Lo specchio della nonna
Serie: la promessa
- Episodio 1: La villa
- Episodio 2: Alla spiaggia
- Episodio 3: Nuotando nell’aria
- Episodio 4: Resta con me
- Episodio 5: Lo specchio della nonna
STAGIONE 1
Si svegliò la mattina seguente con la sensazione di avere fatto un’idiozia. Lui le saltellò intorno per l’intera mattinata, pieno di pretese sfrenate.
“Cosa le diamo per merenda?”
“Non so… Gelato?”
Sbuffò, sconcertato. Doveva aver pensato che tutto il mondo si stesse lambiccando il cervello per rendere quell’evento memorabile, almeno quanto lui.
Manco avessimo a merenda la regina Elisabetta!
Si rendeva conto benissimo, naturalmente, che per lui era esattamente così.
Per un istante, la curiosità di conoscerla fu schiacciata da un’insana gelosia.
Che diavolo c’entra questa qui, adesso!
Alle dieci e mezzo divenne semplicemente impossibile trattenerlo dentro casa.
“Vado alla spiaggia, così la posso avvertire” disse.
Niente richiesta di permesso. Non più. Solo un vago sguardo spazientito, quando lei gli fece osservare che forse sarebbe stato meglio rimandare.
“Così le diamo il tempo di avvertire a casa…”
Scrollò le spalle.
“Ci provo per oggi” disse. Era stranamente risoluto. Per un attimo poté vedere, in controluce, l’uomo che sarebbe stato, un giorno. “Se la trovo stamattina, può riferirlo a pranzo…”
Le lanciò un saluto distratto, scappando oltre la soglia.
Rimasta sola, si mise ad analizzare i sentimenti che provava, in merito a quella faccenda.
Si sentiva tradita, come se le avesse fatto credere di non avere bisogno di nessun altro, e invece…
Dio benedetto! Non è che una merenda…
Ma la consapevolezza bruciava come fuoco, che qualcuno l’avesse costretta a bere.
Fu di ritorno per la una, accaldato e sorridente. Fuori in giardino, fischiettava un motivetto che doveva essersi inventato sul momento.
Lei non era riuscita a combinare niente. Il computer non era stato nemmeno acceso, durante la mattinata.
“Allora?”
La guardò, sorpreso da tanta foga.
“È stata molto contenta dell’invito. Ha detto di ringraziarti. Vado a prenderla alla spiaggia tra due ore… Non sa dove stiamo.”
“Certo, sì. Naturale.”
Lui s’infilò in cucina, da cui riemerse qualche secondo più tardi con una manciata di biscotti in mano.
“Per la merenda, ho pensato a una macedonia di frutta, e qualche pizzetta…”
“…qualche chilo!” ridacchiò lui, con la bocca piena.
Almeno la passeggiata l’aveva messo di buonumore. Probabilmente aveva scoperto che anche lei adorava il junk-food.
Alle tre uscì di nuovo, per andarla a prendere.
Cadde preda di un’ansia feroce.
Non voleva assolutamente metterlo in imbarazzo. Voleva essere una di quelle donne che i ragazzini apprezzano. Quella di cui si dice che è divertente, simpatica. Che ispira fiducia, e al tempo stesso non invade spazi non suoi.
Una di quelle di cui si parla a cena – e le madri impazziscono d’invidia…
Perché lei ti piace più di me, dannata carognetta!!
Invece, aveva le mani sudate, i capelli in disordine, e la casa era un porcile. Spostò in fretta un paio di cuscini, tentando una manovra di riassestamento senza speranza.
Quasi le prese un colpo, quando all’improvviso la vide, inquadrata dalla porta d’ingresso.
La prima cosa strana, fu che era sola.
La seconda: di colpo non c’era più nessun bisogno di spiegazioni.
La bambina stava ferma nel vano della porta. Non poteva avere più di una decina d’anni, la stessa età di lui. Era magra, scura, con l’espressione di chi sa bene perché si trova dove si trova.
I piedi, scalzi nelle ciabattine infradito, erano coperti di sabbia secca. I lunghi capelli scuri erano arruffati e pieni di nodi. Era un inno all’incuria e all’abbandono – come una vecchia casa disabitata, che nessuno si cura più di tenere in ordine.
D’improvviso, il piccolo viso si contorse nell’approssimazione di un sorriso. La bambina volò letteralmente tra le sue braccia, stringendosi a lei con forza disperata.
“L’hai fatto davvero! L’hai fatto davvero!”
Le alzò in viso i grandi occhi cerchiati d’ombre, pieni di speranza.
Certo, lo shock era stato terribile. Non sapeva assolutamente che cosa dire, né come comportarsi.
