
L’ISTRIONE ISTRIANO
Volevo essere un istrione, come Aznavour, ma non ne conoscevo il significato. Poi qualcuno me l’ha svelato: altro che istrione, tu sei un istriano.
Così ho cambiato cantante. Devo dire che la canzone di Aznavour era troppo sofisticata, quella di Cutugno, con il famoso ritornello leggermente modificato, “lasciatemi cantare con la 🎸 in mano, lasciatemi cantare sono un istriano vero”, mi appartiene di più.
Anche se l’istriano non è d’Ar meno.
Iniziamo dalle origini.
È in corso un dibattito per scoprire se è l’istriano ad avere un po’ di sangue genovese o se è il genovese ad averne d’istriano.
Bisogna porre fine all’interminabile querelle: è l’istriano più tirchio del genovese o il genovese più tirchio dell’Istriano?
A chi l’ambita certificazione della “Tirchiessenza?”
Per l’italiano medio di certo lo è il genovese perché storicamente la Liguria fa parte dell’Italia dai tempi dell’unificazione.
L’Istria lo è stata italiana per poco tempo, sotto il Duce.
Poi, dopo guerra, con l’esodo l’istriano è esodato – ovviamente!
Io sono un biesodato, non un esodato bio ma proprio un esodato due volte, anche da bancario.
Per chiarezza l’Istria è al confine Nord Orientale e fa parte di quella Venezia-Giulia sconosciuta, non solo all’italiano medio, anche ai giornalisti di tanti TG nazionali. Così Trieste diventa capoluogo del Friuli.
Se poi chiedi dov’è la Venezia-Giulia, ti risponderanno molto probabilmente in Friuli.
Questo “errore”, o meglio “orrore”, fa infuriare i friulani e ancor di più i triestini (Trieste è il capoluogo della Regione Friuli Venezia-Giulia, è nella Venezia-Giulia mentre Udine è il capoluogo solo del Friuli).
Per gli italiani gli istriani sono quelli “slavi” probabilmente sloveni, quelli di TRST. Poi sono diventati “l’infoibati”, quelli del “giorno del ricordo” del 10 febbraio.

Io sono nato a Pola ma solo di passaggio, all’ospedale. Oggi è Pula in Croazia.
Pula è anche un comune della Sardegna in provincia di Cagliari. Così, quando devo indicare la mia città di nascita, risulto sardo. “SARDO NON SONO, ISTRIANO SONO!”
I miei genitori vivevano in un comune dell’Istria centrale un po’ dimenticata. Il comune ha un nome “ruvido”, di villico “grezzo”: proprio Rozzo.

Ora ROČ, con 154 abitanti – più che “tanti” direi “pochi” -, sembra un condominio, però storico. Sono ancora presenti reperti archeologici romanici, la torre di un Castello perduto, e mura veneziane del 1421. Rozzo non lo conosce nessuno, a parte i “rozzi” abitanti, mentre Pinguente (ora Buzet) è una cittadina vicina ben conosciuta per un prodotto tipico locale: il tartufo.
Pinguente è la capitale del tartufo. Se ne trova di bianco e nero ma, da bravi istriani, non te lo vendono per “un bianco e nero”, (è un modo di dire quando qualcosa è di poco valore. Nel 1895 entrarono in circolazione delle monetine, da 10 e 2 centesimi di corone, una dal colore bianco e l’altra nero, che nel complesso non valevano niente).
Del famoso tartufo pinguentino non ho “alba” dove lo trovino, e molti pinguentini non hanno alba dove si trovi Alba: caro Vasco, qua l’alba è poco “chiara”.
Da bravo istriano ho avuto un nonno istriano. Non si è mai mosso in vita sua, neanche dopo essere passato a miglior vita. È rimasto sempre fedele alla sua terra ma la sua terra ha cambiato nome. È come l’effetto che si prova stando seduti in treno, quando ti sembra di muoverti ma in verità è l’altro treno a muoversi. Così è nato sotto l’Imperatore austriaco Franz, ha vissuto sotto l’italianissimo Duce, ed è morto sotto la stella rossa di Tito: lo sotto TITO lo.

