OMBRE

Serie: OMBRE III


INDAGINE DI UN SIGNORE ANTICO E UN CANE

    STAGIONE 1

  • Episodio 1: OMBRE

Il lago era pura magia con tutte le luci dei piccoli paesi adagiati sulle colline intorno. Egli fu attratto da quel luogo, fin dalla prima volta che lo vide. Per un istante, un fremito di felicità e serenità lo fece sorridere.

Annibale decise di non alloggiare in albergo, ma presso un Borgo antico, con piccoli appartamenti splendidamente ristrutturati e molto tranquilli, proprietà di un amico. Considerando che marzo non era ancora un mese turistico, nel Borgo si poteva godere di una pace assoluta. Coricato su una altura a meno di un chilometro dal Lago Trasimeno e cinque chilometri dal centro del paese, circondato da ettari di ulivi e da una selva fitta e selvaggia, era un luogo di pace e bellezza. Tutta l’Umbria era diventata la nuova meta degli investimenti di personalità famose italiane e straniere.

Un rumore.

Aprì la porta verso la piazzetta. Nulla.

Per un istante si fermò, riconobbe un profumo che non avrebbe dovuto essere li.

“Non è possibile” pensò.

Improvvisamente, dal buio emerse una sagoma scura come la notte. Leggera, furtiva e letale.

“Ma come è possibile che …” non riuscì a terminare la frase.

Un forte dolore alla testa e poi fu notte.

Dietro la prima ombra, un’altra ne apparve. Senza una sola parola si misero al lavoro.

***

Aveva preso a nevicare la sera precedente e continuava senza sosta, una neve bagnata, pesante e sporca. Era l’ultima della stagione, prima che la primavera si facesse largo a spintoni ai danni dell’inverno. Il silenzio era totale, se si faceva eccezione per il russare di Leo, un Cocker Spaniel Blu Roano, il cui setto nasale produceva un rumore simile al brontolio di una vecchia caldaia rotta. Ero sveglio da ore, forse non avevo nemmeno dormito. Ore vuote, buie ed oscure e piene di pensieri e ricordi.

Quanti Marco ero stato? Nobile di lignaggio, professionista di successo, case, vacanze, una moglie, due figlie ed una serie lunghissima di “amici” rivelatisi in seguito, solo conoscenti. Poi la malattia.

L’imbruttimento, la perdita di contatto con la realtà, la mancanza di forza per il lavoro e la fragilità che si trasformava spesso in aggressività. E l’alcol, per alleviare la paura che rendeva ancora peggiore la discesa verso l’inferno. L’intervento, la chemio e l’allontanamento dai valori che avevano sempre rappresentato i pilastri della mia esistenza. Io, per due anni annegai la mia vita dentro bicchieri di Whisky e di Gin.

Moglie persa, allontanata per non farle ulteriore male, figlie sfuggenti e amici scomparsi, a parte due persone che ancora si ostinavano a sorreggermi. Sono caduto, mi sono inginocchiato, ho strisciato, sono stato calpestato e mi sono rialzato, ma diverso da ciò che ero. Ho lasciato a terra molti pezzi che forse non erano più necessari. Forse migliore? Si, forse sì, forse più sensibile alla sofferenza umana e più comprensivo della debolezza altrui.

Ero solo, Avevo deciso di raggiungere la casa sulle colline di Bagno di Romagna. Volevo isolarmi e respirare la solitudine.

La collina era sempre stata, in particolare negli anni cupi della malattia, il mio rifugio. Montagne antiche, non esili o imponenti come Dolomiti o Alpi, ma più morbide e apparentemente accoglienti. Montagne erose dagli elementi e lavorate dalla vita degli uomini che le abitavano, uomini e donne vissuti nella miseria e nella fatica. Montagne franche, che chiedono molto e ti concedono poco, ma un poco di grande valore.

La cittadina, conosciuta per le terme e la Sorgente del Tevere, è un luogo “Slow” dove si può assaporare il camminare e dove è ancora possibile sospendere la propria esistenza per qualche istante o per qualche tempo. Anche la casa, acquistata anni prima, costruita in pietra locale, trasmetteva un senso di solido e immutabile. Era stato necessario ricostruire tutta la parte est, usando ancora la pietra, ma abbinandola alla ghisa e al vetro.

Avevo creato, su un intero lato, una struttura simile ad una serra Vittoriana dove poter avere la sensazione di essere, quasi fisicamente, nel bosco, che distava davvero poco. Su tale lato, erano situate la cucina, la grande sala da pranzo e il salone. Tutte con grandi camini che mantenevo sempre accesi durante i mesi più freddi.

Spesso mi coricavo su un vecchio divano e guardavo il bosco e il fuoco nel camino che, nella grande sala, era in posizione centrale. Era un luogo sincero che rispecchiava la mia anima.

Il telefono aveva preso a ronzare; Fabio Silvestri. Un caro amico.

“Ciao Fabio. Sono le 7 del mattino. Cosa è accaduto?” Sapevo che difficilmente era sveglio e lucido prima delle nove.

“Annibale non dà segni di vita da due giorni. Dopo la prima sera, durante la quale ci siamo parlati, non ho più avuto risposta.

“Dove era diretto?” chiesi.

