Naufragio 

C’è nessuno?

Chi sono io?

Ovunque io mi giri, vedo solo acqua. Un oceano sconfinato, quasi indeciso se lasciarmi spazio oppure no. 

Sono sola con me stessa, me lo conferma il mio riflesso nell’acqua. Ho paura dei fondali poco visibili, ma io stessa possiedo un fondale poco visibile.

La vastità mi spaventa. La grandezza mi spaventa. Forse temo di diventare ciò che sono destinata ad essere: inafferrabile, sconfinata, potente. Proprio come te, acqua. 

Infilo una mano dentro, e la linea appena sopra il mio polso definisce dove inizio e dove finisco. Siamo un tutt’uno.

Ritraggo la mano e occupo l’angolo rimasto asciutto attorno a me. 

Tutta questa sterminata quantità di acqua mi lascia sempre meno spazio per rimanere asciutta, come se mi volesse stuzzicare con un dilemma: entri o non entri? Vuoi guardarti da dentro oppure continui a rimanere una inerme spettatrice di te stessa?

Rimango ancora fuori dal mio essere. Prendo tempo. Ho paura? Sì, molta. 

Paura di scoprire chi sono veramente. Paura di essere lasciata all’improvviso, di essere dimenticata, di essere sostituita. Molto spesso mi divora dall’interno. Il mio cuore si stringe, lo stomaco si aggroviglia. 

Tengo io le redini del gioco. 

Mi alzo in piedi, come in preda ad un sentimento di grandezza improvviso e inaspettato. Domino, almeno per un momento, l’acqua sotto e attorno a me. Sottometto il mio essere.

Eppure, l’acqua mi rimanda l’immagine di una bambina affamata di approvazione. Ad un tratto, la superbia di prima scompare, lasciando spazio a una compassione inesplorata. Mi chino sulle ginocchia per poterla guardare più da vicino.

Cosa devo fare per farti rimanere? 

Come devo mutare per prolungare la tua presenza?

In passato, ho detto a quella bambina di aspettarmi lì, sul fondale, promettendole un ritorno che non si è mai concluso. Non è sofferente come pensavo, ha cominciato a farsene una ragione. Se la guardo negli occhi, però, scovo un barlume di fragilità, di rabbia, di rassegnazione.

Perché non sei tornata da me?  

Sono stata troppo impegnata, le ripeto, ma ho lavorato anche per te. Ho cercato di darti quello che desideravi…

Durante la mia lontananza, le dico, ho imparato molte strategie per colmare il bisogno di sentirsi accettata dagli altri.

Ora so che posso essere inospitale, scaraventandomi addosso a tutto ciò che intralcia il mio cammino. So anche che posso essere placida e trasparente, mettendo gli altri a proprio agio, invitandoli ad entrare. Quale versione di me, di te, preferisci? 

La mutevolezza è parte integrante di me. Mi sono abituata a variare per tenere tutto in equilibrio, ma a volte mi dimentico di quanto possa essere difficile… purtroppo, gli altri non sono pronti per il caos.

La bambina mi guarda con aria spaventata e la sua immagine si fa sempre più sfuggevole. Come un pesce, è inghiottita dagli abissi. 

Forse, penso, non era pronta per sentirsi dire chi è stata in tutto questo tempo.

Un’attrice dalle mille maschere? Un’ipocrita? Una disperata? 

No, mi rispondo. Sono stata solo una naufraga persa nel mare dell’umanità.

Idolatrare chi non si perde mai, chi rispetta nei minimi dettagli il proprio piano è rassicuranteIdolatrare chi come me si vuole perdere per poi, forse, ritrovarsi, è un azzardo.

Era proprio l’approvazione sociale quello che volevi?  Oppure stai cominciando ad accettare la tua eterna diversità?

Mi stringo le ginocchia al petto, crogiolandomi nella mia incertezza. 

Chissà, può darsi che sia arrivato il momento di perdermi anche in me stessa. D’altronde, sono io la persona più importante della mia vita. 

Ripenso a tutto il tempo che ho impiegato per placare la marea che ho dentro. Mi rendo conto che gli altri, molto spesso, sono troppo timidi per cavalcarne le onde, e talvolta non sanno nuotare. 

Ma io so nuotare, e non ho paura dell’ignoto. Forse è tempo di tornare da quella bambina per poter nuotare assieme e, quando sarà pronta, uscire in superficie per respirare. 

Come se captasse i miei pensieri più nascosti, ecco che riaffiora di nuovo. Questa volta mi sorride, tendendomi la mano. 

Accetto il suo invito a seguirla.

Ho trovato una risposta al mio dilemma: voglio conoscermi da dentro, e confondermi con l’immensità del mio essere. 

Benvenuta in te stessa, Alice. 

Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Ciao Alice, scopro ora questo tuo racconto. Coinvolgente, intimo e vero. Quelle che diamo al mondo sono costruzioni ad uso e consumo, spaventati di esporre un cuore e un’anima indifesi.

  2. È un pezzo riflessivo in cui perdersi. Complimenti perché descrive bene la paura, la solitudine e tutto ciò che questo può portare. E amplificare.
    Il messaggio finale, poi, è chiaro e arriva diretto come ci si aspetta.
    Ancora complimenti.

  3. Racconto particolare ed elaborato. Mi piace il flusso narrativo e rendi molto bene l’immagine di qualcuno completamente solo, quasi perso, circondato da un mare che a mio avviso è la metafora perfetta della società che ci circonda: fredda, profonda e sola.
    Alla prossima lettura.