
National Lottery
Il sole aveva fame.
Lo avevano capito finalmente. Non era stato facile superare secoli di pseudo-pensiero scientista e ritornare all’essenza di una verità così semplice.
Ma l’epidemia aveva aperto i loro occhi e avevano compreso: l’unico modo per impedire che tornasse era sfamare il sole, ogni giorno.
Sfamarlo con l’unico alimento che da sempre gli era grato: sangue umano. Solo e soltanto sangue umano. Niente cuore, fegato e altre frattaglie disgustose.
Sangue umano direttamente cavato dalle carotidi di migliaia di entusiasti e volenterosi martiri, ancora vivi e coscienti nell’atto di immolarsi per il bene di tutti.
Certo, non sempre erano tutti entusiasti e volenterosi e qualche accorgimento si era reso necessario, negli ultimi tempi.
Mai la violenza o l’inganno che il sole avrebbe aborrito. Le ostie dovevano essere pure e sincere, pena l’irrilevanza del sacrificio o, peggio, un rifiuto carico d’odio.
Per un po’ di tempo, per un bel po’ di tempo, l’immenso riconoscimento morale per i volontari e le loro famiglie fu più che sufficiente per motivarne schiere a presentarsi ogni sera sul luogo del sacro macello, pronti per il rito dell’alba a venire.
Poi fu necessario qualche piccolo rinforzo, come il riconoscimento di una modesta pensione per i figli piccoli sino alla maggiore età , la promessa di vedersi intestata una via nel paese natio… cose così, di poco conto, se paragonate all’incommensurabile servigio che i martiri rendevano, lasciandosi sgozzare come placidi capretti.
Quando anche questo non sembrò bastare più venne l’idea della lotteria. Non tutti i volontari avrebbero avuto il privilegio di essere immolati ma solo alcuni di questi, i vincitori della lotteria, i cui numeri venivano estratti ogni sera in streaming, miliardi di utenti incollati ai loro device in attesa. L’introduzione di questo aspetto ludico fece per un po’ il miracolo. Era tale il disappunto di non aver vinto che i candidati si presentavano più e più volte, finendo per saturare per interi mesi le capacità di smaltimento dei macelli.
Poi, quando ci si accorse che anche questo stratagemma cominciava a perdere vigore, si propose di estendere la partecipazione ai sacrifici alle migliaia di immigrati che ogni giorno sbarcavano sulle coste, senza peraltro rinunciare a questo côté giocoso che aveva dato così valida prova.
Intuizione felice, degna dei più abili governanti e sacerdoti, che avrebbe contemporaneamente affrontato la questione vitale della carenza di nuove ostie e mitigato un tema sociale a cui nessuno sapeva trovare soluzioni che non fossero basate su barbari e inumani respingimenti in mare.
Ecco come funzionava: ad ogni sbarco, raggiunta una soglia di migranti, si prometteva a tutti un’abitazione e un lavoro, a condizione che un buon numero di loro fosse disposto a partecipare a una lotteria a loro dedicata e, se del caso, a immolarsi, con animo lieve e grato, nei giorni successivi.
Patrick si candidò subito. Non fu difficile per lui la scelta.
Certo non era questo il suo animo quando intraprese la traversata. Ma allora era ancora con sua figlia, Maia, di appena un anno, l’unica per cui valesse la pena imbarcarsi in questa odissea. Ma era morta durante la traversata, mangiata da questo famelico mare nero, strappata dalle sue mani mentre cercava di raggiungere una gomena durante la tempesta.
Meglio dunque finirla così, tra le mani di questi idioti; uccidendolo, gli avrebbero reso loro un favore assai maggiore di quel ridicolo beneficio che credevano di ottenere dal suo sangue. Che massa di imbecilli! Ma occorreva essere cauti; dovevano credere che lui fosse addirittura contento di far la fine di un agnello.
Ma nulla più importava a Patrick. Voleva solo chiudere gli occhi per sempre.
Seguì dunque docilmente i suoi carnefici, tra gli sguardi pieni delle centinaia di disgraziati di ogni etnia che erano sbarcati con lui; sguardi ora pieni di compassione ora beffardi, di chi sa di avercela fatta, non importa se sulla pelle di qualcun altro.