Il suo cervello, rimasto incastrato nei momenti precedenti, continuava metodicamente a ripetere che tutto questo non era possibile…
Circa mezz’ora più tardi, sedevano nella veranda, una di fronte all’altra. Le aveva offerto un ghiacciolo. Con sua sorpresa, anche lei l’aveva scelto verde. Ora lo succhiava con dedizione tutta infantile, apparentemente dimentica di ogni complicazione.
Lei aveva preso una birra, anche se la commistione di alcool e calore tendeva a stordirla.
Ora che aveva capito di cosa si trattava, si sentiva un po’ più calma. Strano, come anche la prospettiva più assurda sembrasse di facile gestione, una volta che tutto veniva chiarito.
Avrebbe voluto chiedere di lui, dove fosse e perché non fossero insieme. Invece, le domandò quale fosse l’ultima cosa che riusciva a ricordare.
La bambina smise di succhiare il ghiacciolo. Evidentemente ci stava riflettendo. Un po’ di succo le rimase in punta alle labbra, macchiandole di verde.
“Mi stavo guardando nello specchio della stanza di nonna… Lo sai, no? Quello grande, con la cornice di legno dorato…”
Annuì, come a dirle di proseguire, che ricordava benissimo.
“… ho pensato che ero sola, che la vecchia non c’era più…”
Aveva un’espressione offesa, come se la morte della nonna fosse stata una scelta. Come se l’anziana donna avesse preso il largo, abbandonandola.
“Sì” confermò lei. “Mi ricordo di quel giorno…”
“È stato allora, che è successo!” disse la bambina, con aria trionfante.
“Cosa, è successo?”
Adesso era confusa.
Quella giornata terrificante era indimenticabile. La gente aveva affollato le stanze all’improvviso, e il suo mondo, fino ad allora così pacato e silente, era stato semplicemente spazzato via. Le grida… Continuavano a ripetere poverina, poverina… Parlavano di lei; al tempo stesso, però, la strattonavano, spostandola da una stanza all’altra. Nessuno pareva intenzionato a spiegarle un accidenti.
Era stato allora che si era chiusa nella stanza della nonna. Ricordava bene di essersi guardata nello specchio. E poi?
“… ho pensato che adesso ero proprio sola, capisci? Avevo paura, ma poi ho sentito come una voce dentro la mia testa, che mi faceva una promessa…”
“Quale promessa?” sussurrò, incapace di distogliere lo sguardo da lei.
Non si ricordava affatto di questa parte. Che cosa era stato promesso, a quella bambina abbandonata e disperata riflessa nello specchio?
“Mi ha promesso che un giorno non sarei più stata sola!”
Naturalmente. Che altro?
Crollò il capo, confusa. Seguiva il ragionamento fino ad un certo punto; ma da lì in poi calava il buio.
“Sì, certo” disse, cercando di mostrarsi ragionevole. “Ma vedi: lui, quel bambino… voglio dire, quello è mio… è mio figlio…”
La fissava, succhiando il ghiacciolo. Evidentemente non capiva quale fosse il problema.
Si sentì esasperata. Dov’era, lui? Si era fatto male? La stava cercando?
Fu travolta dall’urgenza.
“Non puoi mica rubarti mio figlio per giocare!”
“Perché no?” Pareva perplessa.
“Perché… perché non si può! Non puoi piombare nella vita delle persone e portargli via i figli!”
Senza un motivo al mondo, lei si mise a ridacchiare. Era contagiosa, tanto che, a scapito dell’angoscia che provava, si ritrovò ad imitarla.
“Cosa… Perché ridi, ora?”
“Ma quello non è mica tuo figlio!”
L’afferrò per un braccio, improvvisamente senza fiato.
“No, cosa… di cosa stai parlando? Non capisco!”
La piccola si divincolò, poi rimase immobile a fissarla. Sembrava che solo in quel momento avesse capito la situazione.
“Come, non lo sai? Non te lo ricordi più? Certo che le nostre storie sono proprio… Lui non è tuo figlio, non è proprio niente! Neanche esiste! Cioè, esiste ma… Non è mica vero!”
Siccome lei non diceva niente, cercò di spiegare meglio: “L’hai creato per me… È solo…”.
Si guardò attorno, forse cercando qualcosa che potesse fungere da paragone. Ma non dovette trovare niente, perché scrollò le spalle.
“Me l’avevi promesso, e l’hai fatto, no? È per questo che sono qui, sono venuta a prenderlo… Lui è mio…”
Coriandoli di quello che era stato il suo mondo presero a planarle dolcemente attorno.
Quando si fa una promessa ad un bambino, poi bisogna mantenerla.
Non importa a quale prezzo.
Lei teneva una piccola mano sul suo braccio, e lo stringeva con affetto. Le sorrideva, felice.
“Lui è proprio come lo volevo! Sei stata brava…”
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