
Nel regno di Camilla
Serie: Del mio racconto di amore e amicizia per Camilla
- Episodio 1: La professoressa Camilla Mordelli
- Episodio 2: Io, Marta Zaia
- Episodio 3: La mia dolce Clara
- Episodio 4: Pomeriggi
- Episodio 5: Disegni a matita
- Episodio 6: Cartelle colorate
- Episodio 7: L’invito
- Episodio 8: Batte così forte
- Episodio 9: Nel regno di Camilla
STAGIONE 1
L’ultimo piano era il quinto. Dieci rampe di scale a piedi mi avevano stremata e sentii il bisogno di fermarmi per riprendere fiato. Le gambe erano diventate molli e tremavano per la fatica. Rimasi immobile sull’ultimo gradino, con entrambe le mani saldamente ancorate al corrimano per non perdere l’equilibrio e cadere.
A differenza dei piani sottostanti, ben illuminati, l’angusto pianerottolo di quell’ultimo piano era invece avvolto dall’oscurità. Non vi era nessuna fonte di luce, naturale o artificiale. Tuttavia, per fortuna, una porta socchiusa a metà, e pensai di proposito, permetteva a un debole bagliore proveniente dall’interno di un appartamento, di diffondersi sul pianerottolo, offrendo quel tanto di luminosità necessario per orientarsi. Constatai che quella porta aperta a metà era l’unica, non ve ne erano altre. Ma il mio sguardo non fu tanto attratto dalla porta, quanto dallo zerbino che vi era posizionato davanti. Il suo colore catturò la mia attenzione: un giallo vivido, che, irradiato dalla luce proveniente dall’appartamento, sembrava assumere una tonalità ancora più intensa. Sopra c’era scritto qualcosa che non riuscivo a decifrare da dove mi trovavo. Mi staccai dal corrimano, salii l’ultimo gradino, e raggiunsi il tappetino in pochi passi. Ero curiosa di scoprire il messaggio riportato. Abbassai lo sguardo e lessi.
Benvenuti nel regno di Camilla.
“Il regno di Camilla”, ripetei sottovoce. Rimasi immobile per un po’, ipnotizzata da quella frase. Poi, osservai le mie scarpe. Mai avrei potuto permettere che, sporche e bagnate come erano diventate a causa del maltempo, avrebbero potuto calpestare e infangare il nome Camilla che avevo appena letto. Me ne liberai e le sistemai accanto allo zerbino, ben distanziate in modo che non potessero sporcarlo. Sarei entrata nel regno di Camilla scalza. Posai i miei piedi, che adesso sentivo liberi e leggeri, sullo zerbino, allungai la mano verso la maniglia della porta d’ingresso e con un movimento misurato, la spinsi verso l’interno.
“Professoressa, sono Marta. Sono arrivata” annunciai.
Attesi davanti alla porta. Non udii nessuno rispondermi. Forse, restando fuori, non potevo essere sentita, pensai.
“Professoressa?” chiamai di nuovo, alzando il tono della voce.
“Marta, entra e chiudi la porta per favore. Io fra poco arrivo con il tè” sentii rispondermi da lontano.
Entrai. L’appartamento si rivelò piccolo, ma ben organizzato. L’ingresso era un corridoio breve e accogliente. Sul lato destro, due porte chiuse sembravano custodire gli spazi privati del bagno e della camera da letto. A sinistra, invece, si estendeva tutta aperta la zona giorno, seguendo la lunghezza del corridoio.
“Accomodati sul divano”, sentii l’invito della professoressa provenire ancora da lontano, come se avesse intuito dove mi trovassi. Mi sembrò di essere comandata a distanza, una sensazione che trovai alquanto bizzarra. La regina Camilla ancora non si palesava ai miei occhi.
Mi guardai intorno, lasciando che lo sguardo percorresse ogni angolo di quella zona giorno raccolta e intima. L’ambiente era contenuto, quasi ristretto rispetto agli ampi spazi, ai quali ero abituata, della mia casa, ma la luce dorata di una grande lampada sospesa dal soffitto, che, a dire il vero, mi sembrava fin troppo basso, avvolgeva tutto in un bagliore caldo e accogliente.
Al centro, come un’isola posata sul pavimento, si stendeva un tappeto ampio, dal tenue colore verde mare, di forma rotonda. Su di esso, cuscini di ogni forma e sfumatura erano disseminati senza ordine apparente, come se attendessero qualcuno che vi si abbandonasse sopra. Mancava un tavolino, un elemento che ci si sarebbe aspettati in una stanza simile, eppure l’assenza di tale oggetto non faceva altro che accentuare l’atmosfera inconsuetamente essenziale.
Alla mia destra, lungo la parete, si trovava un divano giallo, lo stesso colore dello zerbino, osservai con curiosità. Mi sembrò nuovo, privo delle pieghe lasciate dal tempo e dall’uso, come se mai nessuno si fosse seduto. Ai suoi lati, come guardiani silenziosi, due credenze di stile dissonante si ergevano senza apparente coerenza, spoglie di qualsiasi ornamento. Il loro posto sembrava quasi casuale, un dettaglio volutamente trascurato.
Mi mossi lentamente, lasciando che il mio sguardo raggiungesse la porta finestra a due ante, che apriva, da quello che si poteva intuire, su un piccolo balcone. I vetri delle ante, prive di tende, riflettevano l’oscurità della sera. Mi sedetti sul divano, felice di poter finalmente riposare, e fu allora che notai il divisorio di vetro opaco di fronte a me, a poco più di tre metri di distanza. Separava la cucina dal salotto, celando dietro di sé movimenti lievi, il suono discreto di tazze e posate che si sfioravano. Poi, d’improvviso ci fu silenzio, e il divisorio si aprì, lentamente.
A piedi nudi, avvolta in un kimono di seta bianco punteggiato da raffinati motivi floreali, una ragazza avanzò con grazia. Giunta al centro della stanza, si chinò e posò con cura un vassoio sul tappeto, lasciando che la fragranza del tè si diffondesse lieve nell’aria. Si alzò, come una dea in tutto il suo splendore, e mi sorrise.
Io la guardai incantata, e solo quello riuscii a fare.
Serie: Del mio racconto di amore e amicizia per Camilla
- Episodio 1: La professoressa Camilla Mordelli
- Episodio 2: Io, Marta Zaia
- Episodio 3: La mia dolce Clara
- Episodio 4: Pomeriggi
- Episodio 5: Disegni a matita
- Episodio 6: Cartelle colorate
- Episodio 7: L’invito
- Episodio 8: Batte così forte
- Episodio 9: Nel regno di Camilla
Un episodio davvero delizioso in cui dedichi particolare cura alla scelta dei termini che dovranno imprimere nella testa di chi legge l’immagine del ‘regno di Camilla’. Questa in effetti è la mia impressione. Ciò che narri non è reale, bensì immaginato. Gli occhi della protagonista sono quelli di una donna affascinata a priori, catturata, coinvolta. Questo è il motivo per cui tutto le appare caldo, confortevole, avvolgente. Attraverso di lei, anche noi lettori ci guardiamo attorno e siamo liberi di lasciaci condizionare. L’apparizione della professoressa è una folgorazione. Il bianco è il colore della purezza e altro colore il kimono non poteva avere. Mi chiedo se la realtà saprà essere quantomeno al pari della fantasia. Sappiamo, d’altronde, che l’infatuazione si realizza proprio quando la seconda supera la prima.
Grazie Cristiana. Marta sta vivendo una favola, sogna a occhi aperti. Ma prima o poi dovrà affrontare anche la realtà.