
L’incontro perduto
Serie: Il buco nero
- Episodio 1: La scomparsa
- Episodio 2: L’uccellino del cucù
- Episodio 3: La partenza
- Episodio 4: L’inverno di Dio
- Episodio 5: Gli echi nella tempesta
- Episodio 6: L’incontro perduto
- Episodio 7: Voci dal vuoto
- Episodio 8: La bambola morta
- Episodio 9: L’uomo dal cappotto grigio
- Episodio 10: Adele e Guglielmo
STAGIONE 1
Durante la tempesta di neve pensai con angoscia al riposo dei genitori di Elvira, che sarebbe durato fino a tarda sera, immaginando i loro corpi soffocati dalle coperte, nel loro afrore di tana. Guardai la strada nella neve, con il suo vuoto, senza riuscire a collocare la mia posizione e il mio ruolo nei confronti di questo universo così accecante e lontano dal mio. Pensai a quante domeniche avrei potuto raggiungerla, facendomi accompagnare da un amico che mi tenesse compagnia, soprattutto per il tratto di ritorno – non mi era mai piaciuto guidare col buio. Di persone disponibili a passare una giornata diversa ne avrei trovate, se solo mi fossi impegnato a cercarle con lo stesso ardore con cui proponevo un boccale di birra ai miei vecchi amici, o una passeggiatina solitaria a Ivonne, la mia streghina preferita del gruppo delle vacanze, con cui mi trovavo maggiormente.
Mi sarebbe bastato contattare qualcuno di loro almeno due giorni prima, giusto per farmi aiutare a sistemare le catene, in caso di neve, se ci avessi davvero tenuto a partire per trascorrere una domenica con lei e renderla felice qualche volta in più, in fondo le bastava poco, dicendole, durante una buonanotte, che presto l’avrei raggiunta con gli amici delle vacanze, per esempio, di cui le parlavo spesso, ma che non aveva ancora mai incontrato di persona: Riccardo, Livia, Lucrezia, Ivonne, Alberto, Filippo, ma soprattutto Simone, che più degli altri desiderava una relazione stabile, che con le ragazze era stato da sempre molto sfortunato. Per quella ragione avevo pensato di presentarlo ad Arianna. Un giovedì, dopo averne parlato con Elvira, avevo proposto a Simone di accompagnarmi a trascorrere una domenica con le due sorelle. Non entrai nei dettagli, limitandomi a dirgli che entrambe vivevano in un posto bellissimo e suggestivo, che se non aveva da fare sarei stato contento di portarlo lì e presentargli gli amici di Elvira – anche se Elvira non ne aveva di amici, forse solo Astrid, ma lei non me ne aveva mai parlato, e non sapevo nemmeno della sua esistenza, me lo aveva accennato Arianna, lo stesso pomeriggio.
Simone, come potevo prevedere, accettò di buon grado la mia proposta. Ma il sabato prima, quando ormai era tutto deciso, cenando con la mia amica Ivonne, e affrontando insieme a lei il discorso del mio interessamento perché i due si conoscessero, ebbi un moto di ripulsa per l’idea di farmi da tramite, provandone una tremenda vergogna. Ripensandoci, sono convinto che sia stata Ivonne a condizionarmi in merito alla mia ritrattazione, come era già accaduto in altre circostanze.
«Cielo, che cosa patetica!» mi disse Ivonne, con il suo fare schietto e dissacrante.
«Sarebbe un azzardo favorire l’incontro di due persone così sole e disastrate, per quanto tu mi abbia raccontato di lei. Una sorta di rottame, una bambola di pezza, ricordo perfettamente le tue parole, Ottavio, quando ti ho chiesto la prima volta della sorella di Elvira. La sua sorellina, la chiamavi sempre tu – non ho mai capito per quale ragione la considerassi una sua sorellina, quando ha solo un anno e mezzo meno di lei, poi. Cosa vuoi che ci faccia Simone con un tipo simile, secondo te? Quale sarebbe il nesso? Trovo che sia un suicidio. Si farebbero sicuramente del male, fidati, che di queste relazioni ne ho straviste. Ti consiglio di fermarti, prima che sia troppo tardi.»
Il suo pensiero sul momento mi infastidì. Sapeva di protervia, di saccenza, come il suo fastidiosissimo “straviste”, relativo alle relazioni, dando giudizi su persone che in fondo Ivonne non conosceva, se non di vista o attraverso un mio resoconto sommario. Non affrontai più l’argomento dell’incontro tra Simone e Arianna con Ivonne, ma il mattino dopo, sul presto, telefonai ad Elvira simulando un mal di capo infernale e dicendole che non me la sentivo più di partire e di raggiungerla con Simone. Avremmo rimandato a un’altra domenica. Simone lo avevo già avvertito sabato, sul tardi, che non se ne faceva più niente. Quando comunicai a Elvira la notizia della nostra assenza, dall’altra parte avvertii una sorta di indifferenza, che mi colpì.
