
NAUFRAGIO
Anche sulla terraferma si può fare naufragio.
‘Le affinità elettive’ – J.W. Goethe
Venerdì.
Lea si è addormentata. Il pomeriggio è quasi finito, come il segreto incontro nella minuscola villetta in collina, acquistata con fatica dai suoi genitori. Prima di uscire bisognerà mettere tutto a posto: letto, asciugamani, ogni piccola traccia. È anche vero che in tutti questi mesi non si sono mai accorti di nulla; vengono qui quasi tutte le domeniche, a respirare un po’ di aria pulita.
Lea tornerà in città e si troverà con il suo ragazzo, al quale è assieme da otto anni. Domenica si sposa, è tutto pronto da settimane: l’appartamento, le bomboniere per gli invitati, i biglietti per il viaggio di nozze.
Victor la sveglia, comincia ad essere tardi; lei guarda l’orologio e con un sospiro si alza. Inizia a vestirsi, controlla il telefono. Con un sorriso gli chiede l’ultimo bacio della giornata.
“Mi sa che oggi dovremo dirci addio.”
Lea lo guarda, con lo sguardo imbronciato.
“Troveremo il modo per continuare a vederci” gli dice, dopo un sospiro “dovremo soltanto stare attenti.”
“Non credo che lo pensi davvero, stai per avviarti verso una nuova vita. Sarà tutto diverso.”
Lo guarda ancora, con un debole sorriso.
“Forse hai ragione, ma non ci voglio pensare; è stato un anno bellissimo con te. Faccio fatica a credere che finirà.”
“Non so nemmeno perché sia cominciato” dice lui, in tono scherzoso “in fondo eri già a posto, avevi il fidanzato…”
Lei finge di dargli un calcio, per zittirlo.
“Lui è l’amore, e lo sarà per sempre; tu sei la passione, e forse terminerà. Lui è dentro il mio cuore, tu invadi i miei sensi.”
Victor assume un’aria seria e le dice: “non si può avere tutto, nella vita.”
Fuori il cielo sta cambiando colore, annunciando la sera.
“E poi cosa te ne fai di un vecchietto come me?” continua, “hai trent’anni appena compiuti, io tra poco cinquanta.”
“È vero, sei quasi da ospizio, però adesso dobbiamo andare. Esci prima tu, come al solito, e accendi la moto solo in fondo alla discesa.”
Lea chiude bene la tapparella della camera, guarda in giro per l’ultima volta se tutto è in ordine. Chiude la porta con la chiave. Il piccolo borgo di periferia sembra deserto; sulla lunga via che conduce verso la città si muove un fiacco traffico di auto e motorini.
Sabato.
Sono le sei di mattina quando Davide si alza dal letto. Non è riuscito a chiudere occhio per tutta la notte. Ha la testa pesante e i muscoli indolenziti. Si è rigirato mille volte, continuando a guardare la sveglia, ma il tempo sembrava andare al rallentatore.
Dicono che la notte porta consiglio, e così lui ha deciso; non riesce a immaginare alternative.
Ieri il futuro suocero gli aveva chiesto se poteva passare a dare un’occhiata alla villetta in collina: un conoscente, che abita nella stessa zona, credeva di avere visto una luce accesa, ma nessuna macchina davanti all’ingresso. Era molto occupato con i preparativi per le nozze della figlia, mentre sapeva che Davide era già in ferie da qualche giorno.
Così lui era andato nel tardo pomeriggio, prima di incontrarsi con la fidanzata. Non c’erano luci accese, le tapparelle erano abbassate e tutto appariva tranquillo. Stava quasi per tornare indietro quando un uomo uscì dal cancelletto, spingendo una motocicletta. Aveva già il casco in testa, si guardò un attimo in giro e prese la lunga discesa, a motore spento.
Davide non sapeva cosa fare, aveva visto malamente il numero di targa, era indeciso se seguire la moto o chiamare la polizia.
Ma se era un ladro, non aveva niente con sé, nemmeno una borsa, nessun attrezzo da scasso. Mentre stava per scendere dalla macchina, per andare a controllare in casa, con le chiavi che gli aveva prestato il padre di Lea, la vide uscire; Lea, con gli occhiali scuri e un berretto sportivo, la vide cercare qualcosa nello zaino per poi avviarsi a piedi verso una traversa della strada principale. Dopo un paio di minuti, Davide riconobbe la sua utilitaria svoltare in fretta e dirigersi verso la città.
