Lettera a Me Stessa

Lettera a me stessa

C’è quello che ti fa stare bene e quello che ti fa stare male.

La vita mi ha insegnato che è nocivo cedere al romanticismo in una società così operativa come in Europa, ma vedere un frammento di verità all’interno di una persona, per me, non ha prezzo e quindi ne sono attratta.

La mia non è una critica alla società, non ho i mezzi antropologici, sociologici e cognitivi per farlo, anche perché mi restano pochi giorni prima che mi ritorni il ciclo, fatto sta.

Voglio solo dire che dal mio punto di vista, secondo la mia modesta esperienza (la quale corre tra due epoche diverse tra di loro, l’epoca prima e dopo la mia verginità) che la società, intesa come insieme, non avesse gusto per i dettagli mi era già noto, ma questa ondata di superficialità, a livello istintivo, mi crea una ripugnanza nello spirito. Trovo finta persino l’aria che respiro e credo che fin troppe persone si vergognano spesso del loro corpo, ma non della propria mente.

Esiste questa intelligenza, l’intelligenza emotiva, ok? C’è chi ne è cosciente e chi no, ma quello che è sicuro è che pochi la posseggono, e semmai la possedessero, si vergognerebbe di esprimerla per paura di essere differenti.

Perché sono persone altamente sensibili.

Sebbene da ragazza avessi intentato una carriera promettente come femme fatale (mio fratello Alessio mi chiamava così, quando mi vedeva entrare nella mia camera con i diversi fidanzatini) con il tempo, via via, ho sempre avuto difficoltà con gli uomini fino ad arrivare ad adesso, all’interno di un periodo senza uomini, il periodo più lungo della mia vita.

E pensare che negli ultimi anni mi sono approfondita, affinata, migliorata da un punto di vista fisico. Se il mio viso efebico non basta, sono una ventiduenne con un guardaroba dignitoso, una passione grande, una cultura del mondo: ma allora, perché sono sei mesi che vado in bianco? E dire che di bei ragazzi ne sono passati, in paese, pur essendo tutti fidanzati dal secondo anno d’Asilo.

Ho analizzato molto questo aspetto antropologico di Me Stessa, ma sempre a livello mentale. Ne ho scritto a tratti, in qualche passaggio narrativo, ma ora vorrei scrivere la fonte dei miei problemi, la quale è l’ansia.

Più precisamente, l’ansia da prestazione.

L’uomo mi vede come insicura ed è questo il motivo per cui sono rifiutata. Mi scansano come fanno i lupi col cucciolo malato. Non va bene così, mi sento inutile e inetta.

Cedo alle mie insicurezze. Cedo alla paura di uscire con un uomo, perché ho paura che una volta nuda io non abbia un bel corpo, o che non abbia il seno nella norma, sia da un punto di vista di volume che densità. Dati scentifici dimostrano che un seno medio rientra nella seconda scarsa, che è esattamente la grandezza esatta del mio seno senza reggiseno (anche di circonferenza). Dico questo per dire che anche se non sono Margot Robbie il mio corpo è onesto. La mia frustrazione nasce proprio da questo, dal fatto che una volta ci riuscivo mentre ora sono meno di zero. Mi son perduta.

Cosa ti turba, ragazza?

La paura degli uomini?

Sappi che più le allontanerai, più il problema s’ingrandirà. Non importa che non capisci gli uomini, non sei certo la prima donna a soffrire di questo limite.

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Discussioni

  1. Ciao Giulia.

    Innanzitutto permettimi di evidenziare la presenza di piccoli refusi, come già segnalato da @david , inezie da distrazione e proprio per questo evitabili con qualche rilettura. Che sia crystal clear, qui nessuno si erge a prof della situazione: il testo ha ricevuto risposta, quindi merita.

    Ora, sarò sincero con te, questa tua protagonista mi ha un po’ spiazzato. Trovo che sì, sia affetta da “ansia da prestazione” ma che abbia dimenticato di terminare la diagnosi con la parola “altrui”. E non è certo di fisico che sto parlando: credo fermamente che ci sia chi ha bisogno di una palestra per il corpo e chi di una per l’anima.

    A presto.

