Nuotando nell’aria
Serie: la promessa
- Episodio 1: La villa
- Episodio 2: Alla spiaggia
- Episodio 3: Nuotando nell’aria
- Episodio 4: Resta con me
- Episodio 5: Lo specchio della nonna
STAGIONE 1
Quasi volesse scrollarsi di dosso la sensazione di immobilità che l’aveva colpita come una maledizione, uscì in giardino.
Si sentiva gambe e braccia di pietra. Da bambina, quando le capitava la stessa cosa, sua nonna batteva le mani a pochi centimetri dal suo viso, gridando L’incantesimo, l’incantesimo!
Questo la svegliava immancabilmente, com’è ovvio. Ciò che non era ovvio per niente era il rancore immediato che provava nei confronti della vecchia, che le sghignazzava in faccia senza ritegno.
La sua infanzia era costellata di episodi sgradevoli. Forse bastavano, da soli, a spiegare tutto quanto.
Già allora, però, aveva amato con trasporto le lunghissime ore stesa a leggere, nella grande casa vuota di mobili e di sguardi, che divideva con la nonna e i suoi due gatti. Li aveva visti sempre, da che poteva ricordare. Erano grassi, felici (loro sì) e di età indefinibile.
La nonna li chiamava Gatto Uno e Gatto Due, a volte semplicemente Uno e Due. Forse sperava di convincere così la nipotina della sua mancanza di fantasia, la stessa che agitava come una bandiera quando si trattava di raccontarle una storia qualunque.
Ma ciò che la nonna non sapeva (o non voleva) fare, i libri l’avevano fatto al posto suo. Aveva imparato a leggere prestissimo; o meglio, non ricordava che ci fosse stato un tempo in cui non ne era capace. Gli altri bambini la interessavano poco, non li amava e non ne sentiva la mancanza. Fu un vero shock quando cominciarono gli anni della scuola, e si rese conto che, da lì in avanti, sarebbe stata costretta ad avere a che fare con i suoi coetanei in una miriade di occasioni inevitabili.
Fino a quel momento, aveva davvero creduto che fosse sufficiente chiudersi da qualche parte con un buon libro, uno di quelli abbastanza lunghi da traghettarla attraverso la giornata tutta intera; quindi sarebbe scesa la sera, e sarebbe scivolata dritta nei sogni della notte.
Spesso non esisteva neppure un vero confine tra le due cose. Stava leggendo; e poi stava sognando di ciò che aveva letto. Nonostante quella vita così sedentaria, era riuscita a non ingrassare. Questo perché mangiava pochissimo, quasi mai; ma anche perché i muscoli del suo corpo fisico reagivano in qualche modo alle avventure di cui leggeva: le gambe scattavano e si contraevano, i muscoli delle braccia guizzavano, brandendo la lancia o la spada.
Gli altri bambini, cosa assai curiosa, l’avevano a benvolere. Era per via delle sue storie, naturalmente. Non mancavano mai di invitarla a feste di compleanno ed eventi mondani che avrebbe tanto preferito evitare; ma ai quali finiva per partecipare quasi sempre, perché la nonna temeva di attirare, altrimenti, l’attenzione dei servizi sociali.
“Siamo una vecchia e una bambina che vivono sole” le aveva spiegato. “Siamo soggetti deboli, non abbiamo nessuno che ci protegga. Quattrocento anni fa saremmo andate dritte al rogo. Oggi devono tollerarci, ma stai sicura che ci tengono d’occhio…”
Le storie che raccontava lei erano speciali.
I bambini l’ascoltavano a bocca aperta, ridevano, rabbrividivano. Dicevano tutti la stessa cosa: che vedevano tutto come se stesse lì, davanti ai loro occhi… o nasi, o mani – a seconda della piega che prendeva la storia.
Aveva sempre pensato che la prendessero in giro, perché a lei non capitava. Mentre leggeva una storia scritta da qualcun altro, allora sì, provava qualcosa del genere; ma mai quand’era lei, a raccontare.
Com’era strano, tutto ciò.
La luce nel giardino le ferì gli occhi, abituati alla penombra delle stanze interne. Da ore digitava sulla tastiera la descrizione di un luogo fiabesco assai simile a quello.
Ma aveva dimenticato la luce.
Rientrò in fretta, quasi che il pensiero, vedendola indugiare, si potesse perdere davanti a lei, nelle stanze fresche e sussurranti.