«D’accordo, Ottavio, non preoccuparti. Se non ti senti bene è meglio che resti a casa. Sarà per un’altra volta. Ci sentiamo in serata, semmai. Ti chiamo verso le cinque, per sapere come stai. Ad Arianna lo dico io.»
Mi sarei aspettato un diverso coinvolgimento, un minino di reazione, mentre lei non insistette, assecondando con docilità la mia simulazione. Ero certo che da quella domenica fosse accaduto qualcosa di profondo e irreversibile tra di noi. La settimana dopo, Elvira mi confermò di aver parlato a sua sorella del mio amico Simone e di averle detto quali fossero i suoi interessi, il suo carattere, il suo modo di porsi, soffermandosi sulla sua solitudine affettiva – la stessa che Elvira aveva saggiato e conosciuto tramite i miei resoconti, ma che non aveva mai palpato con mano se non attraverso di me. Un puro atto di fede, quindi.
Comunicai a Elvira, con un certo imbarazzo, che non ero più convinto e che non trovavo una buona idea forzare un incontro tra sconosciuti, tirandomene ufficialmente fuori. Lei era sicura che qualcuno, o qualcosa, si fosse frapposto nel merito della mia decisione, troppo repentina, per quanto mi fossi prodigato fino a poco prima. Stavo ricordandomi che cosa le risposi per giustificarmi in merito al suo sospetto di un condizionamento da parte di qualcuno – che in fondo era avvenuto solo attraverso Ivonne –, quando nella stanza rientrò Arianna, con un piatto di affettati, del pane nero e delle olive. Mi si avvicinò e mi sorrise. Il suo viso, ridimensionato dal pullover bianco a collo alto, era tornato più disteso e sognante. Mi invitò ad assaggiare qualcosa. Ci accovacciammo accanto al camino. Lei mangiava in silenzio, con lentezza, tenendo gli occhi bassi, quando all’improvviso, tra un’oliva e l’altra, gli ricordai di Simone, come dell’amico disadattato che avrei voluto presentargli, di cui lei mi disse di non sapere assolutamente nulla, nemmeno della sua esistenza. Questo significava, come appurai con un certo rammarico, che Elvira mi aveva mentito.
Serie: Il buco nero
- Episodio 1: La scomparsa
- Episodio 2: L’uccellino del cucù
- Episodio 3: La partenza
- Episodio 4: L’inverno di Dio
- Episodio 5: Gli echi nella tempesta
- Episodio 6: L’incontro perduto
- Episodio 7: Voci dal vuoto
- Episodio 8: La bambola morta
- Episodio 9: L’uomo dal cappotto grigio
- Episodio 10: Adele e Guglielmo
Questo capitolo sembra quasi slegato dagli eventi della trama, come un ricordo riaffiorato casualmente.
Mi chiedo quale peso avrà sul prosieguo della storia.
Ciao. La struttura e l’impostazione di questo progetto si muovono in una raggiera di situazioni e di eventi interconnessi, ma non sempre con la consequenzialità tipica di un giallo o di un thriller, non essendo impostato come un progetto di genere, come sappiamo e come si evince da tutta l’arcata dei precedenti passaggi e delle scelte linguistiche specifiche che ho adottato. Si tratta di narrativa contemporanea non di genere. Credo che sia importante fissare questo aspetto. Questo episodio è armonicamente interconnesso, secondo me, alle dimensioni introspettive, al rapporto tra i personaggi, i luoghi, i sentimenti, le risonanze, le distanze che si smuovono intorno all’assenza di Elvira, ai residui del suo universo sparsi tra le poche persone con cui lei ha costruito delle relazioni, suggellando dei vuoti, delle mancanze. È questa la cifra dove si organizzano i condizionamenti tra le poche azioni e sommovimenti di questa fase della serie: il peso delle anime che circoscrivono il vuoto di Elvira, prima, dopo e oltre la sua scomparsa. Per queste ragioni, personalmente non lo sento un movimento scollegato ma interconnesso verticalmente a un’intimità dello sfondo emozionale, che appartiene alle persone e alla geografia complessa che si muove nei sentimenti più segreti della storia, al filo invisibile che la conduce nel suo sentiero nebbioso, come è quello della frana del primo episodio. La serie è quindi impostata con una progressione di verticalità più che di orizzontalità. Gli eventi seguono più una rotta sinusoidale che retta, non prettamente finalizzata a organizzare una geometria troppo coerente e circoscritta degli eventi che non considero al momento prioritaria nel concatenare tra loro i miei episodi, nei quali mantengo sempre un’attenta vigilanza e una coerenza di fondo prima di condividerli. Grazie della tua attenzione.
