OLTRE IL LIMITE

Serie: Brothers Series


Quell’estate, mentre giocava con le sue amiche Sara e Gaia conobbe un ragazzo.

Qui potrei dire che è la solita minestra di sempre. Il ragazzo ribelle, che vestiva sempre di nero, odiava quella bambina sempre perfetta, gli faceva tutti i dispetti, ma alla fine di tutto nacque un’amicizia.

Ed è proprio così.

Si chiamava Vincenzo, ed era più grande della nostra Fleur di un paio di anni.

Ovviamente la sera stessa che tornò a casa si mise a sfogliare l’enciclopedia dei nomi nella sua cameretta e ne trovò il significato, alla lettera voleva dire “vincente” e lo era, lo sarebbe stato, in quel momento e per sempre.

Vincenzo, o Vince, come lo chiamava lei, portava dei lunghi capelli leggermente sotto la spalla, erano riccioluti, ma non quei riccioli ben definiti, di quelli che non hanno una forma precisa, e il loro colore era stupendo agli occhi della nostra protagonista, erano di un biondo tendente al rosso.

Aveva gli occhi di un verde smeraldo che riusciva a incantare ogni ragazza che incontrava.

Le labbra fini e quando sorrideva illuminava la giornata di Fleur.

Nonostante i suoi undici anni sfiorava quasi il metro e settanta e prometteva che in futuro sarebbe stato un ragazzo molto alto.

Aveva un fisico asciutto, come diceva la nostra ragazza nei pomeriggi che passavano a casa della loro amica Sara “Quando è senza maglietta riesco a contargli le costole”.

Vince, vestiva sempre di nero, nel suo armadio avrà avuto centinaia di jeans tutti uguali e tutti del solito colore, nero.

Indossava sempre maglie dello stesso colore dei pantaloni, oppure con dei nomi delle Band, come quella dei Metallica, o degli AC/DC o dei Kiss e ai piedi portava sempre le solite Converse nere.

Parliamo di loro adesso.

Dopo quel loro incontro ne avvennero subito altri, quasi tutti i pomeriggi si incontravano per giocare tutti insieme e lui gli faceva un sacco di dispetti.

Gli tirava le trecce, la prendeva in giro per come si vestiva, le diceva sempre che sembrava la bomboniera del matrimonio dei suoi genitori.

La nostra Fleur aveva un segno particolare che la distingueva dai suoi amici, ogni volta che sorrideva gli si formavano due fossette sulle guance, e puntualmente Vince non sprecava tempo per infilarci il dito e dirle che era orrenda. Ma, in realtà, lui non lo pensava.

Pensava che era la bambina più bella che avesse mai visto nella sua vita, era solo un po’ spenta. La definiva quasi falsa, non ha mai sopportato le persone false fin da piccolo, aveva un “potere” strano, riusciva a sentirle a distanza di metri e lui sapeva benissimo che lei era tra queste, ma non so perché, capì che non voleva farlo con cattiveria, non riusciva ad essere sé stessa.

La stuzzicava per questo, gli dava così tanta noia perché voleva vedere dove poteva arrivare, voleva testare la sua pazienza, voleva vedere quando sarebbe scoppiata.

Quel giorno arrivò a fine estate, una settimana dopo sarebbe rincominciata la scuola.

Fleur stava giocando con i suoi amici nella piazza vicino casa a “Guardie e Ladri” e in quel momento a lei era toccato il ruolo del ladro e a Vince quello della guarda.

Tra una corsa e l’altra Vince spinse, forse per sbaglio, forse apposta, la nostra Fleur a terra.

Si era sporcata tutto il nuovo vestitino che sua madre gli aveva comprato qualche giorno prima, aveva degli sbucci sulle ginocchia e aveva graffiato i suoi sandali preferiti.

“Le signorine non si sporcano mai! Le signorine non corrono come dei selvaggi!” le suonava in testa la voce di sua madre.

Quando Vincenzo le si avvicinò per aiutarla a rialzarsi, Fleur con la sua piccola manina gli tirò uno schiaffo sulla sua guancia destra con tutta la forza che aveva e gli disse

«mi hai altamente rotto le palle!»

Al suono di quelle parole lei si meravigliò di sé stessa perché non si era mai permessa di dire certe cose, non era bello che quelle parole uscissero dalle labbra di una ragazza.

Lui invece non era affatto meravigliato di ciò, anzi, era contento che nella maschera che portava la ragazza si era formata una crepa.

Si girò molto lentamente e quando i loro occhi si incontrarono lei si occorse che lui le stava sorridendo.

«Bene» gli disse Vince «ora si ragiona».

Quando la ragazza rincasò quella sera stessa si prese due schiaffi per guancia dalla madre. Era sudata perché aveva giocato e corso con i suoi amici.

Era sporca perché era caduta.

Aveva rovinato il vestito nuovo.

