Lo so che c’è un altro uomo nella tua vita

Serie: Charlie


Charlie era nella sua stanza, sdraiato sul letto. I calzini neri di cotone, i piedi uno appoggiato all’altro, un po’ raffreddati, un paio di jeans blu scuro, una maglia da baseball bianca, le maniche e i bordi del collo bordeaux, sopra una camicia di velluto blu ortensia.

Leggeva un libro, “Madame Bovary” di Flaubert, vi mise in mezzo il segnalibro, uno largo, colorato, per bambini, annusò la pagina e poi chiuse il libro.

Si diresse verso il bagno. Le finestre della casa erano aperte, ormai era settembre e il caldo estivo stava svanendo, ma ancora si stava bene. Accese le lampadine dello specchio, una calda luce color ocra si diffuse nell’ambiente. Prese una lametta, il sapone liquido e si tolse i pantaloni. Si sedette sul wc e appoggiò le gambe nude sul muretto della vasca da bagno. Le gambe bianche, candide, erano piene di peli neri. Non gli erano mai piaciuti, se ne vergognava, non li sentiva suoi. Aveva imparato a mettere i jeans lunghi anche d’estate, non quelli a sigaretta, ma quelli che ricordano, vagamente, i modelli a zampa di elefante. Con quelli si sentiva a suo agio, era sempre vestito, elegante ma informale allo stesso tempo.

Distribuì il sapone sulla gamba destra, un movimento lento, morbido, aveva imparato a colloquiare col suo corpo, anche con le parti che gli piacevano di meno, come quei peli; aveva imparato a prendersi cura della sua apparenza, cosa che aveva sempre evitato di fare nella sua vita, per paura di essere deriso, soprattutto in una cittadina così piccola come Forks.

Avvicinò la lametta alla gamba, iniziò a radere, dalla caviglia verso il ginocchio.

Era a metà gamba, quando un rumore rapido, quasi impercettibile, urtò il suo timpano sinistro. Sentì un leggero dolore e si guardò la gamba, un rivolo di sangue scendeva verso la caviglia.

Charlie socchiuse gli occhi irritati, così come l’espressione sulla sua bocca.

Una folata di vento entrò dalla finestra della camera da letto e soffiò attraverso il bagno, trasportando con sé l’odore del sangue di Charlie e il suo profumo, intenso come quello che aveva Bella da umana. Un odore irresistibile. Era il sapore del cacao che si mescola al mascarpone sulle papille gustative, il sapore della birra fresca sul palato in un giorno ardente, l’odore del pane caldo che entra nelle case nelle notti di fine estate, era il sapore di un amaro a fine pasto; era un odore palpabile, di una coperta calda alla mattina, l’odore dei capelli puliti dopo una doccia, di un profumo appena spruzzato; un odore sui toni della crema, della nocciola. Quell’odore rassicurante, quell’abbraccio sotto forma di fragranza, fu trasportato fino alla finestra del bagno, all’angolo destro della quale vi erano due occhi ocra, glaciali, che erano in competizione con la brillantezza delle luci del bagno. Sotto ai due occhi celestiali, si trovavano due narici dilatate, frementi, pronte a guidare un intero corpo immortale verso la sua preda.

Alla velocità della luce, Carlisle prese il disinfettante e un cerotto dall’armadietto del bagno di Charlie e curò la ferita.

“Mi dispiace” disse all’umano.

“Eppure è accaduto” rispose Charlie.

“Sei arrabbiato?”.

Charlie non rispose, il volto fisso sulle mani gelide di Carlisle che curavano il taglio.

“Una volta ti piaceva quando ti prendevo di sprovvista”.

“Mi piaceva molto. Era eccitante. Il fatto di non poterti controllare, la tua imprevedibilità, la tua forza, la tua astuzia, erano seducenti”.

“Ora che è successo?”.

“Non è successo nulla. Scusami. Sono io che non sto bene”.

“Lo so e per questo avrei dovuto bussare alla porta”.

Charlie riprese a radere le sue gambe, poi gettò di scatto il rasoio a terra.

“Ehi, che succede?”.

Una lacrima scese dall’occhio destro di Charlie.

“Ho paura” ammise.

“Hai paura di me?” chiese Carlisle.

Silenzio.

Carlisle si alzò e andò verso la finestra.

“No, scusami!” disse Charlie.

Ma Carlisle non aveva intenzione di andarsene. Raccolse la lametta, si avvicinò a Charlie, si piegò e si mise a radere le sue gambe.

“Per la prima volta, quando mi sono tagliato, ho pensato che tu potessi farmi del male”.

“L’ho pensato anche io” ammise Carlisle.

Charlie lo guardò stupito.

“La mia natura è questa. Posso far piangere uomini come bambini, posso far scoprire loro paure che neanche sapevano esistessero. Ma non a te. Sei tu che mi fai scoprire emozioni che non pensavo di poter provare. Il tuo odore è davvero una sfida per me, tu sei una sfida per me. Inafferrabile, intelligente, bellissimo, indipendente. Non penso che mangiandoti sarei soddisfatto, perderei solo qualcosa di molto speciale. Secondo alcune tradizioni sudamericane, mangiando il nemico, si trattengono dentro al proprio corpo le sue caratteristiche migliori. Ma io ti voglio tutto, anche quando sei sfuggente e non riesco a capirti, perché tu sei così, enigmatico e cangiante”.

