé stessa e case vuote che attendevano pazienti di essere riportate in vita per un’altra settimana ancora.”
Come non fermarsi a contemplare questi bei ricordi… Molto bello il tuo racconto Roberto, carico e vivido. 🙂
Grazie Daniele per essere passato a leggerlo.
““Ancora un attimo” aveva pensato Dario, “ancora un attim”
… e stilettata finale.👏
🙏🏻
““Viviamo nel mito dell’Età dell’Oro” aveva pensato Dario ubriaco di presente, “che prima non arriva mai e che senza accorgercene ci dicono che ormai è passata per sempre, perdendoci nel mezzo senza riconoscere che non esiste affatto.””
Frase di effetto, cesellata con arte, eppure così viva e reale da sembrare buttata lì, semplice dono di naturale ispirazione. Certo, sì. Ma sempre ispirazione che passa per le mani di un maestro. 👏
Sai sempre trovare le parole per riscaldare i cuori Giancarlo, grazie.
c’è un sentimento di precarietà, in questo racconto, simbolizzato dallo scorrere della doccia sotto il cui getto indugia Dario. Mi sono venuti in mente questi versi di una canzone: “Il tempo cambia tutte le mie cose/ non quelle amate insieme/ quelle stan ferme nel mio cuore/ ed io con loro sto bene.”
Tutto se ne va e tutto torna senza fermarsi.
Che belli Francesca questi versi, direi che ci stiano a pennello. Grazie per avere letto.
Lettura scorrevole, descrizioni minuziose e ricordi che riaffiorano nella testa di Dario e nella mente di chi legge e ha lasciato, dietro di se`, in molte spiagge, la spensieratezza di certi incontri giovanili fugaci.
Grazie per la tua visione Maria Luisa!