Novantanove palloncini rossi II
Serie: Cinquanta Racconti
- Episodio 1: L’idraulico
- Episodio 2: Telefono erotico
- Episodio 3: La risata
- Episodio 4: UNA PASSEGGIATA SUL LATO SBAGLIATO DELLA NOTTE
- Episodio 5: Due solitudini
- Episodio 6: Novantanove palloncini rossi I
- Episodio 7: Novantanove palloncini rossi II
- Episodio 8: Novantanove palloncini III
- Episodio 9: Novantanove palloncini rossi IV
- Episodio 10: Vai Valentina
STAGIONE 1
II
La città esplose alla terza settimana di maggio. Una mattina come le altre: sirene che salivano e scendevano, i tabelloni in stazione con linee rosse, un camioncino che vendeva caffè e paste vicino al mercato. Poi lo scricchiolio degli altoparlanti pubblici, una voce metallica e neutra: «Allerta Argo-2 in corso. Tutti i cittadini restino al coperto. Evitare il cielo aperto. Aeromobili non identificati a nord-est.»
Qualcuno rise. Qualcun altro bestemmiò. Qualcun altro ancora alzò la testa, come si fa con la pioggia. Marta chiuse la serranda a metà e afferrò il telecomando. Sul canale civico scorrevano immagini di nuvole e linee verdi. Un tecnico col caschetto spiegava qualcosa su signature e cluster anomali. L’inquadratura cambiò: un grappolo di oggetti tondeggianti avanzava alto, spostandosi come uno stormo incerto.
Il telefono vibrò. Era la maestra.
«Signora Marta, ha visto? I bambini sono a scuola, ma alcuni genitori sono già qui a urlare. Non è che…»
«Non è che niente. Resti dentro. Chiuda le finestre. Sono palloni meteorologici.» Le parole le uscivano senza che ci credesse. «O chissà, uccelli. O i soliti errori.»
Tirò su di nuovo la serranda. Entrò un ragazzo con lo zaino: occhi stanchi, giubbotto troppo grande.
«Mi scusi, devo comprare un bouquet. Mia sorella compie sedici anni oggi. Ma hanno chiuso il centro commerciale.»
«Che colori?»
«Viola e argento. Le piacciono i film spaziali.»
Marta gonfiò sei palloncini, li sistemò come un pianeta in miniatura. Il ragazzo li fissò.
«Non posso farli volare. Non oggi. Te li lego a un peso.»
«È uguale. Anzi, meglio.» Esitò. «Sa, quando hanno detto “Argo-2”, mi è venuto in mente il cane di mio nonno. Si chiamava Argo.»
«Non abbiamo mai avuto un cane. Non abbiamo fatto in tempo a prenderlo.»
Gli porse il mazzo.
«Tanti auguri a tua sorella. Ricordale di esprimere un desiderio mentre soffia sulle candeline.»
Il ragazzo sorrise e andò via a passo svelto, la cordicella rigata che strisciava sul pavimento. Marta restò a guardare la strada. Un elicottero avanzava basso, sembrava un enorme insetto. Dall’altra parte della piazza, sulla terrazza dell’hotel, due turisti si facevano un selfie con le sirene sullo sfondo.
Le notifiche si accavallarono. Il Comune: Chiusura temporanea dei ponti pedonali. La Prefettura: Oggetti non identificati, verifiche in corso. Un giornale online: Errore del sistema Argo causato da stormo di oche. Un altro: Scovata rete clandestina di droni-giocattolo. Poi l’hashtag del momento: #nonsonopalloncini.
Marta sentì il bisogno fisico di aprire la bombola e gonfiare qualcosa, un gesto per restare viva. Ne prese uno rosso, uno blu, uno giallo, uno nero. Li guardò galleggiare nel negozio. La porta si spalancò: entrò Massara, senza bussare, seguito da due agenti in divisa.
«Buonasera signora, deve sospendere immediatamente l’utilizzo dell’elio. Ordinanza 144-bis.»
«Non ho fatto volare niente.»
«Il suo registro forniture dice che stamane ha ritirato due bombole.»
«Una è mezza. L’altra è per la festa dell’oratorio. La tengo qui per far contenta la parrocchia. Anche Dio, a volte, ha bisogno di galleggiare.»
Massara non rise. «Ci sono oggetti non identificati in traiettoria Est-Ovest. Finché non chiudiamo il protocollo, ogni sorgente di falsi echi va eliminata. Mi consegni le bombole.»
Marta lo fissò. «Se gliele consegno, come faccio a lavorare? Ho ordini, compleanni, un funerale. A volte ai funerali vogliono i palloncini bianchi. Le sembra infantile? Lo è. Eppure, li consola.»
Massara fece un passo. «Questo non è il giorno dei simboli.»
Un attimo di silenzio. Dietro, i due agenti guardarono in alto, distratti dai colori che si sfioravano sotto il neon. Il prefetto fece un gesto corto. Uno degli agenti prese le bombole. Il sibilo dell’elio si smorzò fino a sparire. Marta sentì un vuoto acuto nelle orecchie, come quando si scende in metropolitana troppo in fretta.
«Firmi qui.»
Lei non firmò. Loro uscirono, lasciando il foglio sul bancone. Marta lo strappò e lo buttò nel cestino. Poi spense la luce un momento, restò con il negozio in penombra. I quattro palloncini che aveva gonfiato si toccavano appena, sembravano facce in una sala d’attesa.
La sera portò una calma apparente. Il cielo si scurì; il vento cambiò e, con il vento, l’umore della gente. Al bar sotto i portici si rideva della “grande invasione”; i giornali titolavano con misura: Disturbo elettrico sugli algoritmi di intercettazione, Stormo di uccelli, palloni meteorologici, prove d’esame di qualche università.
Qualcuno disse che un gruppetto di ragazzini aveva liberato decine di palloncini dal terrazzo di un condominio. Nessuno sapeva cosa fosse vero.
Nella piazza, avevano appeso a un lampione un cartello: Non abbiate paura dell’aria.
Marta chiuse il negozio e si incamminò verso casa. Nella borsa, il mazzo di chiavi tintinnava. Passò davanti alla stazione: sui binari, un treno fermo con le luci semispente. Al centro del piazzale, un gruppo di ragazzi suonava una chitarra, stonati e allegri. Uno teneva al polso un palloncino viola e argento. Il nodo era fatto male.
Marta lo vide, si fermò, sentì una spinta improvvisa a sistemare quel niente.
«Scusa. Posso? Si slega.»
Il ragazzo le tese il braccio. Marta rifece il nodo, con le dita abituate alla memoria dei gesti. Quando lasciò la cordicella, il ragazzo la guardò come si guarda un’anziana che ti aiuta a salire sul tram. Lei non era anziana, ma la notte distorceva le proporzioni.
«Grazie.»
«Tienilo stretto.»
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Forse è troppo dire che la trovo tra le tue pagine più belle? L’atmosfera oppressiva, distopica che aleggia è affascinante, amo il genere, quel circolare di voci mi ricorda chiaramente la tempesta di fake news a cui siamo sottoposti. Complimenti Rocco!
Ho letto con grande curiosità e ho apprezzato ogni singolo particolare, però un po’ delusa, sul finale, di non conoscere la vera causa di tanto spavento.
La sensazione di questo regime oscuro latente ma presente è adeguatamente delirante