  2. Ciao Giulia, direi che le imperfezioni di questo racconto lo rendono vero, audace, spontaneo e disordinato come dovrebbe essere la vita. la coraggiosa scelta di scrivere una lettera non solo bianca e anche nera, mi viene da dire che questa è una caratteristica di essere un autore\trice vero. è un percorso lungo, hai imbroccato secondo me la strada giusta

  3. Nella vita non si smette mai di imparare. Qualche volta impariamo dagli altri e molto più spesso impariamo da noi stessi, e cambiamo idea col tempo, perché cambiamo noi e perché impariamo che le cose non sono come le vedevamo, perché mai lo sono state o perché non lo sono più.
    Se dovessi scrivere di un personaggio che risponde alla lettera, ammesso che il personaggio che l’ha scritta volesse aprire la busta, e leggerla, scriverei di un vecchio del triplo degli anni, che di cose ne ha viste il triplo, e che capisce, comprende, e sorride, e soprattutto rimprovera.
    Perché il rapporto con l’altro non si vive come una competizione con la concorrenza. Se la concorrenza mi porta via l’altro, l’altro era in vendita al miglior offerente, ed il pagamento atteso non era quello giusto. E come sempre, dobbiamo piacere a noi stessi. Stare bene da soli, aprirsi alle amicizie anche occasionali e guardarci attorno. Banalità, certo, ma banalmente vere. L’aspetto, quale che sia, serve solo a selezionare chi vogliamo avere vicino. Se non sembriamo attraenti a qualcuno, che vada all’inferno. Non era certo adatto a noi. E ce ne sono così tanti che sono adatti a ciascuno di noi… basta guardarsi attorno. Aprendo gli occhi.
    Scusa. Avrei dovuto iniziare dicendoti, sinceramente, che questa tua Lettera mi è piaciuta tantissimo.

    1. Grazie mille Giancarlo, per me non era facile esporre un racconto del genere ma al tempo stesso ho visto che era nella mia paura la mia forza. vorrei proseguire su questo cammino, con un racconto corale, ho letto molte volte il tuo commento e, oltre ad aver appreso appunti per me stessa, mi ha fatto piacere vedere che hai compreso il mio messaggio, diciamo, narrativo. grazie ancora Giancarlo

  4. Essendo uomo, mi risulta complicato poter argomentare una risposta in grado di portare una qualunque innovazione o giovamento alla tua linea di pensiero. Posso solo addurre la mia esperienza nell’approccio con l’altro sesso. Mi sono innamorato una sola volta nella mia vita, ma era un innamoramento con le carte in regola. Ho amato una ragazza grazie alle lettere. Sì, quelle scritte con carta e penna, poi siamo passati ai pacchettini con dentro un pensiero o due e poi ho cambiato città: dal profondo sud al profondo nord. Tutto questo senza neanche lo scambio di una singola foto. Solo disegnetti raffiguranti versioni distorte di me o di lei (anche lei disegnava). Per me poteva avere l’aspetto di una scala a chiocciola, non avrebbe fatto alcuna differenza. Forse oggi il discorso aspetto è diventato più rilevante, ma non voglio credere che le persone in grado di amare semplicemente “l’essere”, si siano estinte.
    In ogni caso, quello che hai scritto mi ha colpito, perché lo reputo tristemente vero e perché mi piace molto come lo hai scritto.

    1. per me è un piacere innescare un pensiero come il tuo commento, che oltre ad essere costruttivo mi fa anche pensare. spesso un artista, ho letto, può esprimersi attraverso delle provocazioni, ma è uno sbaglio quando queste sono solo fini a sè stessi. Uono e donna sono diversi, certo, la narrativa ci aiuta… mi aiuta… quello è virgina wolf… comunque ti ringrazio moltissimo, un abbraccio

  5. Ciao Giulia, benvenuta alla tua prima pubblicazione in questa bella piattaforma e complimenti per ‘esserti messa in gioco’ scegliendo un tema così impegnativo. Ci trovo tanti spunti interessanti e mi stavo chiedendo se con alcuni accorgimenti tu potessi migliorarne la leggibilità. Per esempio, nella parte finale (da ‘Cosa ti turba ragazza?’) tu inserisci una seconda voce; hai pensato di renderla in corsivo per sottolineare il suo essere una seconda voce e di farla entrare in gioco anche in un altro paio di passaggi precedenti? Un abbraccio e… se incontri la protagonista del tuo racconto, sussurrale da parte mia: “Tranquilla, quello che provi tu l’abbiamo provato in tante, e penso che anche tanti maschietti lo provino; in un mondo basato su competitività e performance purtroppo è normale, ma la soluzione non è forse smettere di recitare una parte assegnataci da qualcuno che non siamo noi e accettare di essere ciò che siamo, semplicemente, con tutti i nostri difetti e gli innumerevoli pregi che abbiamo?”

    1. ciao nyam, le mie letture sono principalmente femminili, mi piace Banana Yoshimoto, Virgina Wolf, SIlvia Plath ma sopratutto Otessa Mosshfegg. Non sarò mai come loro ma loro mi hanno aiutato ad essere me stessa almeno nella scrittura, quindi ti ringrazio per il tuo commento… ciao