Ma non basta, da defunto Jugoslavo è emigrato in Croazia. Veramente un europeo sempre in movimento, ma sempre rigorosamente fermo, sempre a Rozzo.
Da bravo istriano risparmio. È proprio dura la vita dell’istriano: una vita di privazioni e di sacrifici davvero “goduta” intensamente.
L’istriano è un accumulatore. Proprio come quel dispositivo che ha il compito di accumulare energia elettrica e di restituirla quando richiesta; con la differenza che l’istriano solo accumula, e anche su richieste pressanti non eroga niente:

non è mica un Bancomat!
Da bravo istriano dove potevo lavorare? Dietro un bancomat, in Banca, dove ho passato 19 anni e 1 mese nel ventesimo secolo e 19 anni e 1 mese nel ventunesimo secolo, una vita a cavallo dell’anno 2000.
Una vita passata in mezzo ai soldi, tanti soldi, tanti

contanti, contati e ricontati compresi quintali di monetine.
Ho riempito bancomat incredibilmente famelici ricevendo in cambio tanti insulti da chi capitava proprio in quel momento: “ma c**zo sto bancomat non funziona mai!”
Purtroppo non erano tutti soldi miei. La sera, dopo averli rinchiusi nella cassaforte, me ne andavo verso casa ma sentivo la loro mancanza perché erano come dei figli, anche se non tutti miei.
Adesso mi trovo bene. Mi pagano per non lavorare.
Non ci potevo credere, essere pagato per non lavorare.
Il massimo per un istriano! Non so di chi sia il merito però lo farei Papa: Papa “Emerito”.
Ora in Banca ci vado poco. Però vado tutti i giorni sulla Banca Online: così per fare un po’ di moto correndo dietro al mio conto corrente.
Risparmiare è nel DNA dell’istriano ed i suoi risparmi li deposita nella Banca che incassa i suoi risparmi: nell’ex Cassa di Risparmio. Ora le Banche, a son di fusioni a freddo, sono un po’ confuse.
Non devi perdere tempo a cambiare Banca: te la cambiano d’iniziativa sempre senza chiedertelo, mi ricorda un po’ mio nonno.
Anche mia moglie risparmia su tutto. La “sua” cucina non poteva che essere economica, proprio un angolino cottura. A tavola prediligo il piatto unico per risparmiare sulla lavastoviglie: poi lavo a mano per risparmiare la lavastoviglie.
Sto male quando vedo il costo della frutta. Così la spremo fino all’ultima goccia; il giorno dopo allungo con acqua povera di sodio, costa meno.
L’istriano risparmia su tutto, anche sulle parole del suo inno, perché le note già dicono tutto: “SOL DO FA SOL DO, SI FA MI RE, SI RE, SIRE”. In effetti i soldi fanno soldi e lui si sente sì un Re, un Sire.
Lo suono poco non per risparmiarmi – non mi costo niente – ma per risparmiare le tre corde del piano, e quindi il costo dell’accordatore. Non siete d’accordo?
Per me la vostra opinione non conta niente: quel che conta è risparmiare le 150 euro dell’accordatore. L’ultima volta mi sono accordato su di un prezzo molto più economico: 50 euro; non so perché ma oggi sento un si bemolle, un la bemolle e un sol bemolle stonati. Si sarà vendicato con i tasti neri. Ma tanto suono solo in do e chi se ne frega, mi bastano quelli bianchi.
Mi piacciono i Pink Floyd, soprattutto in “Money”, quando sento il rumore dolcissimo di un registratore di cassa con l’inconfondibile suono delle monetine.
Poi “Soldi” cantata da Betty Curtis, “The sound of money” cantata da Barbara Streisand, con quel ritornello ossessivo “money money money” e, per essere più attuale, Mahmood con “Soldi”, la canzone che lo ha consacrato a Sanremo.
Sono brani rilassanti; quando li ascolto, almeno per qualche secondo, non penso ai soldi.
L’istriano vive sempre poveramente: quando è povero per ovvie ragioni, quando è ricco perché risparmia su tutto. Per questo adora i Ricchi e Poveri: ricchi ma allo stesso tempo poveri.
Faccio le cose solo alla luce del per risparmiare sulla bolletta. Invidio gli orsi che vanno in letargo risparmiando sul riscaldamento.
Non spreco mai tempo perché il tempo vale oro.
Un capitolo a parte riguarda l’istriano al volante.
Vivevo in collina e così, per risparmiare sulla batteria, partivo