Il patetico rituale prevedeva che Patrick fosse lautamente rifocillato la sera prima del sacrificio, soprattutto di carne, che a lui non piaceva, perché il suo sangue fosse adeguatamente ricco di emoglobina e assumesse quel bel colore rosso vivo che tanto era gradito al sole e a tutti gli astanti delle principali piattaforme social.
La notte passò tranquilla, Patrick sempre più confortato dall’illusione (sì, era senza dubbio un’illusione ma perché non crederle) che avrebbe tra poco rivisto la sua bambina.
Lo prelevarono all’alba e lo condussero al macello che, per queste occasioni, veniva allestito nello stesso centro di raccolta degli immigrati appena sbarcati. Non sempre era stato così. All’inizio, le ostie dei migranti venivano sacrificate insieme a tutti gli altri, presso i sacri macelli cittadini, ben attrezzati e igienici, come era logico che fosse.
Ma poi scoppiarono rivolte. I migranti che erano scampati alla selezione volevano essere convinti che le vittime venissero davvero sacrificate. Temevano infatti che se così non fosse stato sarebbero stati revocati loro i benefici promessi. E dunque volevano vedere, essere sicuri che il riscatto richiesto da questi demoni bianchi fosse davvero pagato per poi passare all’incasso.
Ecco dunque che si allestirono macelli in ogni luogo di raccolta. Spartani, certo, ma puliti ed efficienti. Coperti ma all’aperto così da consentire ai migranti di assistere direttamente allo sgozzamento (qualche maxi-schermo assicurava la visuale anche a chi fosse rimasto ai margini del piazzale).
Venne dunque chiamata a raccolta la pattuglia delle vittime di quella giornata. Prima di Patrick andavano sacrificati altri due, che aveva intravisto durante la traversata. Uno dei due era poco più che un ragazzino, visibilmente terrorizzato ma si deva un impressionante contegno per non darlo a vedere. L’altro un uomo di mezza età che Patrick aveva immediatamente percepito come rivoltante. In cuor suo sperò che la sua morte sarebbe stata particolarmente dolorosa ma sapeva già che non sarebbe stato così. I sacrifici dovevano essere rapidi e senza inutile violenza o dolore perché – gli avevano ripetutamente detto – il sole non avrebbe affatto gradito.
E dunque via il giovane e via anche il vecchio, senza grandi strazi, tra gli applausi dei migranti che approvano l’efficienza dei loro ospiti.
Patrick non si fece chiamare e si sdraiò da solo sul lettino di acciaio sacrificale. Non pensava a nulla se non a rivedere sua figlia.
Volse lo sguardo al suo carnefice, un infermiere fallito felicemente e inaspettatamente riconvertitosi a questo nuovo lavoro, e alla folla che premeva tutto attorno.
E allora la vide.
Tra le braccia di una donna che rideva e batteva le mani, c’era Maia. La sua Maia. Il corpo piccolo, il viso bagnato di lacrime, un braccio teso verso di lui, come se potesse ancora aggrapparsi a suo padre per salvarsi.
Il cuore di Patrick gli esplose nel petto.
Fece per alzarsi ma la folla scattò in avanti, feroce come un animale, timorosa che la vittima venisse meno al suo patto coi demoni bianchi. Vide la donna agitarsi, strattonare con violenza Maia che scoppiò a piangere, sempre fissandolo, quasi a chiedere aiuto.
Comprese. Si abbandonò sul lettino e il sacerdote affondò la cannula nell’arteria.
Morì dunque Patrick ma il suo cuore non era più puro. Era macchiato dall’amore.
E questo non piacque al sole.
Pochi giorni dopo, un’eclissi totale avvolse la Terra e il sole, sdegnato dal quel sacrificio impuro, vomitò il sangue di quel popolo dannato.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Quando la scienza fallisce, si ritorna ai primordi, a soluzioni dettate da ricordi ancestrali: dei antropomorfi che esigono sacrifici crudeli e vittime da immolare, pure e deboli. Qui, per fortuna, è proprio il soprannaturale (o la natura) a ribellarsi. Bravo, Gab!
Spiazzante, ed amaro. Ben scritto!