
L’orso e il lampione
Serie: L’orso e il lampione
- Episodio 1: L’orso e il lampione
- Episodio 2: I bracconieri
STAGIONE 1
Quando uscii di casa quella mattina, non avrei mai pensato di vivere una giornata del genere. Era lunedì, il mio giorno libero. Mi alzai alle quattro e trenta per colpa di una teglia di gâteau che mi ero divorato, non perché avessi tanta fame, ma per una volontà intrinseca di noia; ho cercato di ucciderla riempiendo lo stomaco. Alzandomi dal letto, sentii un bruciore e un peso allo stomaco. Decisi di preparare un caffè, accesi il fornello e andai a fare pipì. “Crù crù”, sentivo dal corridoio, il caffè era pronto. Lo bevvi di fronte alla finestra, contemplando la montagna all’orizzonte: il Gran Sasso nella sua forma di “Bella addormentata”. Mi preparai un drum e accesi la sigaretta; al terzo tiro, il gâteau nello stomaco si mosse.
Dopo aver spento la sigaretta, dovetti percorrere il corridoio con le chiappe strette. Mi sedetti sul water e, con una velocità da Guinness, tirai giù tutto; uno scrocchio si riversò imperterrito verso il mare, eliminai l’ultima patata bollente. In quel momento, qualcuno ha il coraggio di non percepire la libertà; io non mi sentivo più un ergastolano. Feci i miei riti mattutini e, mentre mi lavavo i denti e mi guardavo allo specchio, mi chiedevo se fossi una pecora o un leone. Ruggii, capii chi fossi e decisi di dare un’ulteriore svolta alla mia giornata facendo qualcosa di diverso. Indossai le scarpe da training e decisi di andare al pascolo nella vallata isolata sotto la mia villetta. D’altronde, ero un animale bello forte.
Fuori era buio, scesi la collina senza remore e né paura; il freddo era tagliente, ma ero vestito in modo adeguato e mi sentivo bene. Sotto, nella valle, c’era un fiume ghiacciato. Mi avvicinai e guardavo sotto il ghiaccio l’acqua scorrere e dei pesci risalire. Attraversai il fiume scivolando come se pattinassi. Quando arrivai alla sponda opposta, mi ritrovai davanti un orso. Rimasi pietrificato dall’intento che mi consigliava di non muovermi e rimanere calmo.
L’orso mi passò di fianco, annusandomi; io feci finta di essere un lampione. Si allontanò dirigendosi verso il fiume, e lo vidi dare una zampata forte sul ghiaccio rompendolo, sfilò la zampa pelosa grondante dall’acqua. Tirò fuori una trota di un paio di chili con i suoi artigli e iniziò a mangiarla dalla testa, gustandosela a piccoli morsi, con un’espressione soddisfatta. Mi allontanai lentamente, ma lui mi sentì. Le mie scarpe sul ghiaccio facevano un cri cri sordo mentre avanzavo, mi fermai e adottai di nuovo la tecnica del lampione. L’orso mi guardò e continuò a masticare la trota. Ripresi a camminare con quel suono sotto i piedi. Mi girai verso l’orso, che aveva smesso di masticare e mi guardò arcigno. Non sapevo cosa fare. Se avessi corso, avrei rischiato la stessa fine della trota. Se stavo fermo, potevo diventare il suo pranzo dopo la colazione.
Mi venne un’idea, così iniziai a cantare dolcemente. L’orso mi guardava, dava morsi alla trota, e poi si sedette incuriosito. Pensai che cantare non fosse una buona idea e smisi. Lui si alzò, non sembrava contento e si stava avviando verso di me. Ricominciai a cantare e si sedette di nuovo masticando l’ultimo morso. Vedevo che la sua coda si muoveva, era contento.
Pensai di iniziare a camminare all’indietro per allontanarmi mentre cantavo, ma dopo un paio di metri lui si alzò. Adottai di nuovo la posizione del lampione. L’orso si girò verso il fiume, diede di nuovo un pugno sul ghiaccio e pescò un salmone bello grosso. Pensai che la pesca lo distrasse, ma lui si avvicinò a me di quei metri che avevo fatto all’indietro. Ricominciai subito a cantare e lui si sedette dando il primo morso sempre dalla testa al salmone. Era divertito da me, i suoi occhi scuri mi osservavano. Mi sentii una preda, anche se adottavo la mimica del lampione, cantavo a cappella e il riverbero della montagna di fronte tornava indietro creando una profondità e un delay alla mia voce. Mi fermai di nuovo, lo vedevo così preso dal salmone che pensai si fosse dimenticato di me. La mia voce si fermò, e lui fece un ruglio così forte che la neve sull’albero sopra di me cadde spolverando la mia testa. Credetemi, lo vidi sorridere; in quel momento, non mi sentivo un lampione, ma il suo giullare. Non sapevo cosa fare; erano venti minuti che facevo il cantastorie all’orso. La posizione del lampione mi faceva sentire freddo, così, insieme al canto, iniziai a danzare per riscaldarmi. L’orso fece di nuovo un ruglio ancora più forte, e cadde di nuovo la neve su di me. Mi misi a ridere, e lo fece anche l’orso. Se raccontassi questa storia a qualcuno, non ci crederebbero, eppure io ero là, a fare del teatro a un orso. Ad un certo punto, l’orso fece un rutto, forse il salmone gli dava fastidio allo stomaco o stava già digerendo.
Decisi di farmi una sigaretta e mi sedetti a terra accendendo il fumo, l’orso era a circa sei metri da me e il fumo andava verso di lui. Le sue narici si allargarono, e sniffava il fumo della sigaretta, sembrava che gli piacesse. Non avevo dubbi, quell’orso non voleva lasciarmi andare; ero convinto che se avessi avuto un rum e del cioccolato fondente, mi avrebbe fatto compagnia. Spensi la sigaretta e mi alzai, l’orso fece lo stesso. Avevo due possibilità: proseguire il mio cammino o rimanere lì fermo a congelarmi. Scelsi di incamminarmi verso la foresta di fronte a me, partii lentamente con l’occhio verso l’orso, che manteneva il passo e rispettava la distanza. Mi convinsi di non preoccuparmi. Dieci minuti dopo, camminavo nel bosco; la valle era ancora scura, nonostante il sole fosse tramontato, ma non in quel punto. Nel sottobosco, era abbastanza semi-buio, e quell’ombra gigante mi seguiva. Non mi preoccupavo più. “Sei i mali non vengono soli”; quella era un’ottima occasione per citare il detto.
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