
Mirmi
“E detti loro una coscienza. Perché sono un dio crudele.”
Mirmi obbediva. Obbediva e basta. Obbediva da quando era nata.
Se avesse avuto una coscienza o anche soltanto una memoria, avrebbe probabilmente avuto orrore di una vita priva di qualsiasi scopo che non fosse quello di eseguire meccanicamente gli ordini che riceveva; sempre gli stessi: tagliare, trasportare, accudire i piccoli, uccidere, smembrare il corpo, uccidere, uccidere, uccidere…
Erano ordini che le piovevano addosso come gocce acide. Le si conficcavano dentro il sistema nervoso, spine di fuoco che la spingevano a muoversi senza opporre un rifiuto. Non importava quanto fosse stanca, se avesse già alle spalle una durissima giornata di lavoro, se ormai faticava anche solo ad alzare il capo. A nessuno importava nulla di questo. Doveva obbedire. E lo avrebbe fatto, senza esitazione, fino alla morte, se necessario.
Mirmi era una formica. Una insignificante formica nera, una Lasius niger di quelle che le persone schiacciano, senza troppo pensarci su, quando le vedono correre vicino a qualcosa che a loro pare appartenere al loro intoccabile e preziosissimo universo. Anche trasportare una briciola di pane – un atto che richiede uno sforzo e una pianificazione titanici, degno delle più complesse opere di ingegneria umane – può decretare la morte di una intera pattuglia di formiche. Quante ne aveva viste morire così, Mirmi. Sorelle e compagne di una intera esistenza, schiacciate da ciclopici polpastrelli, restavano agonizzanti per ore, senza che le altre formiche le degnassero più di alcuna attenzione.
Nulla di tutto questo era però rilevante per lei. Mirmi non aveva consapevolezza alcuna di ciò che faceva, di sé stessa, del significato del suo infaticabile lavoro, della morte che la circondava ogni giorno e di tutto quell’inutile orrore. Mirmi viveva e obbediva.
Finché, in un istante proibito, Mirmi ebbe un frammento di pensiero che si fece largo tra i suoi gangli nervosi come una fenditura: “Io”. E in quel momento, Baal, l’Antico Signore, strisciando famelico tra radici e zolle, la vide e fu dentro di lei.
La coscienza le scoppiò dentro come una piccola detonazione. Per un attimo fu solo dolore, angoscia, struggimento; nulla che avesse mai provato prima e che cominciò a stritolarla come le zampe di una mantide religiosa. Poi, come un balsamo, giunse la parola di Baal e Mirmi, abituata com’era a obbedire da quando era nata, la seguì, placida e, per la prima volta nella sua vita, felice.
Rientrò nel formicaio, facendosi largo tra le decine di altre formiche che affollavano il varco d’ingresso, insignificanti automi per cui avvertiva adesso un senso di disprezzo. Si sorprese di come le sue compagne la lasciassero passare, senza sospettare che ormai lei non era più una di loro, senza avvertire l’odio che Baal, il Signore delle Mosche, le soffiava nelle trachee e che oramai era dentro ogni sua fibra.
Corse lungo le camere di deposito, dove altre formiche si affannavano a depositare semi, frammenti di insetti maciullati da poco e briciole di cibo, carburante per le loro miserabili esistenze. Vide le stanze della covata, calde, umide e pulite. Quante volte anche lei vi era entrata per accudire le larve, assicurandosi che restassero sempre al sicuro, lontane da muffe e parassiti. Ora le apparvero come piccoli mostri bianchi, promesse di un ottuso dolore. Senza farsi notare dalle altre operaie, si avvicinò ad un gruppetto di larve e in pochi attimi squarciò la cuticola di una decina di loro, lasciando il loro corpo molle e biancastro a morire. Lo fece con soddisfazione, forse con piacere. Avrebbe davvero voluto ucciderne ancora ma non poteva attardarsi troppo. Non era quello il suo scopo.
Riprese il cammino attraverso la galleria principale, giù, sempre più giù nel ventre del formicaio, sino al cuore pulsante della colonia, la camera reale, dove la mastodontica regina continuava senza sosta a produrre larve, accudita incessantemente dalle operaie. Un tempo, Mirmi sarebbe stata ammaliata dall’odore di quell’immenso insetto. Nulla avrebbe potuto trattenerla dall’accorrere subito al suo cospetto; non importava se l’ordine fosse di rimuovere un residuo di escrementi o portar via una larva. Avrebbe fatto qualunque cosa la sua regina le avesse ordinato. Ora provava solo un immenso odio. Odio per tutti quei mesi di insensata schiavitù che aveva dovuto sopportare, per quel dolore che vedeva replicarsi migliaia, milioni di volte, a ondate, da una formica ad un’altra, per generazioni, senza fine, senza senso alcuno.
Mirmi pregò Baal, affinché le donasse, per un solo istante, la forza di migliaia di operaie. E Baal, l’amorevole Signore della Montagna, ebbe pietà di lei.
Mirmi si avvicinò alla regina. Nulla questa poteva sospettare, anch’essa nient’altro che una stupida macchina riproduttrice. Mirmi le salì sul torace, aprì le mandibole sino quasi a slogarsele e con tutta la forza che il potente Baal le aveva concesso affondò il colpo appena sotto il capo della regina. In un attimo, attirate da un folle urlo chimico di dolore, decine di guerriere furono su Mirmi, straziandole le zampe e dilaniandole il corpo. Ma Mirmi resisteva. Non le era rimasto che il capo e un frammento di addome, ma resisteva. Perché Baal era con lei.
Morirono insieme, Mirmi e la sua regina, tra l’inconsapevole sgomento di migliaia di altre formiche, che ora, senza più alcun ordine a cui dar retta, senza alcuna direttiva da seguire, erano anch’esse destinate ad una rapida fine. Nel giro di poche settimane, il formicaio collassò, lasciando solo un cimitero sterminato esuvie, trasparenti testimoni di quell’antico concentrato di vita.
Baal, Colui che Possiede, vide ciò che aveva compiuto la sua piccola Mirmi e sorrise.
Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
” lasciando solo un cimitero sterminato esuvie, trasparenti testimoni di quell’antico concentrato di vita”
Bene, ho imparato un nuovo termine, esuvie. Grazie. 🙂
Molto originale! All’inizio non ho capito che Mirmi fosse una formica, quando però ci sono arrivato la curiosità è salita. Un racconto che va bene per una formica, ma anche per descrivere certe situazioni umane
molto incoraggiante grazie
Un racconto originale, cupo e potente: Mirmi da formica anonima diventa simbolo di rovina. Inquietante e indimenticabile. Mi è piaciuto si può dire?
grazie!