Nebbie e incontri
Serie: Rimozione
- Episodio 1: Riflessioni di un terapeuta
- Episodio 2: Un bravo fratello maggiore
- Episodio 3: Una situazione anomala
- Episodio 4: Nebbie e incontri
- Episodio 5: La resa dei conti
STAGIONE 1
Mi è sempre piaciuto quel periodo dell’anno in cui l’aria prende l’odore specifico della morte intorno.
In realtà, si tratta di uno dei momenti più ricchi di vita nell’arco delle stagioni.
È la fine dell’estate, invece, a portare la morte nel mondo; e la lascia lì, quando si ritira per seguire il sole ad ovest, mentre le ombre si allungano…
Tra ottobre e novembre, invece, la terra pullula di nuova vita. Sfiorando il terreno con la mano, si avverte come un battito leggero, una specie di respiro: ci ricorda che anche ciò che è morto continua il suo percorso verso il nulla, con l’aiuto dei batteri e degli insetti necrofagi.
Un conto è essere qui, aggrappati a questa manciata di anni che ci occupano completamente, a dibattere su cosa ci aspetta – se il nulla o qualcos’altro, e allora cosa; ben diverso, credo io, l’aver saltato il fosso.
Non andavo mai a trovare mio padre al cimitero, ma in quel periodo dell’anno mi era più facile.
Facevo sosta al cimitero tornando dallo studio. Me ne stavo per qualche minuto davanti alla sua tomba, in silenzio. Sebbene fosse sempre più o meno la stessa ora, ogni sera il buio arrivava prima.
Non portavo mai nulla, né un fiore, né un lumino.
Non venivo a portare doni, ma a riceverli.
Una sera, ci trovai Luca. Mi sorprese. Non avevo mai pensato che anche lui potesse attenuare, a quel modo un po’ pagano, l’assenza che sentiva.
Restammo uno accanto all’altro, senza parlare. Credo fossimo entrambi consapevoli di non essere lì per la stessa persona.
Io ero venuto per il giovane uomo che mi leggeva Pinocchio, suonava Giochi proibiti alla chitarra, e qualche volta, la domenica mattina, mi mostrava come riparare la gomma bucata della bicicletta, usando il ritaglio della camera d’aria di un vecchio copertone, e una bacinella piena d’acqua; che ordinava al cinese, quando mamma non era in casa, perché non aveva idea di come usare le padelle.
A Luca, ormai avviato alla calvizie e alla pinguedine, papà aveva letto Harry Potter, e l’aveva iniziato al cinema e alla cucina – alla quale aveva preso passione quando io ero ormai fuori di casa.
Sono cose che capitano, quando il tuo unico fratello ha quasi quindici anni meno di te.
Eravamo stati, per lui, due amici in due epoche differenti della vita.
Mi allontanai per primo. Quando mi voltai, Luca era ancora là.
Alla fine di ottobre, per l’ennesima volta, la seduta andò ad incagliarsi sulla fuga da casa di Lelù.
Ritengo sia stato questo a motivarmi ad agire in concreto.
Quella ragazzina passava fuori troppo tempo perché la cosa non cominciasse a diventare rischiosa. Oltre tutto, era pure minorenne. Se Luca si fosse comportato a quel modo, di certo mia madre avrebbe già chiesto aiuto da un pezzo.
Parlai chiaro con Aida.
“Non può permetterle di comportarsi così. È molto pericoloso, e non credo che ciò di cui la ragazza ha bisogno sia questo eccesso di libertà incondizionata…”
Feci una pausa, per mitigare quella che aveva tutta l’aria di essere una strigliata coi fiocchi.
È sempre un grosso rischio parlare con franchezza ad un genitore, soprattutto quando è un pessimo genitore. I cattivi genitori cercano di sembrare innocenti molto più di quanto non facciano i buoni genitori; e, naturalmente, sono assai più inclini alla belligeranza, quando si tratta di difendere la presunta perfezione del loro stile educativo.
Ma dovevo prendere una posizione. Non potevo comportarmi come se avessi paura di lei.
“Forse dovrei passare a trovarvi a casa, uno di questi giorni… Per valutare un po’ meglio la situazione. Lei cosa ne pensa, Aida?”
Mi risultò davvero sorprendente la sua resa incondizionata. Pareva che non aspettasse altro.
“Oh sì, dottore, venga, venga lei! Lelù non accetterà mai di venire qui. Ma, se lei ci parla, magari capirà che così non si può andare avanti…”
“Ma certo. Possiamo fare anche questa sera, se vuole. Le do un colpo di telefono quando esco di qui, così vediamo come regolarci… D’accordo?”
Cercavo di sembrare comprensivo, accomodante; sebbene il pensiero di quella ragazzina nascosta chissà dove, chissà con chi, rendesse il tutto decisamente faticoso.
Per strada, mentre andavo alla macchina, incontrai Luca. Si guardava intorno con quella sua espressione tipica, come se non avesse mai idea di dove si trovava di preciso.
Lo salutai di lontano, lui mi sorrise e mi venne incontro.