Allora nella sua mente prese forma un puzzle che da tempo lo riempiva di dubbi. Le tessere andavano ad unirsi, mostrando una immagine temuta e sinora rifiutata. La sera chiese a Lea dove fosse stata nel pomeriggio; poi, tornato a casa, fece qualche telefonata, e l’alibi della fidanzata crollò come un castello di carte costruito male.
Domenica.
La scena, vista da lontano, sembra statica, quasi immobile. Il caldo sole di settembre riempie di luce il sagrato davanti alla chiesa. Gli invitati, a piccoli gruppi, sono tutti usciti, indecisi se tornare a casa o aspettare ancora. È quasi mezzogiorno ormai, e la funzione doveva iniziare un’ora prima. Alle undici e mezza il padre di Davide aveva ricevuto un messaggio: <tutto bene.. sto andando a Berlino.. ci sentiamo questa sera>.
Subito aveva cercato di richiamare, ma il telefono risultava già spento. A Berlino c’è una filiale della ditta in cui lavora Davide da qualche anno, ma non aveva mai voluto andarci, malgrado le insistenze del suo capo. Ora tutti chiedono notizie al padre dello sposo, temendo qualche grave imprevisto. Lui non sa come rispondere, non sa nemmeno cosa pensare.
“Nessun incidente” dice alla fine “il matrimonio è rinviato; non chiedetemi di più!”
In chiesa sono rimaste quattro persone: don Mario, due chierichetti e Lea, ancora inginocchiata davanti all’altare pieno di fiori bianchi. Ha gli occhi chiusi e respira a fatica.
Fuori, sul sagrato assolato, c’è sua madre con il fazzoletto pieno di lacrime, c’è suo padre che guarda gli invitati tornare verso le macchine parcheggiate all’ombra degli alberi, c’è un quieto silenzio come al termine di un funerale.
Sono le dodici e mezza quando il sacerdote si avvicina a Lea e le dice sottovoce: “devo chiudere la chiesa.”
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Mi è piaciuto tanto che l’ho letto due volte, sei riuscito a romanzare con effetto una storia comune a tante altre.
Sono gli ultimi tre giorni di un naufragio iniziato un anno prima, perché non si conosce la data, ma la verità prima o poi viene fuori. In Sicilia diciamo “cu mangia fa muddica”: chi mangia lascia briciole. Ogni azione lascia segni del suo compimento, è inevitabile.
grazie, Francesco.. direi che il tuo commento è perfetto.. le affinità elettive, però, a volte travolgono..
Ciao Furio, faccio la voce fuori dal coro dei commenti e ribadisco che ‘quella’ frase mi fa impazzire. Complimenti
Ciao Cristiana.. grazie come sempre per il tuo vivace interesse verso i miei raccontini.. e poi, sottovoce, ti confesso una cosa: non me la sono (proprio) inventata..
Sapeva di ‘storia vera’ 🙂
““Lui è l’amore, e lo sarà per sempre; tu sei la passione, e forse terminerà. Lui è dentro il mio cuore, tu invadi i miei sensi.”
Questa frase mi fa impazzire. È possibile che convivano? Forse sì…
Uhm… il titolo non lascia molte speranze
è pur vero che Lea misura in se stessa una distanza, forse addirittura una divaricazione, fra “passione” ed “amore”. Se avesse sposato Davide sarebbe stata solo una metà di lei a contrarre il matrimonio. Che infatti, come tu ben dici, si trasforma in un funerale.
Commento molto corretto..nella vita spesso bisogna fare scelte difficili.. ma a volte la tempesta ci travolge prima..
Grazie per la lettura
Bello questa anti-favola senza lieto fine (senza lieto fine?).👏🏻
*Bella
Diciamo una triste fine.. ma forse inevitabile.. come molti naufragi..
Grazie per la lettura
Menomale che ci ha pensato Davide. Questo, come altri tuoi racconti che ho letto, hanno il pregio della linearità e trattano questioni del comune vivere, senza apparire scontati. Bravo.
Grazie molte.. mi piace la sintesi, forse a volte pure eccessiva.. ho scritto anche racconti più lunghi, ma questa dimensione mi attira parecchio..
Ciao Furio, complimenti, sei riuscito a scrivere un racconto tutto da godere ed originale su un tema (l’abbandono al momento del matrimonio) sul quale si è scritto e messo in scena tanto. Mi è piaciuto.
Ti ringrazio.. magari è più facile che sia la sposa, a disertare..
” 😃 ❤️ 😂 👏 “
❤️ ❤️ ❤️ ❤️ ❤️