
Miriam
La superiora ci accoglie in una stanza illuminata da una lampada a muro, il pavimento di legno scricchiola sotto i nostri passi. La donna è seduta dietro ad una scrivania di quercia, ha il viso spigoloso e la schiena curva in avanti. Restiamo in piedi di fronte a lei quando inizia a parlare. Giulia è agitata, la mano che tiene la borsetta trema visibilmente. La suora non alza mai gli occhi su di noi, prende lunghe pause, sospira e poi prosegue il monologo con voce neutra. Giulia ascolta e la sua espressione si fa sempre più cupa. La superiora ci spiega le ragioni per cui Miriam non vuole incontrarla, elenca tutti i motivi per cui abbiamo fatto tanta strada per nulla. La bambina va protetta, dev’essere tutelata, la suora lo ribadisce più volte e Giulia sprofonda sempre più nel suo senso di colpa. È una punizione da cui non può sottrarsi. È quello a cui si sente condannata. Così, terminate le cose da dire, la suora invita Giulia a desistere da questi tentativi di riavvicinamento, almeno finché non sarà la figlia a sentirne il bisogno. Conclude sottolineando che è indispensabile rispettare i tempi di una sofferenza così grande. In quel momento avverto l’esigenza di fare qualcosa, cerco di trovare dentro di me tutta la diplomazia necessaria per avanzare la mia richiesta. Chiedo di poter conoscere la bambina. La superiora mi guarda come se non fossi stato lì fino a quel momento e mi domanda quale sia il mio ruolo in questa storia. Ottenuta la risposta la donna fa una smorfia che non riesco a decifrare e poi acconsente alla mia richiesta precisando che potrò vedere Miriam nella sala d’attesa e per non più di qualche minuto. Prima di lasciarmi andare, senza celare sarcasmo, la suora confida la sua benevolenza per gli uomini inclini a farsi carico dei fardelli altrui. Quando esco dalla stanza sento tutto il peso del dolore di Giulia e la responsabilità delle parole che sceglierò per sua figlia.
Dopo una breve attesa una bambina compare nella saletta, indossa un lungo grembiule che scende fino alle caviglie. È sorprendente quanto somigli a sua madre. Miriam si siede su una panca e sistema ripetutamente il laccio dei suoi sandaletti. In quel gesto percepisco una fragilità che già conosco.
“Ciao Miriam.”
“Ciao.”
“Posso sedermi qui?”
“Va bene.”
“Sono un amico della tua mamma.”
“Lei dov’è?”
“Nell’altra stanza.”
“Non voglio incontrarla.”
“Posso chiederti perché?”
“Vuole portarmi via.”
“Vuole soltanto vederti.”
“Non mi va.”
“Ti trovi bene in questo posto?”
“È meglio che a casa.”
“Sono contento di conoscerti.”
“Perché?”
“Ho sentito parlare tanto di te.”
“Tu la conosci bene la mia mamma?”
“Abbastanza.”
“Hai dovuto chiedere il permesso per venire da me?”
“Sì, alla superiora.”
“Cosa ti ha detto?”
“Che ho cinque minuti e che sei spaventata.”
“Ho sempre paura di vedere mamma.”
“Cosa ti preoccupa?”
“Di vederla piangere.”
“Succedeva spesso?”
“Ogni giorno. Stava male.”
“Come ti sentivi?”
“Sola.”
“Mi dispiace. Tu sai perché piangeva?”
“Perché era malata. Non riusciva a vivere.”
“Chi ti ha detto questo?”
“Papà.”
“Lei non riesce a vivere senza di te.”
“Non è vero.”
“Anch’io la vedo piangere. Le manchi.”
“Tu la consoli?”
“Ci provo.”
“Io non riuscivo a consolarla.”
“Aveva paura.”
“I grandi non hanno mai paura.”
“Ne hanno molta invece.”
“Di cosa aveva paura mamma?”
“Di quello che alcuni uomini possono fare.”
“Per questo è scappata?”
“Non aveva la forza per restare.”
“Che cosa sta facendo nell’altra stanza?”
“Ti sta aspettando.”
“Ma io non riesco ad andare da lei.”
“Temi che possa lasciarti ancora?”
“Lo farà di nuovo.”
“Non succederà più.”
“Come fai a saperlo?”
“Perché ti vuole un bene immenso.”
“E tu le vuoi bene?”
“Molto.”
“Come porta i capelli adesso?”
“Raccolti in una coda alta, come i tuoi.”
“Mi ha insegnato lei a farla.”
“Cos’altro ti ha insegnato mamma?”
“A prendermi cura dei fiori.”
“Ci sono molti fiori nel nostro giardino.”
“Avete un giardino?”
“Sì, è un giardino splendido.”
“Ci sono i tulipani?”
“Sono i suoi preferiti.”
“Anche i miei.”
“So che ti piacciono anche le orchidee.”
“Te lo ha detto la mamma?”
“Sì, e mi ha detto che sei bravissima a danzare.”
“Ha detto che sono bravissima?”
“Ha detto che è meraviglioso guardarti ballare.”
“Anche lei era brava a ballare.”
“Lo è ancora.”
“E tu le permetti di ballare?”
“Non deve chiedere il mio permesso.”
“Papà non voleva che ballasse.”
“Come mai?”
“Gli dava fastidio la musica in casa. Si arrabbiava.”
