Né vivo né morto

Serie: La buca


Dormii forse due ore quella notte. Ero eccitato, spaventato e una miriade di altre cose che non so come descrivere. Mi svegliai presto per prepararmi. Sammy mi sarebbe venuto a prendere alle nove, alle sei ero sotto la doccia tentando di immaginarmi ogni possibile scenario riguardante la discesa. Uscito dalla doccia mi asciugai e mi vestii con calma, rimuginando. Cominciai a preparare l’attrezzatura e decisi di aggiungere un nuovo componente, un vecchio coltello con tanto di piccolo fodero in pelle. In questo modo se fossi riuscito a trovare una parete di roccia, o un ipotetico fondo, avrei potuto prelevare qualche campione. Mi sedetti davanti la mia collezione di minerali e feci due profondi respiri, più si avvicinava l’orario prestabilito più il mio battito cardiaco aumentava. Sembrava di avere una bomba a orologeria nel petto. Il suono improvviso del campanello mi strappò a un probabile attacco di panico, che io stavo combattendo tentando di rimanere assolutamente immobile. Dopo qualche secondo il campanello risuonò una seconda volta, era arrivato il momento di andare.

Durante il tragitto non proferimmo parola e il silenzio regnava nell’auto di Sammy. Un silenzio teso, un silenzio che faceva più rumore di mille parole strillate a squarcia gola. Arrivati mi misi in fretta l’imbracatura e fissai alla cintura la fondina con il coltello. Andai sull’orlo della buca e fissai il suo interno, incantato. Sammy mi si accostò, fece per accendersi una sigaretta ma l’accendino gli scivolò dalle mani cadendo dentro la buca.

– Hai un accendino? –

– No – risposi

– Beh ora dovrai tornare per forza, uno perché mi devi riportare l’accendino e due perchè a questo punto ti aspetto per questo tabbaccone – era serissimo

– Ma compratene un altro – dissi sorridendo

– Oh ma che cazzo vuoi? Me l’ha portato tua madre dall’Africa ci tengo – tentò di trattenersi per un attimo, poi scoppiò in una fragorosa risata.

Risi anche io. Ci abbracciammo e iniziai a calarmi nell’oscurità della buca.

Ero concentrato. La mia attenzione era rivolta a ogni particolare suono, movimento o sensazione. Bastarono pochi metri di discesa e cominciai a provare quel senso di benessere. Per qualche secondo riuscii a mantenermi lucido, poi il piacere prese il sopravvento sul mio corpo e sulla mia mente. Era un piacere quasi doloroso, come quando il ghiaccio è talmente freddo da bruciarti. Sentii di nuovo l’universo pulsare all’unisono con il mio cuore. All’improvviso un’esplosione sorda, come fosse dietro una porta chiusa. Poi il silenzio, l’oscurità. Stavo cadendo, ne ero sicuro, ma non un filo di vento smuoveva i miei capelli o i miei vestiti. Mi accorsi di stare stringendo qualcosa nella mano destra, la avvicinai agli occhi e nel buio scorsi il mio coltello. Dietro di me, ancora saldamente fissata alla mia imbracatura, la corda con la quale mi stavo calando, tagliata di netto.

È da qui che vi scrivo miei cari lettori, se ce ne sono. Né vivo né morto, né in quiete né in movimento. Ma calmo, incredibilmente calmo. Non ho paura e non provo né rimorsi né nostalgia né nient’altro. Semplicemente sono, o almeno penso di essere. Il mio cuore batte, il mio sangue scorre ma posso davvero considerarmi vivo? Solo, in una landa oscura e desolata. Una cosa è rimasta del vecchio me, il desiderio di sapere. Sapere dove sono, sapere della buca. Non penso potrò mai scoprirlo, ma se qualcuno là fuori sta leggendo queste parole vuol dire che c’è un’uscita. Forse voi saprete che fine ho fatto. Forse queste pagine non verranno mai trovate, e allora io non le avrò mai scritte.

Serie: La buca


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