Novantanove palloncini rossi IV

Serie: Cinquanta Racconti


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IV

Il giorno dopo, la piazza era piena di colori. Le bancarelle del mercato montavano le tende; il venditore di porchetta urlava il prezzo come fosse una canzone. La maestra entrò con un biglietto piegato in due.

«Glielo hanno fatto i bambini. “Grazie, Marta dell’Aria.”»

A metà mattina comparve Massara. Non aveva scorta. Teneva per mano un bambino serissimo, con una piccola cicatrice sulla fronte.

«Buongiorno.»

«Buongiorno.»

Marta si chinò verso il bambino.

«Auguri.»

Il bambino sorrise.

«Posso scegliere i colori?»

«Puoi scegliere tutti i colori che vuoi.»

Scelse il blu e il bianco. Marta li gonfiò con l’elio restituito; i palloncini si sollevarono fino al soffitto come pesci che scoprono l’acqua. Legò i fili, ne passò uno al polso del bambino, uno a quello del prefetto.

Il negozio si riempì di un silenzio diverso, un silenzio che sapeva di gioia.

Il bambino tirò leggermente il filo, colpito da qualcosa oltre la porta. «Papà, guarda!»

Fuori, sulla piazza, una donna anziana camminava piano. Aveva al polso un palloncino bianco con su scritto in stampatello: RESPIRA.

Marta rimase immobile. Le venne in mente il palloncino lasciato cadere dal balcone. Era lui? Non poteva essere. Poi riconobbe la macchiolina azzurra.

La donna si fermò davanti alla vetrina, sollevò lo sguardo verso la luce al neon, come se cercasse qualcuno oltre il vetro. Sorrise, un sorriso lungo, e riprese il passo.

Massara seguì quella traiettoria con lo sguardo. «Certe volte penso che la città abbia un modo suo di restituirti quello che perdi.»

«Non restituisce niente. Ti presta qualcos’altro, se sei fortunato.»

Il bambino, con il palloncino al polso, guardò il cielo.

«Se lo lascio andare, torna?»

Marta esitò un battito.

«Meglio di no. Però puoi lasciarlo sopra la tua testa. Gli dai spazio e non scappa.»

«Come me.»

«Come te.»

Uscirono con i palloncini legati al polso, il bambino raggiante, il prefetto più alto di un centimetro. Marta li seguì con lo sguardo fino a vederli diventare due punti nella folla, due punti con un colore attaccato.

Poi tornò al bancone. C’era una lista di ordini: un compleanno alle quattro, una laurea la sera, un addio il giorno dopo. Prese il pennarello e, senza pensarci troppo, scrisse su un foglietto: Oggi: promesse, respiri, nodi.

Attaccò il foglio alla cassa. Aprì la bombola. Il sibilo dell’elio tornò a essere un suono di casa. Gonfiò il primo palloncino del giorno, un rosso lucido. Non scrisse niente. Lo lasciò salire, fermandolo a pochi centimetri dal neon.

Si voltò verso la vetrina, dove il mondo entrava a spicchi.

Qualcuno bussò sul vetro. Era il ragazzo del giorno prima, quello del bouquet viola e argento. Aveva al polso un bracciale di stoffa, al viso una timidezza impaziente.

«È piaciuto?»

«Molto. Ha espresso un desiderio grande, ma non lo ha detto a nessuno.»

«Bene.»

Il ragazzo esitò.

«Ha detto di dirle grazie e che il cielo oggi sembra diverso.»

Marta sollevò lo sguardo. Sopra la piazza il cielo aveva un azzurro nuovo, come se qualcuno avesse passato un panno umido su una macchia antica.

Il ragazzo non disse altro, salutò e uscì. Il campanello sulla porta tintinnò lieve. Marta restò un momento ferma, le mani sul bancone, il respiro regolare.

Poi tornò al lavoro, come fanno tutte le persone che, un giorno o l’altro, hanno capito che i palloncini non sono cose per bambini, ma esercizi di memoria: ti ricordano che l’aria, quando la tratti bene, sa tenerti su senza promettere niente.

Nel pomeriggio, quando consegnò i palloncini all’oratorio, il parroco si lamentò della spesa, come sempre.

«L’elio costa più della grazia.»

«Ma la grazia non sempre arriva.» Marta legò i fili alle panche del cortile. «E comunque l’aria è gratis.»

«Gratis? In questa città?»

«Per ora.»

Quando rientrò in negozio, il sole si era spostato, e la luce sul pavimento a scacchi sembrava una strada verso una stanza che non c’era. Il telefono vibrò ancora: un messaggio della maestra, una foto di venti fogli bianchi. Su ogni foglio, qualcosa di invisibile disegnato a matita: vento, abbracci, promesse, paura.

E in uno, un palloncino con la scritta RESPIRA.

Marta lasciò scivolare la schiena contro la parete, si sedette sul pavimento, sorrise alla vetrina.

Fu poco prima di chiudere che capì: non serve più di un filo per restare attaccati alle cose. Il resto lo fa l’aria.

E quando, abbassando la serranda, vide nel riflesso del vetro la propria immagine accanto a un palloncino bianco che galleggiava al soffitto, non si stupì.

«Respira,» disse all’aria e a Leo, a se stessa e alla città. «Respira, e torna.»

FINE

Serie: Cinquanta Racconti


Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. «Non restituisce niente. Ti presta qualcos’altro, se sei fortunato.»
    👏 👏 👏
    Ho sempre creduto nella restituzione, come dice Massara, ma forse é piú giusto parlare di prestito, come dice Marta.

  2. Ho riletto per la seconda volta i quattro episodi di “Novantanove palloncini”, per il gusto di calarmi meglio nella storia, nel clima un po’ gioioso e un po’ malinconico, ma ricco di messaggi pieni di speranza.
    I tuoi racconti sono sempre piacevoli da leggere e utili da rileggere, per la tua bella e varia tecnica di scrittura.

  3. Per errore ho pensato che quello precedente fosse il finale, mi spiace, ma sono contento di essermi sbagliato, e ti rinnovo il commento: dolcissimo! Complimenti, anche per l’inventiva di trovare un soggetto così insolito.

  4. Mi è piaciuto questo racconto, intendo tutti i dieci episodi. La pesantezza di una distopia soffocante contrapposta alla leggerezza dell’elio e alla gioia infantile dei palloncini. Una metafora azzeccatissima condotta con dolce partecipazione. Il Rocco che preferisco: quello che non narra solo gli errori e gli orrori del vivere, quello che lascia spazio alla speranza. Bravo!