
Nuove amicizie
Serie: L'ultimo volo delle aquile
- Episodio 1: Nubi
- Episodio 2: Nuove amicizie
- Episodio 3: Fantasmi del passato
- Episodio 4: Incontri
- Episodio 5: Trovato
- Episodio 6: Conto alla rovescia
- Episodio 7: Resistere
- Episodio 8: Addio e arrivederci (finale di stagione)
STAGIONE 1
«È ufficiale» disse Monique entrando in casa. «Il mio capo è un bastardo» e sbattè la porta così violentemente che mezza Bruxelles la sentì. Camille, invece, alzò appena gli occhi dal computer e salutò distrattamente la coinquilina. Monique si tolse il cappotto e lanciò la borsa sul divano del salotto, e, dopo essersi lavata le mani, prese una birra dal frigo e si sedette sul tavolo del salotto davanti a Camille.
«Quello stronzo non mi porta a Berlino. Ti rendi conto?» esordì stappando la bottiglia. Prese un lungo sorso prima di continuare.
«Sono settimane che mi preparo assieme a Jean, abbiamo creato noi la maggior parte dei prodotti, abbiamo fatto tutti gli straordinari, ti ricordi quante volte ho fatto tardi? Non c’è nessuno in azienda più pronto di noi per questo maledetto evento dell’anno e cosa fa quello stronzo di Van Damme? Oggi mi raggiunge in magazzino e mi fa con quel suo accento di merda “Monique per Berlino comunque preferisco portare gente più giovane, per fare esperienza bla bla” e tutte altre cazzate.»
Monique si attaccò al collo della bottiglia e svuotò in un lampo il contenuto. Si alzò, troppo nervosa per stare seduta, e passeggiò avanti e indietro per il tavolo davanti ad una impassibile Camille.
«E sai chi ho saputo che porta? Brigitte» si fermò e incrociò le braccia. «Brigitte! Quella puttanella! Sanno tutti che Van Damme se la porta a letto, persino durante il lockdown trovavano il modo di vedersi…no guarda…sono troppo incazzata.»
Caroline mugugnò qualcosa che evidentemente non soddisfò Monique.
«Ma hai sentito cosa ho detto?»
Camille alzò i suoi occhi scuri dal computer.
«Sì, certo, il tuo capo è uno stronzo.»
«Esatto!» e Monique riprese ad insultare i suoi colleghi e ad evocare tutti gli sforzi mai riconosciuti che aveva fatto per l’azienda.
Camille ogni tanto commentava con esclamazioni indignate o di compassione, a seconda della circostanza e nei momenti più critici aggiungeva anche delle smorfie adatte. In realtà continuava a pensare al suo lavoro, ai dati che aveva davanti, a tutte quelle compravendite strane nei mercati asiatici senza un reale motivo. Sembrava che mezzo mondo si stesse preparando per qualcosa di grande, ma cosa? La pandemia non faceva più paura, soprattutto dopo che era passata l’ondata invernale, cosa preoccupava i mercati finanziari? Poggiò gli occhiali sul tavolo e si stropicciò gli occhi arrossati.
«Tesoro tutto bene?» chiese Monique notando l’aria assente dell’amica.
Camille annuì distratta. Parlava poco del suo lavoro, anche perché i monologhi di Monique bastavano per tutte e due.
«Basta! Stasera usciamo» annunciò Monique alzandosi in maniera teatrale.
Camille provò a resistere per pochi secondi ma l’esuberanza di Monique ebbe il sopravvento e mezz’ora dopo parcheggiarono vicino alla Galerie Ravenstein. Pioveva, non una grande novità per quella città. La pioggia leggera era fastidiosa solo per Camille e i suoi occhiali che furono centrati in pieno da una goccia appena fuori dalla macchina. Camminarono svelte tra i freddi e umidi vicoli fino alla Grand-Place, entrarono nel locale accolte da un bel tepore, odore di patatine fritte e birra e dal chiasso delle persone che provavano a ritrovare un po’ di normalità dopo due anni di pandemia. Una cameriera con in mano il cellulare si avvicinò e chiese cortesemente di esibire il Green Pass. Entrambe tirarono fuori i loro cellulari e mostrarono il QR code della loro terza dose di vaccino. Finalmente sedute ad un tavolino, ordinarono una birra per Monique e una analcolica per Camille.
«È un insulto prendere quella roba al gusto di birra qui in Belgio…» commentò Monique. «Sei pure mezza tedesca!»
Camille alzò gli occhi seccata. Quando diceva di essere astemia la guardavano come un’aliena. Lei odiava l’alcol e soprattutto gli effetti nocivi che dava. Guardava con un misto di rabbia e pietà tutti quei ragazzini che già nel pomeriggio si parcheggiavano nelle panchine dei parchi ubriachi. Li considerava al pari dei drogati.
«Allora» esordì Monique appena arrivarono le loro bibite. «Non ti arrabbiare.»
«Cosa hai fatto? Quando inizi così è perché hai in mente di fare danni.»
Monique sorrise.
«Dovrebbe venire Jean con un suo amico.»
Camille si mise le mani in volto e sospirò amareggiata.
«Andiamo Camille! Sono due anni che non esci più con nessuno…da quando…»
«Non voglio nessuno! Perché ti è difficile da capire?» sbottò Camille.
«Ma non dico devi sposarlo! Solo conoscerlo.»
Camille si arrese e chiese informazioni.
«È un suo amico italiano, giocano a calcio insieme, si chiama Luca e lavora in una pizzeria.»
Camille scrutò l’amica scettica.
