
Non sono una bambina
Serie: Nel Tunnel
- Episodio 1: Non sono una bambina
- Episodio 2: Signore, mi può aiutare?
- Episodio 3: Giacomo, 2:19
- Episodio 4: Sono pronto da anni, per l’amor di Dio
STAGIONE 1
Mi avvicinai alla finestrella e cercai di guardare dentro. La feritoia era piccola tanto che illuminando l’interno con la torcia non avevo più spazio per poter vedere qualcosa.
«Mio Dio! Siete qui dentro? Come caz… Come avete fatto a entrare?» Mi ero fermato in tempo: la situazione era spaventosa e assurda, ma stavo parlando con dei bambini!
«Non lo so, mi sono persa…» Era un bambina, quindi. O almeno una di loro lo era. «Non trovo più la porta per uscire. È buio!»
«Da quanto tempo siete qui?» Domandai sempre più incredulo. «Non è venuto nessuno a cercarvi?»
«Da tanto tempo…» tentò di rispondere la voce.
«Zitto!» La voce che urlò era diversa, forse un po’ più adulta. «Non glielo dire altrimenti non ci farà uscire!»
«Ma cosa stai dicendo… Certo che vi farò uscire!» Il sollievo iniziale per aver trovato il nascondiglio stava lasciando il posto a una sensazione di disagio che cresceva man mano che cercavo di parlare con quelle voci. Paura? Sì, mentirei si dicessi il contrario. Ma nulla di ciò che provavo in quel momento era paragonabile al terrore che avrei vissuto da lì a poco.
«In quanti siete?» In realtà cercavo di prendere tempo mentre pensavo a come agire. Non volevo che le voci smettessero di parlare anche se il senso di disagio associato al loro suono stava crescendo molto. «Ditemi i vostri nomi: come ti chiami, bambina?»
«NON SONO UNA BAMBINA!» L’urlo fu fortissimo, come se la voce fosse stata amplificata e convogliata direttamente attraverso la feritoia. Ero certo di averlo immaginato, ma sentii un flusso d’aria che usciva dalla finestrella. Oggi non sono più così sicuro che si trattasse di immaginazione. Quello che percepii chiaramente fu invece l’odore di umido… no, il termine non rende l’idea: l’odore di umidità era presente, normale in un ambiente come quello, ma non era normale l’odore di… vecchio, misto a un fetore di qualcosa che ancora oggi non riesco a definire.
Mi allontanai con uno scatto all’indietro inciampando sulla rotaia. Riuscii a frenare la mia inevitabile caduta appoggiando una mano a terra e soprattutto riuscii a evitare di far cadere la torcia. In quella situazione sarebbe stato tragico. Avrei dovuto portarne una di scorta la prossima volta. Il risultato comunque fu un taglio sul palmo della mano, poco più di un graffio, per fortuna.
Mi rialzai e tornai verso la finestrella. Non ero più tanto sicuro che fosse la cosa migliore da fare: in meno di due ore avrei potuto uscire e contattare i soccorsi. Avevo uno smartphone con me, è ovvio, ma altrettanto ovvia era l’impossibilità di usarlo sotto decine di metri di montagna.
«Non sono una bambina!» Questa volta la voce era più tranquilla, ma io fui tentato di ributtarmi indietro.
«No, signore! È un maschio, anche fifone. Lo so perché è mio fratello. È più grande di me, ma io sono coraddosa. Lui no, come tutti i maschi.»
L’odore indescrivibile era scomparso, quello di umido no, ma come ho già detto laggiù era normale.
«Siete in due? Tu e tuo fratello?» Non so perché, ma temevo di conoscere la risposta.
«Quattro. Ti sono anche Sofia e Dudith. Sono due bambine. Dochiamo sempre insieme.» La sua voce era molto dolce e il difetto di pronuncia la rendeva quasi musicale. «Ma prima eravamo tinque. Non troviamo più Dulia. Forse è riuscita a scappare e a tornare a casa sua.»
«Se Julia ha trovato l’uscita lo potete fare anche voi, bam…» Mi fermai in tempo. «Sì, la potete trovare anche voi!» Non ero molto convinto di quello che dicevo.