Sembra che questo episodio sia legato alla scomparsa di Elvira, ma di tanto in tanto mi viene anche il dubbio che in realtà non ci sia nessuna Elvira 😀
Ciao, Francesco. È davvero molto intrigante questa tua inquadratura. Tutto potrebbe ancora essere, precipitare, accadere, non lo escludo. Ti confermo sin da ora che, almeno in questa fase di primo sviluppo, ne sono ancora in buona parte ignaro. Grazie del tuo commento. Un saluto e tanti auguri.
Si tratta certamente di un lungo monologo che, ancora di più e più a fondo, svela la complessità caratteriale del nostro protagonista. Un equilibrio a dir poco altalenante, la fragilità che lo rende vittima di persone e circostanze, l’incapacità di avere quasi ‘una vita propria’ se non piuttosto funzionale agli altri. Il rimpianto che si respira fra le parole di questo testo, credo non lo sia veramente e nemmeno fino in fondo. Quanto, piuttosto una continua autocommiserazione e auto convincimento. Non riesco a scontargli nulle e non attendo una redenzione. Vedo una fitta nebbia e mi accorgo che per lui, perdere la strada verso la casa di Elvira, altro non è forse che la metafora della propria stessa vita. Amo il modo in cui lo caratterizzi che lo rende nero o bianco agli occhi del lettore, senza quasi possibilità di una via di mezzo. Questo episodio mi è parso quasi interamente dedicato a lui e perfettamente riuscito. Non voglio certamente giudicare, atto che non è dato al lettore, tuttavia mi tengo stretta questa mia ‘opinione’, o meglio pensiero, nell’attesa di una sorta di rivelazione che finalmente mi apra gli occhi togliendomi di torno illusioni e congetture.
Nel tuo commento si aprono molti fronti e riflessioni. Un aspetto caratterizzante di questa esperienza è che mi costringe nella stessa nebbia che attraversa sfondi, figure, sentimenti, ricordi, rendendomi ignaro e inconsapevole di cosa stia davvero accadendo. Come in ogni processo di finzione, ciò che accade non è letteralmente qualcosa di falso – finto – o di contrapposto alla (contro)parte vera, reale e possibile, ma soltanto un processo dove tutto ciò che è possibile viene forgiato e non necessariamente simulato, transfigurato o mentito. Nella mia storia sto tentando questo delicato equilibrio di traslucenza attraverso tutti gli elementi e sovvertimenti di verosimiglianza, legati a ciò che accade dentro e contro i personaggi, e che noi, compreso me, quindi, intravediamo e immaginiamo solo in parte, in un costante dormiveglia, dove i confini delle situazioni si fanno sempre più labili e inconsistenti. È questa l’atmosfera che mi piacerebbe preservare fino all’ultimo istante di storia, e anche oltre, semmai.
Leggendo le tue considerazioni, ho pensato che lo stesso Ottavio, in fondo, è uno scomparso e anche chi narra, la voce della storia, che non è la stessa di chi la scrive, ma è ancora frutto di un filtro intermedio e misterioso, è una voce scomparsa. Posso dirti che sono determinato a saperne sempre di meno di ciò che potrebbe accadere ad Ottavio, ad Elvira e a tutte le varie figure che si interfacciano nella loro distanza incolmabile, la stessa che avverto tra me e la parola. Probabilmente perché è proprio dentro quest’intercapedine di vuoti e di echi, che ha senso il narrare, quindi il forgiare il vero che si frappone a ogni grado di abisso e di impossibilità. Ancora grazie e una buona serata. A presto.
Sono parole veramente illuminanti che colmano quei vuoti fatti di mancate risposte a domande che ci poniamo quando la spinta alla creatività si fa decisa. Grazie
Sono parole evocate dalle tue osservazioni e risonanze relative all’episodio. Ancora una volta sono traslucenze… Un saluto e tanti auguri.
Tanti auguri per un buon anno a te 🙂
Mi hanno molto colpito la bontà e la sincerità nel proposito del protagonista nel voler far incontrare Simone e Arianna, in contrasto con la rigidità e la mancanza di empatia del commento di Ivonne. Sarei rimasta infastidita anche io. Quando poi, sul finale, sveli di come Arianna non ne sapesse nulla, non so perchè, nella mia mente, ho collegato questi due episodi. Ora sono curiosa di leggere il seguito.
Sì, Dea, è proprio il contrasto l’elemento portante di questo passaggio. Sei stata colpita dalla freccia giusta, direi. Ivonne, con il suo carattere aspro, risoluto, riesce a condizionare l’intento naturale di accudimento di Ottavio, il suo amico delle vacanze, osservando il suo slancio da un’angolazione più meschina e lievemente cinica. Comincia ad affiorare la lieve tensione sulle distanze emotive, geografiche, sociali, tra i personaggi. Curioso quanto te di vedere dove mi porteranno. Sempre gradite le tue osservazioni, di cui ti sono grato. A presto.