Ode al mio incubo
È notte fonda.
Le spire del silenzio avvolgono la mia stanza.
Come ogni notte, sento le ante dell’armadio cigolare in modo sinistro ed infine aprirsi lentamente.
Inizio a sudare copiosamente, mentre il cuore mi rimbalza nel petto fino ad arrivarmi in gola.
Vedo delle dita rugose, con unghie acuminate, sgusciare fuori, e, subito dopo, preceduta da un ringhio cupo e sommesso, uscire dall’armadio una sagoma deforme.
Inorridisco.
L’essere ha zampe pelose di capra, busto di uomo, spalle ricurve, volto e zanne da facocero ed occhi rosso vermiglio.
L’essere si pianta in mezzo alla stanza ed inizia a fissarmi, in silenzio.
Lo osservo a mia volta, pietrificato.
L’ansia di un suo possibile ferale attacco mi divora.
Il pensiero delle infernali atrocità di cui potrebbe essere capace dilania la mia mente.
Tuttavia i minuti passano e non accade nulla.
Lentamente la paura si tramuta da impotenza in moto rabbioso.
Aneliti di ribellione iniziano a pervadermi.
Improvvisamente inizia a prendere forma l’idea di reagire planando in volo d’angelo, stile wrestler, sopra di lui.
L’ardore subito si placa mentre razionalizzo che, con ogni probabilità, oltre ad essere più forte, il suo contrattacco potrebbe essere, con quelle zanne appuntite e con quei denti acuminati, quasi sicuramente letale per me.
I minuti si tramutano in ora, ma, ancora, non accade nulla.
La bestia si limita ad osservarmi immobile.
Minuto dopo minuto mi abituo sempre di più alla sua presenza, fino a quando non arrivo a considerarlo non più una minaccia ma una sorta di strano compagno di stanza.
Improvvisamente sento le palpebre diventare sempre più pesanti ma cerco di non cedere al dolce risucchio dell’oblio.
L’essere continua ad osservarmi impassibile.
Vorrei domandargli per quale motivo ha deciso di uscire proprio dal mio armadio e cosa vuole da me, ma dubito che possa capirmi od essere in grado di parlare.
Inizio però, incredibilmente, ad avvertire la curiosità di conoscere la sua storia.
Ci scrutiamo fino a quando non iniziano a filtrare dalla feritoie delle persiane le primi luci dell’alba.
Il mostro, silenziosamente, ripercorre i passi all’indietro e, senza smettere di guardarmi, rientra nell’armadio.
Si sofferma ad osservarmi per l’ultima volta prima di richiudere delicatamente entrambe le ante dietro di se.
Forse ho la traveggole, ma ho la sensazione che, addirittura, abbozzi un timido sorriso.
I raggi solari iniziano a penetrare nella stanza formando coni di luci sempre più consistenti.
La porta di camera si apre.
E’ mia madre.
E’ vestita completamente di nero.
Sorrido.
Sembra non vedermi.
Ha gli occhi arrossati di chi ha pianto fino a pochi minuti prima.
Dietro di lei compaiono degli operai a cui ordina di iniziare a smontare i mobili.
Urlo a squarciagola per chiedere spiegazioni ma nessuno sembra sentirmi o notare la mia presenza.
Improvvisamente, guardando le mie braccia, mi rendo conto che il mio corpo si sta sgretolando al contatto con la luce.
In un attimo ricordo.
Sono morto ieri notte, in un incidente d’auto.
Il mio spirito non l’ha realizzato ed ha raggiunto casa, infilandosi nel letto, come ogni notte.
Il mio incubo non sapeva come comunicarmelo ed ha preferito fingere, restando tutta la notte insieme a me, in silenzio, in attesa di lasciarmi nelle spire del suo collega più mostruoso, ovvero l’oblio.
Addio Amico mio, grazie per avere compreso anche stavolta.
Grazie per avermi sempre compreso.
Grazie per esserci sempre stato.
Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Narrativa
Buongiorno Marco,
grazie per il prezioso feedback.
Il tuo è un appunto ricorrente che condivido.
È un profilo su cui devo lavorare; la tendenza ad esplicare è un marchio della professione che svolgo, la quale, per sua natura, tende all’ eliminazione di vie di fuga interpretative
Ciao Gabriele, racconto molto interessante che secondo me però perde qualcosa nel finale un po’ troppo spiegato. Un indizio forte all’inizio, ignorato per il resto del racconto come non fosse stato detto, e poi ripreso alla fine, senza bisogno di spiegazioni dettagliate, poteva essere un’idea alternativa. Mi è piaciuta però tutta la parte centrale, bello il clima che si crea con l’incubo.