MemoCorp.
C’erano mattine in cui Adele si svegliava con la sensazione di aver perso una parte di sé. Quella sensazione che ti lascia un vuoto incommensurabile dopo la fine di una serie che hai amato con tutto il cuore, o dopo aver finito di divorare il tuo tradizionale pranzo della domenica. Adele non pranzava più in famiglia la domenica da una decina di anni, ma era sicura che quello che provava non fosse la conseguenza della morte dei suoi genitori, o forse pensava troppo.
Si alzava ogni giorno con l’unico scopo di ridare a vecchi disegni una luce nuova, la luce che un tempo li faceva splendere. Lavorava nel campo della restaurazione di opere d’arte. Si era convinta che quella fosse la sua passione fin da bambina, ma in fondo sapeva benissimo che non era così. Forse lo faceva solo per cercare di ridarsi la luce che aveva un tempo.
La sua passione più grande era solamente una e si chiamava MemoCorp. Un’azienda ormai consolidata nel settore della neurologia, forse la migliore. Permetteva a tutti di acquistare ricordi del proprio passato e visionarli con l’aiuto di un visore. Sembrava tutto abbastanza losco ma non era così. Adele acquistava da loro da qualche mese e si trovava benissimo. Iniziò con dei ricordi semplici: il suo primo compleanno, la prima gita al mare, e i momenti più dolci con i suoi genitori.
Viveva una vita abbastanza tranquilla fino al giorno in cui una notifica dall’app di MemoCorp non la cambiò per sempre:
-NUOVO RICORDO DISPONIBILE- NEL BOSCO CON SALLY –
Sally?
Adele non conosceva nessuna Sally, o almeno non ne aveva alcun ricordo. Dopo il lavoro decise di passare dalla sede MemoCorp che si trovava nella sua città per acquistare il nuovo ricordo. Una volta tornata a casa si affrettò ad indossare il visore e si stese sul divano.
Dopo il video introduttivo dell’azienda Adele vide se stessa da bambina passeggiare in un boschetto con un’altra bambina dai boccoli color acacia e con le lentiggini che rendevano quel momento ancora più dolce. Le due bambine giocavano, ridevano e si rincorrevano tra gli alberi. Il ricordo si concluse dopo poco più di un minuto dal suo inizio.
Adele non prese questa sua dimenticanza tanto seriamente, probabilmente era una sua amica d’infanzia o la figlia di qualche amico di famiglia. Colse però al volo l’opportunità di andare a trovare i suoi genitori, ormai non lo faceva da qualche mese.
Parlarono per circa una mezz’ora. In realtà parlò solamente Adele. I suoi genitori non erano più in grado di rispondere dopo l’incidente di dieci anni fa.
Venne travolta in pieno dalla nostalgia e decise quindi di andare a visitare la sua vecchia casa in campagna. Era rimasta proprio come l’aveva lasciata. I letti erano sempre allo stesso posto, la scrivania di suo padre storta come sempre e il bagno pieno di prodotti di bellezza della madre. Stava per andarsene proprio quando il suo occhio fu colpito da un piccolo logo blu presente su un foglio sulla scrivania del padre. Era il logo della MemoCorp.
Dopo aver letto quel foglio Adele iniziò a tremare e a piangere tutte quelle lacrime che non aveva mai versato per quella bambina, o forse per se stessa.
Ho sempre pensato a quanto possa essere difficile essere sconvolti da notizie del genere. Il mio lavoro era tanto tenero e necessario quanto crudele.
Probabilmente Adele mi cercò in lungo e in largo, o forse il suo inconscio sapeva già dove trovarmi.
Mi presentai come il Dottor Barnes, lei ovviamente non poteva riconoscermi.
Era infuriata, mi presi gli insulti peggiori che una donna possa mai immaginare e ovviamente anche uno schiaffo. Tutto questo prima della calma dovuta alla sua decisione. I miei pazienti fanno tutti così.
A volte faccio del bene ad alcune persone, ma non riesco a sopportare la sofferenza nei loro occhi dopo aver scoperto la più grande menzogna della loro vita. Lascio quindi il mio ultimo rapporto sulla paziente con alcune spiegazioni che devo non solo a lei ma a chiunque sarà interessato a leggerlo, prima di compiere il gesto che mi libererà da questa sofferente dicotomia.
Rapporto del 19/10/2087
Paziente n.275
Seguivo la paziente da circa quindici anni. Quando era ancora piccola i suoi genitori decisero di cancellare il ricordo della sorella dalla mente di Adele affidandosi alle nostre prestazioni. Non sono un giudice ma la loro scelta, per me esatta, fu sicuramente mirata ad evitare sensi di colpa nella ragazza che aveva assistito e involontariamente causato la caduta in un fiume e il conseguente decesso della sorella. Cancellammo tutti i ricordi in cui la sorella era protagonista e modificammo quelli in cui la sua presenza era più fievole. Il nostro sistema non è però ancora perfetto, e dopo qualche anno i ricordi più potenti emotivamente tendono a riemergere nelle menti dei pazienti e di conseguenza nel nostro archivio. Dopo la scoperta della sorella Adele era combattuta sulla decisione da prendere: continuare la vita incolpando se stessa, o dimenticare incolpando qualcun altro.
Adele scelse di dimenticare.
A volte si incolpa troppo facilmente qualcuno, compresi se stessi. Ma questo lo fanno solo le persone deboli e codarde. Coloro che meritano di vivere scavano nel profondo e indagano nei propri sensi di colpa per risalirne all’origine, al loro brodo primordiale.
Sarebbe stato troppo facile incolpare me o i suoi genitori per averle cancellato la memoria. Quindi Adele decise di dimenticare per non vivere nella sofferenza di aver subito una menzogna da genitori con i quali non si può più avere una discussione. Una bugia lasciata da chi non può spiegarla è la delusione più grande che si possa ricevere.
Purtroppo io ho già superato la giovane età, e non posso dimenticare tutta la sofferenza che ho provocato.
Detto ciò ringrazio tutti i miei assistenti che mi hanno accompagnato nell’impresa di cambiare per sempre la neuroscienza, e abbandono per sempre questo bellissimo mondo che non merita di essere vissuto da persone crudeli come il sottoscritto.
Dott. Barnes
MemoCorp.
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