«Julia non è andata via. È qui dentro. Non può andarsene. Noi non glielo permettiamo» disse un’altra voce. La conversazione stava assumendo toni surreali.
Mi fermai per qualche istante pensando a come agire.
«State tranquilli. Vado a cercare qualcuno che mi aiuti…» Non feci in tempo a finire la frase.
«NO! NON ANDARE. Fammi uscire adesso! Ho paura degli altri. Voglio tornare a casa… loro non vogliono!» Era una voce diversa dalle altre. Sofia o Judith, pensai. O Julia.
Spesso le nostre azioni sono frutto di ragionamenti logici, e logica in quel momento sarebbe stata la ricerca di aiuto. Altrettanto spesso agiamo seguendo le nostre emozioni. Vinsero le emozioni: decisi di fermarmi e di risolvere il problema da solo. E di questa decisione mi sarei pentito.
«Come avete fatto a entrare? Non vedo nessuna porta qui fuori. Ce n’è una dentro, di sicuro. Provate a cercarla, io vi faccio luce con la torcia attraverso l’apertura.» Pensai che la galleria in quel tratto potesse scorrere molto vicina all’esterno e la porta si aprisse dal lato opposto. Una via di fuga: probabilmente ce ne dovevano essere altre che io non avevo notato. Rimaneva solo un piccolo tassello che non combaciava: una via di fuga dovrebbe avere un ingresso dalla galleria e un’uscita all’esterno… Mancava uno di questi due elementi, o forse entrambi. E soprattutto mancava qualsiasi cenno di risposta dalle voci.
Mi avvicinai di nuovo alla feritoia e prima di inserire la torcia all’interno provai a spingere e a tirare verso di me le pietre e il cemento. Un impercettibile cedimento delle pietre sopra la finestrella mi diede la forza di continuare con la spinte le trazioni. E alla fine la parte superiore cedette. Non era uno spazio sufficiente da permettere il passaggio neppure di un bambino, ma era utile per tentare di illuminare l’interno e contemporaneamente vedere qualcosa.
Silenzio.
«Ragazzi?»
Silenzio.
«Bambini!» Mi allontanai di scatto dalla feritoia.
Ancora silenzio.
Tornai alla finestrella e valutai che l’apertura era sufficiente a guardare all’interno. «Ragazzi!» chiamai ancora. «Ragazzi! Parlate ancora, devo sentire le vostre voci per trovarvi» mentii.
Solo silenzio. Avvertivo di nuovo quella sensazione di gelo dietro la nuca e lungo la schiena.
«Non spaventatevi» dissi cercando di tenere un tono di voce che trasmettesse calma «sono stato io a far cadere le pietre, sono riuscito ad allargare la finestrella.» Non indugiai oltre e spinsi il braccio all’interno, accostando il più possibile il viso per poter guardare dentro.
Serie: Nel Tunnel
- Episodio 1: Non sono una bambina
- Episodio 2: Signore, mi può aiutare?
- Episodio 3: Giacomo, 2:19
- Episodio 4: Sono pronto da anni, per l’amor di Dio
Decisamente più incalzante questo secondo episodio: i dialoghi fanno venire davvero i brividi, e la soglia fra realtà e follia è… evanescente, labile.
“«NON SONO UNA BAMBINA!»”
Qui ho avuto come un brivido
Come dicevo in risposta a un tuo altro commento, anche io l’ho avuto mentre immaginavo la scena…
Ho letto entrambi gli episodi e voglio farti i miei più sinceri complimenti. Il tono e il ritmo della narrazione sono perfetti e il personaggio narrante ha un grado di realismo e credibilità assolutamente notevole. Per non dire dell’ottimo stile. Aspetto il seguito.
Che dire… grazie. Sai quando in estate non ti muovi da casa e hai poco da fare (beh, cose da fare ce ne sono sempre, ma non hai voglia): allora ti fai venire la malsana idea di scrivere.
Grazie ancora.
Veramente angosciante e scritto molto bene. Ho paura di leggere il seguito, però 😅Complimenti!!!
Arriverà anche il seguito: devo solo fare una revisione di alcuni punti. Grazie per aver apprezzato!