con la mia 500 in folle – ma ero savio di mente, e dopo aver fatto un tratto in discesa ingranavo la seconda: il motore, dopo un sussulto, partiva miracolosamente ed il miracolo si ripeteva ogni giorno per “grazia ricevuta”. Così la batteria si ricaricava e arrivato a valle potevo ritornare a casa con la batteria carica. Ora questo accorgimento non si può ripetere con le automobili nuove altrimenti ti schianti perché non funziona il servosterzo né il servofreno. Quel che è peggio è che ora sono dotate di un dispositivo, lo “Start and Go”, dove ad ogni sosta il motore si spegne per riaccendersi poco dopo alla ripartenza. Una vera tortura, non per la batteria ma per me che ho passato la vita risparmiando sulla batteria. Allora non mi fermo mai, schivo quei pedoni che sciaguratamente pensano di avere la precedenza sulle strisce zebrate, svolto solo e sempre a destra. Ho il navigatore, che oltre l’opzione “percorso economico”, prevede per gli istriani un percorso alternativo senza semafori.
Non capisco l’utilità del tergilunotto. Ogni volta che ingrano la retro si mette in moto: sarà qualche contatto elettrico. E poi non ne vedo l’utilità: sono così poche le volte che mettendo la retro fuori piove.
Non tutta la tecnologia è inutile. Mi sono innamorato del dispositivo che indica il consumo istantaneo: così sfioro l’acceleratore e non freno mai.
Una sera, a letto, pensavo che delle volte risparmiare non conviene. Mio padre ha risparmiato sul profilattico e poi ha speso un’enormità per mantenermi. Non so però se il suo sia stato il comportamento di un istriano sano di mente o piuttosto quello di una mente insana. I tempi erano diversi da oggi e la profilassi profilattica non era ancora praticata.
Ora si è fatto tardi, avrei tante altre cose da dire ma ve le risparmio.
Anche la penna si sta esaurendo perché ho scritto molto. Devo risparmiarla per domani.
Maledizione è proprio finita!
Quanto mi costerà?
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““ma c**zo sto bancomat non funziona mai!””
Ho presente, anch’io ero dall’altra parte e lo stavo caricando 😂
Quanti sacchi di soldi ma neanche uno dal Qatar!
Abbiamo trovato un punto d’incontro in Pula, una su di un’isola e una sulla punta di una penisola. Ognuna con le sue storie e i suoi drammi.
Interessante, istruttivo, anche se un po’ eccessivo e spietato; triste e divertente. Non sapevo della tua Pula “di passaggio”. A me capita spesso di passare o fermarmi a Pula, una bella localita` sul mare ( come di certo sai),che, confina con Sarrock, il paese con la raffineria di Petrolio, della famiglia Moratti. A loro (per restare in tema), soldi, soldi, soldi, a palate. A noi soprattutto terra e aria inquinate. Per chi ci lavora, o ci ha lavorato per una vita, una pensione e una paga che non sara` mai ben retribuita.
“È come l’effetto che si prova stando seduti in treno, quando ti sembra di muoverti ma in verità è l’altro treno a muoversi” ecco che io, da brava frignona mi commuovo. Mi commuove l’immagine di quel tuo nonno attorno al quale i confini si muovono e la storia si sussegue, mentre lui continua a fare la sua vita. Avevo una compagna di classe al cui nonno analfabeta ( più o meno conterraneo del tuo) fecero estrarre un biglietto fra tanti con sopra scritto i nomi di alcune città dove lo avrebbero trasferito con la famiglia. Una storia incredibile e anche così recente da farci pensare quanto tutto sia precario. Che bello poi saper raccontare molto di sé in così poche righe e con così tanta leggerezza. Grazie di questa tua apertura
Era da un po’ di tempo che volevo scrivere qualcosa di autobiografico. Spero che il nonno da lassù mi perdoni. Io oggi ci scherzo un po’, ma per lui è mio padre sono stati dei drammi vissuti in prima persona. A volte le storie più incredibili sono anche vere. Grazie del commento.
Ci sono libri e libri sull’argomento. Magazzino 18 è uno spettacolo teatrale con Simone Cristicchi, cantautore romano del tutto ignaro del dramma dell’esodo, che ha portato magistralmente in scena una storia sconosciuta alla maggioranza degli italiani. Te lo consiglio vivamente. A parte la tirchieria degli istriani, punto di attrito con i triestini, la storia è vera. Ho trattato con un po’ di ironia una tragedia che ho vissuto di riflesso. Grazie del commento. In separata sede saprò esserti più esaustivo.
Fabius davvero stupendo questo viaggio in Istria, altro che linea verde! La prima parte, storica, è stata ovviamente con un tono più serio, e molto interessante. Da amante della storia avrei una quantità infinita di domande da fare anche alla buonanima di tuo nonno, primo vero europeo direi, a malincuore probabilmente. Ho conosciuto una persona, con genitori istriani profughi, e aveva un notevole risentimento verso gli sloveni e genericamente con gli slavi. Non mi permetto di giudicare, perché posso solo immaginare quanto possa essere stata dura. La seconda parte, quella diciamo più umoristica, è stata veramente divertente. Altro che genovesi! L’istriano vince! Sicuro che la penna sia finita del tutto? Di solito l’inchiostro si attacca alle pareti, che spreco, prova con un po’ di calore, magari riesci a scrivere una seconda puntata! A presto Fabius.