Aveva graffiato le scarpette.

«Le signorine per bene non fanno queste cose! Come devo fartelo intendere?? Sei proprio uno sbaglio in tutti i sensi».Sono parole pesanti da dire a una bambina di nove anni, sono parole ancora più pesanti se quella bambina le sente dire dalla propria madre.

Una volta andata a letto senza cena si era messa sotto le coperte e rannicchiata su sé stessa. “Fleur, posso fare qualcosa per te?” sentì parlare, ormai quella che era la sua migliore amica.

«No, Lili, voglio stare sola. Grazie» disse sottovoce per non farsi sentire dalla madre che era nella stanza accanto.

Il pomeriggio dopo non vedendola uscire per giocare Vincenzo andò sotto casa sua e quando notò che sua madre stava andando via con la macchina per andare a lavoro, si avviò al campanello e suonò.

Fleur appena lo vide dalla piccola telecamera dello schermo del citofono prese la cornetta del citofono e gli disse «Cosa vuoi Vincenzo?»

«Puoi scendere? Volevo dirti una cosa» sospirò lui.

Dopo 5 minuti che stava aspettando si era ormai arreso, stava per saltare il cancello e bussargli alla porta ed ecco che uscì Fleur.

Parlarono tutto il pomeriggio sdraiati nel prato di casa della ragazza.

Lui si scusò per averla spinta a terra e di avergli rovinato il suo vestito.

Lei sentendo quelle parole e sapendo che non si era mai scusato con nessuno capì che era sincero e gli sorrise affettuosamente e con un’alzata di spalle disse che non era importante e che ne aveva centinaia di vestiti.

Scherzarono tutto il giorno, raccontandosi tante storie. Da lì nacque una stupenda, una forte, un incantevole e una dolorosa amicizia che dura tutt’ora nel cuore della nostra ragazza.

Passarono i giorni, i giorni diventarono mesi, e i mesi si trasformarono in anni.

Vincenzo e Fleur erano inseparabili, facevano di tutto insieme.

Quando sua madre scoprì che aveva un amico del genere andò su tutte le furie.

«Vergognati! Le signorine come te non frequentano quella gentaccia! Metallari! Portano solo guai».

Era il 2007 e Fleur e Vincenzo avevano rispettivamente 12 e 14 anni.

In tre anni che lo aveva conosciuto lei era cambiata tantissimo, lui le aveva insegnato che doveva essere sé stessa, doveva trovare la sé stessa dentro di lei e farla uscire e lo doveva fare al più presto.

Doveva smettere di essere la “signorina” che le diceva sempre sua madre.

Doveva tirare fuori il carattere che aveva, come aveva fatto quel giorno quando lo schiaffeggiò.

Doveva tentare nella vita.

Doveva buttarsi a capo fitto nelle cose senza mai pensarci.

Doveva crederci nelle cose che faceva e nelle cose che sognava.

Doveva credere in sé stessa.

Doveva smettere di farsi mettere i piedi in testa dalle persone.

Doveva smettere di abbassare la testa difronte a chiunque.

Doveva tirare fuori le palle.

E doveva ascoltare di più quella voce dentro di lei, quell’opposto che era comparsa il giorno del suo sesto compleanno.

Lei si confidò con lui un giorno e gli disse che dentro di lei esisteva questa vocina che si chiamava Lilith, o semplicemente Lili, e lui molto semplicemente gli disse «l’ho sempre pensato che eri deviata» e scoppiarono entrambi a ridere.

Vince la faceva saltare dai muretti alti e come sempre tornava a casa con graffi e qualche volta anche con le caviglie slogate.

Fleur aveva iniziato a portare i pantaloni, le magliette e le scarpe e dopo tanti urli da parte della madre ogni tanto riusciva a convincerla a fargli lasciare i vestiti nell’armadio.

Era passata dal saltare i muretti ad entrare nella vecchia fornace abbandonata e pericolante vicino casa.

«Se non rischi nella vita che gusto ci sarebbe?» gli diceva.

Dovevate vedere i loro litigi. Quando litigavano venivano giù anche le montagne.

Lui riusciva a tirare fuori la parte peggiore di lei e ne era contento.

Da quando quel giorno l’aveva fatta cadere mentre giocavano e aveva creato quella crepa nella maschera che portava era riuscito a insinuarsi al suo interno, ogni giorno, sempre di più, e quando litigavano usciva la vera Fleur.

Quella cattiva, quella vendicativa, la stronza che sapeva esistere dentro di lei e a cui voleva bene.

Si dicevano di tutto, se ne dicevano di tutti i colori e maledicevano sempre il giorno che si erano incontrati, ma al termine di ogni litigio dopo che lei gli lanciava qualsiasi cosa avesse in mano e se ne andava via arrabbiata, dopo due ore esatte lui si presentava sotto casa sua senza chiedergli mai scusa.

Serie: Brothers Series


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