
Oroborus
Dopo tutti questi anni, ritornare ancora.
Le vecchie case, i colori, il cielo dietro i rami. Gli amori che vivevo in queste strade. Dopo tutti questi anni, scoprirmi ancora uguale. A cosa mi è servito tanto tempo? Dimentico le parole delle stesse poesie, ancora non ho studiato i nomi dei fiori e degli uccelli familiari. Come sempre arrossisco nel confessare quel che sento.
Diresti che è tutto diverso, invece no.
Diresti che sono cresciuto, maturato, ma nell’animo che non si vede io sono uguale a sempre. I vuoti e le paure, la mia forza, i miei amori. Il mio sapere e non sapere nulla. Niente è cambiato. Faccio ancora gli stessi sogni. Lo stesso fuoco mi riscalda, desideri sempre simili mi chiamano. Se guardo sopra i tetti, il solito orizzonte mi si sveglia dentro. E gli occhi che cerco sono sempre i tuoi. Non è trascorso un giorno.
Non voglio più negarlo: brucio di memorie che non cambiano, non si consumano, forse sono eterne.
Le ritrovo nelle pietre e nelle stelle, le trovo qui da dove ho cominciato. Sono negli alberi che per primi ho conosciuto, nel colore del tramonto dell’infanzia. Sono nei profumi che ho creduto banali, nei paesaggi che so a memoria. Non lo sapevo, eppure ogni cosa era già qui all’inizio. I talenti che ho scoperto negli anni, sono nati insieme a me. Le nozioni che ho creduto di imparare, erano in me dal primo giorno. E adesso che ritorno, vedo che il mio viaggio era già scritto.
Senza saperlo, ho cercato nel mondo quel che mi aspettava a casa. Che era mio da sempre.
Finalmente. Adesso posso smettere di correre. Ora che ho compreso, non ho più nulla da guarire. O da cambiare, risolvere, scoprire. Ora che non é più nuovo niente, mi fermo e anch’io mi riconosco uguale. Il solito “me” di tutti i tempi. Non voglio più costruire, inizia il tempo per abitare. Basta imparare, é il momento di conoscere. E quel che è male, saprò tenerlo e consolarlo. E quel che ho di buono, ora posso donarlo senza timore di restare senza.
Avete messo Mi Piace2 apprezzamentiPubblicato in NarrativaOroborus:
Serpente o drago che si morde la coda formando così una figura circolare.
Apparentemente immobile, ma in eterno movimento, rappresenta il potere che divora e rigenera sé stesso, l’energia universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose che ricominciano dall’inizio dopo aver raggiunto la propria fine.
Penso che questo testo sia profondamente poetico, intenso e autentico. Trasmette con grande delicatezza il sentimento del ritorno, non solo fisico ma interiore, il senso di un ciclo che si compie e si rinnova.
Grazie mille Rocco! Nasce proprio da un sentimento come quello che tu descrivi.