“Io non mi arrabbio.”
“Neanche se la cena non è pronta?”
“Mi piace preparare la cena per la mamma.”
“Fai altre cose per lei?”
“La porto al mare.”
“Non ci sono mai stata al mare.”
“Lo so Miriam.”
“Tu sei come un nuovo marito?”
“Un giorno, lo spero.”
“Sei anche un papà?”
“No, ma vorrei diventarlo.”
“Sarai bravo secondo me.”
“Grazie.”
“Forse è meglio che vada adesso.”
“Va bene, io tornerò dalla tua mamma.”
“La porti al mare?”
“La porto a casa.”
“Cosa le dirai?”
“Le dirò che ha una figlia speciale.”
“Le dirai che non ho voluto vederla?”
“Le dirò soltanto che non sei pronta.”
“Ci resterà male.”
“Capirà. Non preoccuparti.”
“Non voglio che pianga per me.”
“Non lo farà. Saprà aspettare.”
“Io l’ho aspettata tanto.”
“Spera che tu possa perdonarla per questo.”
“Non ha bisogno di me. Ci sei tu.”
“Tu sei al primo posto.”
“Lo ha detto lei?”
“So chi c’è al centro del suo cuore.”
“Disegnavo sempre il cuore di mamma.”
“Ho visto i tuoi disegni.”
“Dove?”
“Sono appesi nella tua stanza, a casa nostra.”
“C’è una stanza per me a casa vostra?”
“La stanza più luminosa di tutta la casa.”
“Mamma mi ha sempre promesso una stanza tutta mia.”
“Ha mantenuto la promessa allora.”
“Tu come ti chiami?”
“Luca.”
“Qui c’è un bambino che si chiama Luca. Ma tu sei più gentile.”
“E tu sei molto dolce.”
“Mi saluti la mamma?”
“Le darò un abbraccio da parte tua.”
“Non stringerla troppo. A volte papà la stringeva troppo e le rimanevano dei lividi.”
“La tua mamma non ha più lividi sulla pelle.”
“È ancora nell’altra stanza?”
“Oltre quella porta. Non si è mossa da lì.”
“È molto bella mamma.”
“Lo siete entrambe.”
“Vorrei abbracciarla solo una volta.”
“Posso dirle di venire qui.”
“No. Portami da lei. Voglio farle una sorpresa.”
“Ne sarà felice.”
“Tu resti vicino a me?”
“Per tutto il tempo.”
“Mi dai la mano?”
“Certamente. Andiamo.”
“Dev’essere stupendo il mare.”
“Lo sarà. Vedrai.”
Attraversiamo il tratto di strada sterrato, l’ultimo prima della fila di pini che nasconde il mare. Osservo Miriam dallo specchietto, i suoi occhi sono accesi di attesa e curiosità. Giulia ha un viso che mai le avevo visto prima: radioso e in pace. So che è una donna segnata da ferite, ma in lei vedo la forza autentica di chi ha deciso di perdonare e di perdonarsi. Ci sono voluti sei mesi di incontri sorvegliati per convincere la superiora ad autorizzare questa giornata insieme. Ma adesso ho cominciato a fantasticare sull’idea che possiamo diventare una famiglia. Mi trovo spesso a chiedermi cosa significhi essere genitori. Chissà che non sia un po’ come cadere. Precipitare ogni volta dentro passi più piccoli. Calibrare la distanza, rallentare, aggiustare l’andatura. E quando Miriam tenderà la mano, a destra o a sinistra, fare in modo che trovi anche la mia. Ora cerco il suo sguardo che si inonda di meraviglia mentre un orizzonte azzurro si apre di fronte a noi. Quando scendiamo dall’auto mi sembra di assistere a un miracolo: Miriam fa un giro largo con lo sguardo. È un giro così largo che sembra abbracciare ogni cosa e trattenere il più piccolo particolare. Poi sorride come se avesse visto ciò che a me non è concesso vedere. Mi prometto di imparare da lei, da questa bambina. Proverò a cercare di trattenere il mare, questa felicità, con uno sguardo.
Avete messo Mi Piace6 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Mi ha emotivamente colpita la sensibilità dello scrittore nel racconto.
Molto toccante.
Complimenti, Mattia, un testo molto bello, di quelli che ti lasciano orme di passi sulla pelle.
Scritto benissimo. Mi ha colpito come tu sia riuscito a entrare perfettamente nei panni di questa bambina, a trasmetterci il suo punto di vista, a cogliere esattamente il suo sentire. Bravissimo.
È dolcissimo il tuo racconto, come un sorriso accennato su un volto dalla barba ispida
Non è facile commentare un testo così bello e particolarmente delicato perché non sai se esprimere apprezzamento per come è scritto, veramente bene, oppure confessare quell’emozione che ti ha attanagliano lo stomaco. Il tema è veramente difficile da trattare perché stiamo parlando di una realtà così diffusa. Eppure, scegliere il punto di vista maschile è veramente riuscito. Essere una donna, in questo caso due, e sentirsi guardare così è splendido. Bravissimo
“Proverò a cercare di trattenere il mare”
Questo passaggio mi è piaciuto
Un modo di scrivere che tocca sempre il cuore.
Un racconto molto delicato, e davvero ben gestito (anche stilisticamente) il dialogo tra Luca e Miriam.