“Passignano Sul Trasimeno. Doveva parlare con un cliente importante che non ha mai incontrato. Al Borgo da Roberto, c’è arrivato, infatti ci siamo sentiti proprio mentre stava parcheggiando”.

Annibale era uno dei due cari amici e mi aveva sorretto tutte le volte che ero vicino al crollo.

***

Annibale era disteso dentro la vasca da bagno con la testa fuori a ciondoloni. Una ferita sulla parte frontale del capo che sanguinava copiosamente.

Nella vasca non c’era acqua ma solo schiuma depositata e attaccata alle pareti. Due ombre leggere nel buio. Anche se non c’era nessuno, si muovevano con lentezza e leggerezza quasi non volessero fare rumore. Cercavano qualcosa fra le carte sparse sul tavolo. Nessuna luce, solo una piccola torcia frontale che una di loro indossava. Scrisse qualcosa su un taccuino e lasciarono l’appartamento in silenzio.

All’esterno solo un gatto rosso si mosse; tutto era immobile e silenzioso.

Salirono su un grosso fuoristrada parcheggiato in una strada forestale dietro il Borgo. Era impossibile vedere l’auto. Accesero e partirono lentamente a luci spente. Due felini, letali e sfuggenti nella notte stellata.

***

Appena l’auto arrivò sulla strada principale, svoltò a destra in direzione Tuoro al Trasimeno. Arrivata al primo semaforo prese la direzione nord.

Procedevano ad una velocità studiata, non troppo lenta né troppo veloce.

Avevano tolto il passamontagna. Erano due donne dai capelli lunghi, curati.

La donna che guidava più matura, l’altra molto più giovane.

Proprio la più giovane controllava alcuni appunti trovati in un taccuino di pelle azzurra colmo di scarabocchi e calcoli, di numeri e grafici. Serie di lettere incomprensibili e due codici Iban scritti con una penna diversa.

“Sei sicura di averlo solo stordito? Hai colpito troppo forte. Poi perché hai voluto portarlo nella vasca?” chiese la donna giovane a quella che era il capo indiscusso.

Lei non rispose.

“Non si capisce cosa sia importante e cosa inutile in questi fogli pieni di calcoli e numeri. Solo i due codici Iban sono identificabili. Abbiamo il suo Laptop e quindi dovremmo riuscire a trovare ciò che cerchiamo” disse ancora la più giovane.

“Cerchiamo di entrare nel suo portatile e poi controlliamo i due codici trovati” concluse la donna che guidava.

Era fredda e non lasciava trapelare alcuna emozione, anche se aveva un viso dolce.

Non aveva alcun segno di agitazione né paura. Era preparata.

L’altra, la più giovane, si strofinava e contorceva le mani. Era agitata e impaurita.

La notte le inghiottì e scomparvero. Il lago non si vedeva più.

***

Le due donne si erano cambiate. Gli abiti usati la sera prima erano stati inseriti in un raccoglitore della Caritas, così che nessuno potesse risalire a loro.

Erano a Ravenna, nella casa della più matura delle due, una grande dimora in pieno centro.

Il tavolo del salone era occupato da tutti i fogli e gli appunti trovati la sera prima nella valigetta di Annibale.

Anche il Laptop era acceso e pronto.

Iniziarono con questo, ma immediatamente dopo averlo acceso, si trovarono in una pagina dove si chiedeva un ulteriore step di accesso indicando una sola parola.

“E ora che facciamo?”

“Chiudi subito. Controlliamo gli appunti, forse c’è anche altro fra tutti i numeri che sono scarabocchiati”.

Iniziarono con metodo a classificare e segnare ogni singola serie di numeri, con scarsi risultati.

“Forse non dobbiamo cercare numeri, ma lettere o una parola”.

“Qui c’è un nome scritto e sottolineato. JULIETTE. E poi vicino un numero lungo, forse un codice” disse la più giovane.

L’altra le si avvicinò. Capii immediatamente che era un numero telefonico francese, ma non disse nulla. Meglio condividere il minimo con lei, pensò.

“Va bene. Proviamo con questo nome”

“JULIETTE” invio.

Immediatamente il laptop aprì un file con molte cartelle ognuna delle quali era identificata con un nome, probabilmente clienti.

“Guarda, ce n’è una con il nome di Juliette, ma …” non fini la frase.

“Che hai” disse la più matura delle due donne.

“Il nome sulla cartella è Juliette Silvestri Blanc”.

Si guardarono in viso senza fiatare.

Annibale Silvestri non aveva avuto figli con la moglie, forse anche per via della età ed anche per il tipo di donna che Angela era, tutta dedita al divertimento, alla bella vita, alle SPA, alle vacanze continue..

Serie: OMBRE III


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Discussioni

  1. Mi sembra un buon inizio serie, intrigante e interessante. Ottima l’ambientazione lacustre e la capacità che hai di suscitare sensazioni attraverso le descrizioni del paesaggio. Forse, se posso permettermi, dovresti limare un pochino la parte centrale in cui le donne si muovono e agiscono. Nel senso che a volte i dialoghi risultano un pochino ‘spigolosi’. In ogni caso, queste storie mi piacciono molto e seguirò volentieri la serie.