L’uomo delle penne biro

In un tempo e in un luogo non ben precisato, viveva un uomo solo e ricchissimo. Aveva accumulato immense fortune grazie alle sue straordinarie abilità commerciali e relazionali. Il lavoro era la sua unica ragione di vita, un’ossessione che veniva prima di ogni altro sentimento. Solo una cosa lo spaventava: la morte.

Una sera, prima di coricarsi, il pensiero della fine lo tormentò più del solito. Passò la notte in preda all’angoscia, immerso in un vortice di incubi e paure che lo soffocarono fino all’alba. Solo allora riuscì a chiudere gli occhi per pochi minuti, prima che la sveglia, puntuale come sempre alle 05:59, lo strappasse dal breve torpore. Fu in quell’istante che ebbe un’illuminazione, un’idea che avrebbe risolto tutti i suoi problemi.

Quella giornata era densa di impegni e riunioni, ma lui la affrontò con un’ansia sottile, una tensione che non riusciva a scrollarsi di dosso. Non riusciva a concentrarsi: la sua mente era completamente assorbita dalla strategia che avrebbe attuato quella sera stessa.

L’unica a notare il suo comportamento insolito fu la sua segretaria personale, la signorina Clara. Anche lei aveva sacrificato molto della sua vita privata per seguire il suo capo in ogni affare importante.

“Dottore, si sente bene? Posso fare qualcosa per lei?” chiese con gentile preoccupazione.

Lui si riscosse appena dai suoi pensieri. “Non è niente, Clara. Grazie. Tutto bene, non si preoccupi.”

Finalmente giunse la sera. Il piano era perfetto, infallibile. Mangiò in modo frugale e, con un gesto inusuale, congedò il suo maggiordomo, dandogli la serata libera. Una cosa simile non accadeva da più di vent’anni.

Solo nella sua stanza, rimase vestito di tutto punto, come se stesse per partecipare a un importante consiglio di amministrazione. Si sedette sulla poltrona accanto al letto, chiuse gli occhi e, con tutta la concentrazione di cui era capace, iniziò a invocare il diavolo. Passarono più di due ore di silenzio surreale, finché una figura elegante e dall’aria sicura di sé apparve davanti a lui.

“Con chi ho il piacere di parlare?” chiese l’uomo.

L’apparizione sorrise, divertita. “E me lo chiedi? Sei stato seduto qui per più di due ore a chiamarmi, e per di più è tutto il giorno che mi pensi!”

L’uomo si schiarì la voce, cercando di mantenere il controllo. “Certo, certo… è solo che… beh, mi ero fatto un’altra idea.”

“Dimmi allora, qual è la proposta che hai da farmi? Ti tormenta da più di un anno, quindi suppongo sia importante. Sai, non ascolto molte richieste, ma per te ho fatto un’eccezione.”

A quel punto, l’uomo d’affari, abituato a negoziare con i più potenti della Terra, si ricompose e parlò con sicurezza: “Ho una proposta per te.”

Il diavolo incrociò le braccia. “Sentiamo. Spero che valga il mio tempo.”

“Nella mia vita ho accumulato immense ricchezze, proprietà sparse in tutto il mondo, partecipazioni nelle più importanti società. Ho agganci con politici influenti. Tutto questo posso dartelo in cambio di una promessa.”

“E quale sarebbe questa promessa?”

L’uomo sorrise, certo della sua astuzia. “Voglio che mi lasci vivere fintanto che avrò inchiostro nelle penne biro contenute in questa casa.”

Il diavolo alzò un sopracciglio. “Che richiesta curiosa.” Si voltò, osservando fuori dalla finestra. Restò in silenzio per qualche istante, poi tornò a guardarlo. “Accetto. Ma ad una condizione.”

“Quale?” chiese l’uomo, con il cuore che accelerava.

“Ogni sera dovrai scrivere una pagina in un diario. Se anche solo una volta salterai, verrò a prenderti.”

L’uomo rifletté per un attimo, poi annuì sicuro. “Accetto.”

La vita riprese il suo corso. Grazie al prestigio e alla fiducia che ancora godeva, si ricostruì un impero. Ogni sera, prima di dormire, scriveva nel diario solo la data, niente di più. Era certo di aver ingannato il diavolo.

Gli anni passarono. L’inchiostro della sua penna si esaurì lentamente, finché un giorno la biro smise di scrivere. “Meglio essere previdenti”, pensò. “Domani prenderò un’altra penna dalla valigetta.”

Il mattino seguente si recò in banca, prese una nuova biro e la infilò nel taschino. Al suo ritorno, trovò il diavolo ad attenderlo, seduto sulla poltrona della sua stanza.

“A che devo questa visita?” chiese, con un sorrisetto, estraendo la penna nuova.

“Niente” rispose il diavolo con calma “solo mi interessava vedere come rispetti il nostro patto.”

L’uomo si sedette e iniziò a scrivere la solita data. Ma la penna non scriveva. Provò a farla scorrere sulla carta, a scaldarla tra le mani. Nulla.

Si gelò il sudore. Perse il controllo di sé e cominciò a roteare la penna tra le mani, a disegnare cerchi sulla carta per scaldare l’inchiostro. NIENTE!

Allora il diavolo parlò: “Bravo! Hai scritto un cinque e hai rispettato il patto! Ora posso andarmene.” E svanì.

Ma il terrore dell’uomo non svanì. Passò la notte in preda al panico, cercando disperatamente un’altra biro in casa. Nulla. Doveva aspettare l’apertura della banca.

All’alba fu il primo ad accedere alla sua cassetta di sicurezza. Tornato a casa, si chiuse in stanza e provò ogni penna della valigetta. NIENTE! Tutto l’inchiostro si era seccato.

Allora il diavolo apparve di nuovo. “Come andiamo?”

L’uomo abbassò il capo. “Tu lo sapevi già ieri, vero?”

“Io lo sapevo fin dall’inizio! Il tuo destino era di vivere altri cinque anni. Ma hai scelto di anticiparlo.”

L’uomo si alzò, si regolò il nodo della cravatta, si mise due spruzzi del suo profumo preferito. Si osservò allo specchio per un lungo istante, come se cercasse un’ultima volta l’uomo che era stato.

E poi tutto svanì.

Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Che dire Andrea, per essere il primo testo hai già dato prova di una discreta maestria.

    Scritto molto bene, con una trama sorprendente. Ma secondo me hai voluto essere prudente: presto ci svelerai tutta la tua potenza.

    Non male… a presto.