Nessun confronto lascia indifferenti

Serie: Il confronto


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Ci si può toccare nel punto debole per far male. Il bruciante colpo duole. Ma si può toccare nel punto debole anche per sbaglio, ma la ferita duole ugualmente.

Marta Stuart si alzò in piedi poggiando le mani sul banco.

“Sei solo un perdente” ripeté, questa volta sussurrando.

Giuliano Stellone si interruppe e alzò lo sguardo verso di lei.

Marta sembrava schiumare dalla bocca con gli occhi fissi in basso.

“Se io mi sento prospera mi devo sentire in colpa?”

Ci fu il silenzio, la classe ascoltava, curiosa come non mai.

“Se ho successo devo farmene una colpa?” continuò lei quasi urlando. “Questo tuo discorso fa di te un incivile. Che colpa ne dovrei avere io se per natura ho successo, se i miei genitori ne hanno avuto?”

Si girò verso Giuliano e disse “Tu, persona cattiva, dici questo per la tua mediocrità. Critichi me perché ti senti mediocre, perché non accetti di non riuscire, di perdere.”

Mi chiesi in quel momento quanto avessi diritto di intervenire, di limitare la situazione. Dovevo salvaguardare una persona in un dibattito o dovevo lasciare che il ragazzo si difendesse da solo?

Giuliano abbassò lo sguardo.

“Te non hai colpa del tuo successo quanto io non ne ho per il mio insuccesso. Non hai il diritto di trattarmi così, stronza.”

Uscì tutto come un sussurro detto tutto d’un fiato e Marta Stuart accusò il colpo. Era furiosa, ma non riuscì a trovare le parole per controbattere.

Alcuni ragazzi appoggiarono i temi affrontati da Giuliano, altri li controbatterono cavalcando l’onda delle tesi di Marta sul concetto di colpa, la quale rimase per il resto dell’ora in silenzio a sedere.

Non era la prima volta che due miei alunni in quelle ore si fossero detti qualche parolaccia, piccole cose sia chiaro, sicuramente tutti sotto al livello di stronza e quella parola, con il carico di gravità dato in un contesto come la scuola, aveva scosso leggermente l’ambiente.

Mi sorprese la reazione di Marta. Era una ragazza vivace, bionda con i capelli lunghissimi, una studentessa modello in tutte le materie.

I genitori, lei avvocatessa e lui imprenditore inglese, erano persone distinte e impeccabili, sia nel modo di presentarsi sia nell’educazione loro e dei figli, ma cosa era riuscito a toccare Giuliano con quelle parole per scatenare quella reazione?

Erano l’esatto opposto, lei espansiva e popolare, sempre circondata da amiche, lui introverso all’ennesima potenza, scambiava quattro chiacchiere solo con Alfredo Santoni, suo compagno di banco.

“Si sarà sentita prospera e accusata” pensai.

Appena suonata la campanella la vidi alzarsi di scatto e avvicinarsi a me.

“Vorrei sapere perché non mi ha difeso” disse con le sopracciglia corrucciate.

“Da cosa avrei dovuto difenderti?”

“Dalla sua maleducazione, mi pare ovvio” insisté indicando l’angolo di stanza dove era seduto Giuliano.

Guardai perplesso il ragazzo che se ne stava solo al banco. “Perché avrei dovuto difenderti?”

Vidi Marta Stuart iniziare a ribollire di rabbia.

“Mi ha dato di stronza davanti ai suoi occhi e lei non è intervenuto. Mi spiega che razza di professore è?”

Ora finalmente riuscii a vedere quello che fino a quel momento non avevo visto e che non avevo minimamente preso in considerazione.

“Vedi cara Marta, lui ha letto il suo pensiero e hai iniziato tu a offenderlo chiamandolo perdente, o sbaglio?”

Lei si ammutolì con gli occhi fissi su di me.

“Il modo di confrontarsi è importante, ma i sentimenti con cui si inizia un confronto sono altrettanto importanti. Se ti avessi difeso perché ti ha detto stronza avrei lasciato passare in sordina il perdente che ha ricevuto.”

“Non possono avere la stessa gravità le due parole” ribatté lei.