«Un italiano che gioca a calcio e fa il pizzaiolo…quasi tutti gli stereotipi in un solo colpo, non promette bene»
«Andiamo! Non lo conosci nemmeno…eccoli» e si alzò per farsi notare dai due uomini.
Ben presto si formarono due coppie, Jean e Monique appartati ad un angolo del tavolino mentre Luca e Camille sedevano uno di fronte l’altro.
Luca aveva la classica aria da bravo ragazzo con quei suoi occhi gentili, ma il suo fisico massiccio dava anche sicurezza e protezione. Mentre parlava in un misto di inglese e francese con quel suo accento sensuale, Camille dovette ammettere a sé stessa che il ragazzo aveva un certo fascino. Il che avrebbe reso più penoso allontanarlo dopo quell’incontro. Maledisse Monique.
«Quindi lavori per la Commissione Europea? È interessante?» chiese Luca curioso.
«Si sente sempre parlare dei burocrati europei, finalmente ne ho uno davanti» continuò divertito. Camille non sembrava altrettanto entusiasta.
«Sono soltanto una ricercatrice, prendo informazioni, elaboro dati e preparo una relazione per i consiglieri dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri.»
«Borrell giusto?»
«Esatto.»
Luca annuì colpito.
«Avrai sicuramente un bel po’ di lavoro ultimamente, con tutti i casini che stanno succedendo.»
Per la prima volta, Camille mostrò un minimo di interesse per quel giovane.
«Ti interessa la politica?»
Luca sorrise.
«Essere un pizzaiolo non significa non curarsi di quello che ti succede attorno.»
Camille arrossì imbarazzata per la sua domanda impertinente. Quel ragazzo aveva stuzzicato il suo interesse.
«Ragazzi, noi andremmo» li interruppe Jean mano nella mano con Monique che ridacchiava.
«Non aspettarmi in piedi» sussurrò Monique all’amica.
Luca e Camille chiacchierarono ancora qualche minuto finchè l’italiano non dovette andare a lavoro. Il giovane era molto interessato al lavoro di Camille e i due finirono per parlare della situazione geopolitica. Pagarono il conto e si avviarono all’uscita. Fuori pioveva ancora, con più insistenza, così Luca tirò fuori l’ombrello e riparò Camille. L’italiano accompagnò la giovane alla macchina ma la passeggiata finì troppo presto per entrambi.
«Pensi che potremmo vederci di nuovo?» chiese speranzoso Luca.
Camille guardò le spalle larghe, gli occhi celesti, il velo di barba e i capelli scuri. Un certo fremito sopito da troppo tempo la colse all’improvviso.
«Volentieri.»
***
Il vento soffiava freddo e impetuoso lungo la piana innevata. La neve si alzava e formava dei piccoli vortici che si diradavano quando passava la Jeep grigia, mimetizzata perfettamente con l’ambiente circostante. La Jeep lasciò la strada asfaltata e proseguì su un sentiero dentro un bosco. Ad un certo punto sbucò su un grande bacino d’acqua e girò a sinistra, verso sud, costeggiando il bacino alla propria destra. La Jeep proseguì alzando una nube di neve dietro fino ad arrivare nel punto dove il fiume Dnepr si incontrava con il Desna, a nord di Kiev. Il guidatore spense il motore della Jeep e le portiere si aprirono. Un uomo con la divisa dell’esercito ucraino uscì dal posto dei passeggeri. Si guardò attorno e rabbrividì mentre una folata di vento passò tra i suoi corti capelli brizzolati.
«Qui?» chiese in inglese girandosi verso l’uomo che usciva dalla portiera del guidatore. L’uomo, vestito interamente di nero, fece alcuni passi oltre il suo interlocutore. Risalì con gli occhi il corso del fiume che attraversava la città, scorse nel grigiore del tempo le sagome di ponti che collegavano la parte orientale della città al centro della città situato ad occidente. Il rumore di un aereo, militare, e di alcuni elicotteri lo portarono a guardare alla sua destra, nella direzione di un aeroporto.
«È uno dei vostri?» chiese l’ucraino. «Non basteranno solo le vostre armi.»
L’uomo si girò e scrutò con i suoi occhi verde scuro, simile a quello del fiume lì vicino, l’ucraino.
«Qui, sarà qui la battaglia.»
Serie: L'ultimo volo delle aquile
- Episodio 1: Nubi
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- Episodio 3: Fantasmi del passato
- Episodio 4: Incontri
- Episodio 5: Trovato
- Episodio 6: Conto alla rovescia
- Episodio 7: Resistere
- Episodio 8: Addio e arrivederci (finale di stagione)
Molto interessanti questi pezzi di “puzzle” che ci stai offrendo, stimolano non solo la curiosità ma scatenano l’immaginazione. Come si comporranno, nel quadro finale? Ancora complimenti per la sapiente dosatura dei particolari che rendono visivo il racconto e piacevole la lettura.
Grazie mille! Sono contento ti intrighi
“a pandemia non faceva più paura, soprattutto dopo che era passata l’ondata invernale, cosa preoccupava i mercati finanziari?”
Vero, troppe volte sottovalutiamo quelli che sono veri e propri giochi di potere
Esatto, purtroppo alcune volte è la finanza a governare la politica e non il contrario
Episodi, sempre diversi e attuali, che scivolano veloci per poi arrestarsi all’improvviso lasciandomi incuriosito. Già finito! Ma sì, sarà tutto colpa di Poltrone sofà! Scherzi a parte bravo Carlo.
Grazie Fabius! Spero di saziare la tua curiosità nei prossimi episodi 🙂