“Dove te ne vai, col buio?”
Fece un gesto vago, che poteva indicare tutti i posti e nessuno.
“Faccio quattro passi.”
“Sei un po’ lontano da casa.”
“Casa è dove ti portano le scarpe” commentò.
Ci aveva messo la serietà di una citazione colta, ma avevo l’impressione che se la fosse inventata lì per lì. Mi sentii un po’ in colpa.
Non pensavo mai a quelle bottiglie nascoste, a come dovesse essere la sua vita tra le pareti di casa. Avrei affrontato anche quella faccenda, ne avrei parlato con mia madre, se occorreva… Non poteva lasciarsi andare a quel modo, non con un figlio da crescere.
“Vuoi un passaggio?”
“Non importa, preferisco camminare.”
“Allora ci vediamo domani sera verso le otto?”
Alzò le spalle, senza dire né sì né no; poi si incamminò nella direzione opposta alla mia.
Immaginai che l’avesse deciso lì per lì, quando aveva visto da che parte andavo io.
Scrollai le spalle, cercando di convincermi che la cosa non mi ferisse.
Per strada, telefonai ad Aida, come d’accordo. Rispose dopo un numero così abbondante di squilli da farmi pensare che avesse dimenticato il cellulare da qualche parte; o, peggio, che avesse cambiato idea.
Stavo quasi per rinunciare, quando alla fine venne al telefono.
“Pronto.”
“Aida, sono il dottor Ravelli. Allora? Ci sono novità?”
Silenzio, come se cercasse di capire di cosa stessi parlando. Aveva forse preso qualcosa?
“Aida?”
“Sì, dottore, ecco… No, Lelù non è tornata.” Poi, dopo una pausa: “Lei cosa fa? Viene ugualmente?”
Sentivo il suo bisogno di una risposta affermativa come una coperta bagnata appiccicata al corpo.
Se mai avevo conosciuto una donna disperata era lei. Forse era anche colpa mia, mi ero lasciato un po’ trascinare, quel pomeriggio, l’avevo fatta sentire più colpevole di quanto meritasse…
In fondo, Lelù era quasi una donna, avrebbe anche potuto trovare una forma di protesta differente.
Risposi che stavo arrivando, ricevetti più ringraziamenti di quelli che pensavo di meritarmi, e riagganciai.
Potevo seguire la superstrada per la maggior parte del percorso, ma ad un certo punto fui costretto ad uscirne, immergendomi nel buio, già piuttosto fitto, di quella sera di fine ottobre.
La strada correva tra due campi piatti, arati di fresco, da cui si alzava la nebbia, illuminata dai fari della mia auto e dal cerchio di luce dei lampioni, piazzati a una certa distanza uno dall’altro.
Ad un tratto, a lato della carreggiata, vidi una sagoma in movimento, che marciava nella mia stessa direzione.
Accostai poco più avanti. Quando mi raggiunse, vidi che mi osservava con una certa curiosità, mista ad allarme. Temendo che fosse pronta a schizzare via attraverso il campo, indossai la mia migliore espressione tranquillizzante, prima di abbassare il vetro del finestrino.
“Lelù?” Fece un passo indietro. Mi affrettai a proseguire.
“Sono il dottor Ravelli, il terapeuta della tua mamma. Stavo giusto andando a farle visita. Posso darti un passaggio?”
Non commentò, limitandosi ad aprire la portiera per poi sistemarsi sul sedile accanto al mio.
Serie: Rimozione
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- Episodio 2: Un bravo fratello maggiore
- Episodio 3: Una situazione anomala
- Episodio 4: Nebbie e incontri
- Episodio 5: La resa dei conti
Non so se il mio presagio si avvererà oppure no, forse la mia immaginazione galoppa un po’ troppo XD
Resta il fatto che sto leggendo proprio una bella serie, ben scritta sia dal punto di vista della forma sia da quello del contenuto. (Bellissime quelle considerazioni iniziali sull’autunno) Al prossimo e ultimo episodio!
ci siamo quasi… abbi fiducia.
Ti ho letta sorseggiando un caffè preparato più come rimedio contro un mal di testa fotonico che come bevanda, con il sottofondo dei colpi assordanti dei vicini intenti nella ristrutturazione di casa che salivano su dalle scale del palazzo, e mi hai subito migliorato la giornata.
oh, cielo! conosco la situazione, sia il mal di testa che la ristrutturazione… non so con che faccia la chiamino così, sembra che non facciano altro che rompere cose!! sono contenta di averti aiutato, comunque XD
“come una coperta bagnata appiccicata al corpo.”
Magistrale
“e la lascia lì, quando si ritira per seguire il sole ad ovest, mentre le ombre si allungano…”
❤️
Intrigante ed inquietante. Hai ufficialmente ed efficacemente aperto i due fronti bellici con questo gran bel racconto. Luca (e sua madre) da una parte, Lelù e sua madre dall’altra. In mezzo, il nostro protagonista. Temo per la sua stabilità mentale.
fai benissimo…. alla prossima per l’ultimo episodio!!