Si chinò sulla tastiera e digitò, doverosamente, qualche parola sulla luce che cadeva come la lama di una ghigliottina su…
…su…?
Niente. Il sipario era calato, una volta ancora. Aveva sperato che fosse la volta buona, che oggi avrebbe avuto l’agio di comporre un paio di pagine, almeno, prima che l’ispirazione le venisse bruscamente sottratta.
Tornò l’incubo solito. Esisteva forse un tempo previsto per la creatività, come ne esisteva uno per i fenomeni naturali della biologia? Come per il ciclo del corpo femminile, anche il flusso delle storie si esauriva?
Sarebbe stato orribile. Se non poteva più scrivere storie…
No, non ci sono prove che sia così!
Tutto l’opposto, anzi. Molti grandi scrittori avevano prodotto le loro cose migliori alla fine della maturità, addirittura alle soglie della vecchiaia – se non quando già erano avviati al crepuscolo…
E tu sei ancora giovane…
Ma per quel giorno l’ispirazione l’aveva disertata. Sapeva sempre quando stava arrivando, e quando se n’era andata. Inutile insistere.
Per segnalare a se stessa di essere disposta ad aspettare fino alla prossima visita del Genio, spense il portatile. Poi rimase immobile per alcuni secondi, sforzandosi di controllare l’ansia che la prendeva ogni volta, al pensiero che non sarebbe più stata capace di riaccenderlo.
Quando il respiro tornò normale, l’occhio le andò all’ora che scintillava sul display del cellulare.
È tardi!
Alzò la testa di scatto, come una cerva che abbia fiutato un cacciatore.
Il tramonto era ancora lontano, dopotutto era estate. Ma lui, dov’era?
Possibile che non fosse rientrato affatto, neppure per mangiare?
Non per la prima volta, si rammaricò di essere sola. Non poteva passare tutto il tempo con lui, doveva lavorare… Soffriva dei suoi abbandoni? Aveva avuto bisogno di lei, in tutte quelle ore in cui non l’aveva avuta accanto?
Ricordava vagamente di avergli permesso di andare al mare da solo. Avrebbe dovuto accompagnarlo, ma l’ispirazione era arrivata proprio mentre si preparavano ad uscire; e non poteva sempre trattenerlo a portata di voce…
Forse, dopotutto, era rientrato e, vedendola assorta nel lavoro, aveva preferito non disturbarla?
Si affacciò allo scalone che portava ai piani delle stanze, e provò a chiamarlo a voce alta.
Le case vuote hanno un particolare modo di rispondere con il silenzio. Lo sapeva fin dall’infanzia. Il silenzio che ti risponde quando nessuno è in casa, è intimamente diverso da quello che ti viene incontro quando, ad esempio, c’è qualcuno che sta dormendo, o che non ha intenzione di essere trovato.
Seppe subito di essere sola.
Senza perdere tempo in inutili riflessioni, andò nell’ingresso, infilò un paio di scarpe basse, prese le chiavi e uscì, tirandosi dietro il portoncino.
Serie: la promessa
- Episodio 1: La villa
- Episodio 2: Alla spiaggia
- Episodio 3: Nuotando nell’aria
- Episodio 4: Resta con me
- Episodio 5: Lo specchio della nonna
Non posso vantarmi di meriti che non ho… la mia consulente musicale del cuore, che riempie le mie scritture e letture di tutti i suoni del mondo, ha puntato il dito sul titolo di questo testo dicendo, con voce ferma: Marlene Kuntz!
Mi è piaciuto questo piccolo episodio. Nella sua semplicità tanta intensità. L’amore per la scrittura, in primis. E poi Gatto 1 e 2, il silenzio della casa (la cui descrizione mi ha davvero colpito).
Belle le citazioni iniziali. Ne hai saltata qualcuna.
Quella di Giovanni, che lo dico a fare, mi scuote come un fuscello.
Non mi stancherò mai di dire che la missione di noi autori è quella di inventare storie. Eccone una.
wow, che bel commento… sono ancora abbastanza nuova in questo mondo da commuovermi… grazie davvero.
grazie anche alla consulente musicale del cuore, adoro quando anime affini riconoscono le mie citazioni XD parte integrante delle storie, a mio parere, non semplici ghirigori… i segni sulla mappa che ti dicono se stai andando verso il tesoro giusto… evviva le storie, che sono di tutti!