“Vorrei che cercassi di capire Marta: in queste due ore non sono le parole che feriscono o fanno male, sono quello che uno vuole prendere dalle parole che riceve. Se avessi difeso te e non lui ti avrei dato un privilegio solo perché ha usato una parola non convenzionale. Qui non usiamo le stesse regole dell’ora di storia. Hai voluto attaccare senza essere pronta alla risposta. Trovo che questo sia un bello spunto di riflessione, perché non ci pensi su e magari ne riparliamo? Potresti sempre farmi ricredere, hai l’intelligenza per farlo.”

Mi parve di sentire i suoi denti digrignare.

Quando se ne andò e con lei tutta la classe ebbi modo di riflettere. Non avevo mai pensato che nonostante l’esplicita libertà da me data ai ragazzi in termini di riflessioni, argomenti e modi ci fosse qualcuno che si attaccasse ancora alle regole tradizionali. Credevo che in un momento di totale libertà tutti avrebbero immediatamente perso ogni retaggio, e invece Marta Stuart era la confutazione vivente della mia teoria.

Era un bene che ci fosse questa zavorra ancora legata a lei? Cosa sarebbe successo se non l’avesse avuta?

Sgomberai la cattedra dai miei quaderni che riposi nello zaino. Era mercoledì ore 14 e per quel giorno avevo concluso. L’indomani avrei avuto il giorno libero dalle lezioni per una gita e decisi di prendermi una giornata di relax. Ripensai comunque allo scritto di Giuliano Stellone. Mi sentivo in qualche modo prospero?

Provai a rispondere ma, grazie al mio pessimismo storico, avevo già fatto i conti con la mediocrità e ormai l’avevo accettata. Le idee ricolme di passioni di un adolescente avevano meno presa emotiva su di me, ahimè, grave sintomo dell’avanzare dell’età.

Mi vidi per un aperitivo con Sofia Lunigiani il pomeriggio seguente, mia cara amica di università e professoressa di matematica nella stessa scuola in cui insegnavo e con cui dividevo alcune classi. Era una ragazza irrequieta, tendente all’agitazione, la quale sosteneva l’assoluta inefficienza della filosofia rispetto alla matematica.

“La matematica è il linguaggio universale, il solo tramite con cui si può descrivere il mondo. Se arrivasse un alieno in questo momento come potresti a parole spiegargli il mondo?” diceva tutte le volte che si entrava in argomento. “Invece con i numeri può chiamarli come vuole, ma se gli fai vedere la mano mostrando due dita alzate capirà che quello significa proprio due.”

Ovviamente mi trovava in totale disaccordo. Sostenevo con forza che ci sono cose nella vita che non possono, anzi, devono andare oltre la fredda concezione di numero. D’altronde anche la matematica ha scatenato accesi dialoghi, confronti e discussioni, ma di certo non li ha spiegati. Certe cose necessitano una descrizione del tutto personale e solo con la somma di ogni descrizione si potrà arrivare utopicamente alla comprensione di esse.

Utopia e concretezza non potranno mai andare d’accordo, come un sognatore difficilmente potrà essere una persona che si accontenta di quello che conosce.

Al tavolino del bar mi pose però un quesito che non mi aspettavo.

“Cosa è successo a Marta?”

Rimasi interdetto e lei lo capì subito.

“Ho avuto lezione alla prima ora oggi e Marta non era la stessa Marta di sempre. Era mogia e silenziosa. Al suono della campanella mi sono sentita in dovere di chiederle se ci fosse qualcosa che non andava e lei ha borbottato qualcosa in tutta fretta. Non ho avuto modo di ricevere una spiegazione adeguata, mi ha solo parlato delle ultime ore di ieri, le tue ore. Per caso è successo qualcosa di particolare? Mi ha strinto il cuore vederla così.”

Le birre arrivarono sul nostro tavolo.

Le macchine passavano alle spalle del nostro tavolino, nel solito bar che da anni frequentiamo. L’avevamo scoperto ai tempi dell’università e da allora ogni tanto ci tornavamo come quando eravamo ragazzi.

Nel nostro bar io mi chiedevo se, di fronte alla sofferenza di Marta, io fossi una persona civile, una persona eticamente valida.

Nel nostro bar mi sentii in colpa.

Serie: Il confronto


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Discussioni

  1. Bravo, sta venendo fuori un lavoro interessante. Mi aveva già incuriosito il primo episodio e con questo hai catturato il mio interesse.