“Carlisle…io ho una figlia di cui non so più nulla e ho anche una cittadina da difendere. Non riesco più a dormire. Ogni notte sogno di essere divorato, squartato, e che tu non sei lì a difendermi. Ho quarantacinque anni. Quello che mi dici mi fa sentire giovane, forse per la prima volta, mi fa sentire amato, mi fa sentire anticonformista, ribelle. Ma il mio corpo umano è stanco e ha paura”.

“Lo sai che c’è una soluzione” disse Carlisle.

“Io non voglio. Temo la morte, ma non voglio perdere quell’odore di cui tu parli, quell’odore che testimonia che sono vivo. Ho paura di invecchiare, ho paura che questa pelle diventi raggrinzita, ho paura di ammalarmi, di non essere più indipendente, peggio ancora con la persona che amo e mia figlia che non invecchiano mai, che mi compatiscono dall’alto della loro perfezione. Però nessuno mi hai mai guardato prima, la mia pelle giovane non è mai stata interesse di nessuno, il mio fisico nemmeno e non lo saranno di certo nell’eternità. Vorrei che gli uomini, a volte, guardassero il mio corpo come quello di una donna. Questo non è mai accaduto, se non con te. Oggi, però, non mi sono sentito sedotto, mi sono sentito un oggetto sessuale, il tuo corpo pronto a domarmi…” gli occhi algidi di Carlisle, privi di vita, sembravano sul punto di lacrimare, Charlie se ne rese conto “E poi non potrei vivere per sempre. Io sono vivo perché so che morirò, perché so che ho un tempo limitato per fare quello che ho voglia di fare”.

“Non saresti molto diverso da come sei ora, saresti più veloce, più forte, nessuno potrebbe farti del male. Potremmo stare insieme per sempre”.

“Carlisle, lo sai che non andrebbe in questo modo. Guarda te ed Esme, siete sposati da più di un secolo e ora…”.

“Noi ci amiamo ancora, semplicemente non più come una volta, ma credo che sia questo il bello di vivere così a lungo, le relazioni assumono un altro significato, i limiti che ci si pone da vivi cambiano. E credo davvero che l’amore che c’è stato tra me e lei un giorno si riaccenderà, come in un ciclo, magari non ci vedremo per interi secoli, poi tutto ricomincerà. Lo stesso potrebbe accadere tra me e te”.

“Esme sa di me?” chiese Charlie.

“Sì ed è molto contenta per noi” rispose Carlisle.

Carlisle finì di radere le gambe di Charlie poi prese il telefono e mise una canzone.

Volevo dirti tante cose, ma non so da dove iniziare

Ti vorrei viziare

Farti scivolare addosso questo mondo infame

Mettermi fra te e cento lame, mentre cerco il mare

Carlisle si avvicinò a Charlie e lo prese in braccio, una gamba dell’umano era stesa, appoggiata a quella del vampiro, mentre l’altra era avvinghiata sotto al sedere. I due si guardavano, un sorriso statuario era scolpito sul volto di Carlisle, il muscoli facciali di Charlie erano invece imperscrutabili, un ponte tra l’amore che provava per il suo amato e un mondo distante, fatto di pericoli.

C’è troppa luce dentro la stanza

Questo caldo che avanza e io non dormirò

E scusa se non parlo abbastanza

Ma ho una scuola di danza nello stomaco

E balla senza musica con te

Sei bella che la musica non c’è

“Sembriamo due sedicenni” disse la voce faceta di Charlie.

“Tu hai avuto un momento così a sedici anni?” chiese Carlisle mentre il suo corpo ruotava e con esso quello di Charlie.

“No”.

“Allora direi che te lo meriti ora”.

“Non avrei mai creduto che per capire il mio valore, per capire chi io fossi, mi servisse un uomo” disse Charlie.

“Oggi mi stai distruggendo” disse Carlisle.

Charlie sorrise e abbassò la testa, le mani unite dietro al collo dell’amante.

“Pensavo fossi indistruttibile”.

C’è troppa luce dentro la stanza

Questo caldo che avanza e io non dormirò

E scusa se non parlo abbastanza

Ma ho una scuola di danza nello stomaco

E balla senza musica con te

Sei bella che la musica non c’è

“Comunque non ti serviva un uomo, te ne servivano due”.

Charlie ruotò di scatto lo sguardo basito verso l’amato.

“Lo so che c’è un altro uomo nella tua vita”.

Serie: Charlie


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Fantasy

Discussioni

    1. Grazie mille. In realtà anche io ho iniziato a scriverla prima di sapere che questo genere si chiamasse fanfiction😅, mi interessava “ridare vita” a personaggi che per me avevano ancora qualcosa da dire.

  1. Grazie Tiziano, penso che sarebbe una bella idea. Ho scritto la precisazione anche per non rischiare di plagiare in nessun modo le opere a cui mi sono ispirat*. Grazie ancora.

  2. “Lo so che c’è un altro uomo nella tua vita” è il secondo di tre episodi che vede come protagonista Charlie Swan, il padre di Bella Swan. I personaggi e i fatti narrati sono basati sulla saga “Twilight” della scrittrice americana Stephenie Meyer.
    I versi in corsivo presenti nel testo appartengono alla canzone “La Musica Non C’è” di Coez
    Foto di mohamed Hassan da Pixabay.