
Nella carrozza dei miseri
Serie: Un'altra vita violenta
- Episodio 1: Genesi
- Episodio 2: Binari paralleli
- Episodio 3: Nella carrozza dei miseri
STAGIONE 1
Sapeva che per buona igiene tutti fossero tenuti a pulirsi frequentemente, ma era anche vero che ogni volta che andava nei bagni pubblici vedeva tutti quegli uomini che non risciacquavano le mani con sapone. Com’era? Aveva letto tempo addietro che spesso gli uomini non si lavano le mani perché hanno paura di essere confusi per donne, oltre a poter essere inconsapevoli o pigri. Ma perché era arrivato fino a quel punto? Bah, si sedette su una sedia, con lo zaino appoggiato sulle ginocchia perché per terra c’era troppa sozzura. Se ogni città era di tutti, e le strade pure, non era dovere comune prendersene cura? E sapeva che non aveva da dirlo, perché non tutti avrebbero avuto una buona reazione. Ma perché prendersela se viene fatto notare una mancanza di responsabilità? Non è un capo d’accusa, ma una sola osservazione utile. In fondo bastava essere rispettosi: no, non era vero, perché non sempre il rispetto viene ricambiato.
Si disse che gli conveniva mettersi a studiare per le prime lezioni, visto che aveva già raccattato appunti sui corsi che gli toccavano nel semestre veniente. Si disse che stava solamente scappando da una questione importante perché non capiva il comportamento delle persone, ma continuò a sfogliare delle slide.
Colpi di venti che frustavano le persone sedute o in piedi sulla piattaforma, e di tanto in tanto qualcuno che sputava per terra, qualcun altro che si lamentava dell’odore di urina che infestava il luogo. Il tintinnare del treno che rallentava mentre si avvicinava, e lo stridore delle ruote contro i binari.
Si alzò in piedi e superò la linea gialla.
Dentro, si sedette e si rimise lo zaino sulle ginocchia, con le mani che quasi lo abbracciavano.
Il treno ripartì, e qualcuno malauguratamente scivolò all’indietro per inerzia, e lui ricominciò a leggere il materiale.
Primo giorno, dunque, e già sentiva la voglia di tornarsene a casa, serrare tutto e rimettersi a letto, forse pure a leggere, e invece bisognava tornare all’università per i corsi e poi dare gli esami, e questo per laurearsi. Tanta fatica per un breve momento di gloria; si chiese a che pro fare quelle fatiche. Per soldi o per passione? Per ricerca di una qualche forma di conoscenza? Bah, non sapeva, forse era troppo presto per parlare, in fondo aveva fatto un solo anno e poteva essere che gli mancassero i mezzi per avere un quadro complessivo di ciò che faceva. Viveva giorno per giorno, un po’ come tutti quelli là che erano con lui nella carrozza, e ancora faceva fatica a gestire i problemi quotidiani. Era vero che la vita sarebbe stata solo più difficile con il passare del tempo? E allora qual era il fine di incoraggiare le persone a crescere e a impegnarsi? Per un lavoro che ti dà piaceri, sì (forse), ma soprattutto che ti mette in difficoltà e ti impone grandi sacrifici per un domani che forse non c’è nemmeno? Non è vero che di doman non v’è certezza? E allora perché complicarsi la vita solo per potersi sentire fieri di essere adulti?
Oppure era l’essere adulti che spingeva le persone a prendersi difficoltà solo per sentirsi orgogliosi? Ma l’orgoglio non era di tutti? Orgoglio degli insegnanti, orgoglio degli studenti, dei genitori e dei figli, di chi cerca gloria e di chi la rifugge. La superbia era forse ciò che aveva spinto pure lui, Alberto, a studiare. Non riusciva a spiegarsi cosa l’avesse spinto a fare l’università, oltre a una passione e alla curiosità. Erano sentimenti sufficienti? Di certo no, altrimenti non si sarebbe seccato in così poco tempo di dover studiare per degli esamucci.
Almeno c’era un bel sole fuori dalle finestrate. I raggi riscaldavano le colline lontane e le pianure con le loro casupole agresti e vecchie, i frutteti e le viti di vino, le capanne di legno che odoravano da distante di fieno e lavanda, fiori di campo e sorrisi alla fine del sabato sera. Lande di terra su cui si muovevano le trebbiatrici, le greggi e le mandrie, i ragazzi che girano in bici fra le strade sterrate…bah, perché non fare come loro, che almeno la vita a lui sarebbe stata più semplice? Aveva la sensazione che stesse idealizzando qualcosa che non conosceva. Possibile?
Riabbassò lo sguardo sulle pagine che teneva ancora in mano. Se ne era quasi dimenticato, sorprendente. Mah, neanche tanto, visto che aveva neanche così tanta voglia, per quanto sentisse che fosse saggio cominciare sin da subito. Era saggio? Era una questione di cominciare il prima possibile, oppure di organizzarsi con tempo? Era corretto dannarsi l’anima a fare una cosa che non portava nemmeno alla felicità? E poi c’era pure da chiedersi se con un piccolo sforzo nel presente potesse guadagnarsi la serenità nel futuro, ma ecco che cominciava a soppesare la felicità presente con quella futura. Era tutto incerto, e andava bene organizzarsi con tempo e stare dietro agli impegni con regolarità, ma allo stesso tempo c’era da godersi il presente. Era possibile con quel perenne contrasto? Forse che sì forse che no.presente. Era possibile con quel perenne contrasto? Forse che sì forse che no.
Un bambino fece un suono di stupore guardando in una direzione, distraendo così Alberto. Volle capire a cosa fosse dovuta quella meraviglia, e diede un’occhiata fuori dal finestrino: era una torre alta che si stagliava contro le sfumature violastre del cielo. Sembrava sfidare le leggi della gravità, con l’enorme peso che doveva avere. Era quello a generare stupore nel bimbo? Comprensibile, per chi non è abituato ai grattacieli. A dire la verità, anche a lui faceva senso vedere una roba del genere. Un colosso che raccoglieva in sé nugoli di lavoratori, e che un’altra miriade di lavoratori aveva costruito. Uomini che lavorano per altri uomini. Oppure uomini che lavorano per denaro? In fondo, a chi di quelli là importava quali operai avessero sistemato le travi di metallo e cemento; e a quale operaio sarebbe stato necessario sapere per chi lavorasse al fine di poter fare il proprio lavoro?
Serie: Un'altra vita violenta
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- Episodio 2: Binari paralleli
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Pieno di riflessioni che spesso anche io mi ritrovo a fare… mi ci sono ritrovato 🙂