Pepe sale e fiori freschi
Serie: Di ora in ora
- Episodio 1: Grazie Gino
- Episodio 2: Nonna Papera
- Episodio 3: Pepe sale e fiori freschi
- Episodio 4: La Pantera Rosa
- Episodio 5: Il puttino
- Episodio 6: Ore 12
- Episodio 7: Il pescatore
- Episodio 8: La gioia
- Episodio 9: Anita
- Episodio 10: Le cinque della sera
STAGIONE 1

Stesso giorno, di lunedì, ore nove. Lina aveva premuto il pulsante dell’apriporta esterna. Succedeva spesso che qualcuno dei condomini non avesse con sé le chiavi di quel portoncino. Aveva aperto senza chiedere neppure chi fosse. Subito dopo avevano suonato il campanello della porta blindata del suo appartamento. Lina aveva controllato dallo spioncino: “Nooo!!!” – aveva pensato con stupore. Il campanello aveva squillato per la seconda volta. Senza nessuna esitazione, Lina si era allontanata ed era andata in camera da letto a vestirsi. Aveva indossato un vestito semplice: sfondo nero a fiori piccoli come moscerini rossi. Calze nere, scarpe basse, comode. La sua statura era poco più che mignon ma, a parer suo, i tacchi stavano meglio alle donne già alte e soprattutto a quelle, beate loro, che sapevano camminarci senza sembrare ridicole e senza rischiare di rompersi qualcosa, perdendo l’equilibrio. E poi, dopo aver sentito l’oroscopo di Paolo La Volpe non era proprio il caso di mettersi le uniche scarpe con il tacco un po’ alto che aveva nella scarpiera. “Donna avvisata, mezzo salvata” avrebbe detto sua madre.
Era indecisa se mettersi addosso anche la giacca a vento. Il tempo sembrava mite. Prima di uscire un dubbio l’aveva assalita: e se lui, avendo visto la Smart parcheggiata poco lontano e avendo capito che lei era in casa, fosse rimasto lì? Meglio aspettare. Aveva preso in mano il libro di Bianca Aloisia Pepe sale e fiori freschi e aveva iniziato a leggere.
Le cinque casette a schiera: anticamera, più camera con bagno per ognuna, erano immerse nel verde e nel tripudio di colori delle piante in fiore. Le rose, la cedrina e la gardenia erano sotto le cure di Isella. Ogni volta che accostava il naso a quell’infiorescenza bianco-giallognola, che sapeva di limone e zagare, pensava, oppure diceva ad alta voce: “Chi non ha mai sentito il profumo della gardenia, ha perso un piacere unico, un attimo di benessere che rasenta la felicità. Una piccola cosa, fugace, che ravviva i sensi e il senso della vita”.
Titti, quando Isella si lanciava con la sua poetica, ironizzava. In uno di quei momenti di grande trasporto romantico, l’aveva quasi atterrata in pieno volo. ” Per favore, fatte silenzio, ascoltate Duranta.“
“Chiii???”
“Duranta, la figlia sconosciuta di Durante Aligheri.”
E Isella: “Veramente la duranta è una pianta ornamentale, un arbusto che appartiene alla famiglia delle Verbenacee. Dubito che Dante avesse una figlia con quel nome”.
“Che ne sai? Da Gemma Donati probabilmente no. Ha avuto una sola figlia femmina che si chiamava Antonia. E neppure da Bice Portinari (la famosa Beatrice); magari, il sommo poeta del volgare, poteva essere un volgare donnaiolo. Chi lo sa? Uno di quelli che lui stesso avrebbe mandato all’ottavo girone, nel diciottesimo canto dell’inferno, tra i ruffiani, i seduttori e gli adulatori. Forse andava in giro in cerca di consolazione, dopo la morte precoce di Bea e per il suo triste matrimonio combinato con Gemma Donati. I suoi canti può averli scritti per incantare le giovincelle, lasciandole sedotte e abbandonate.”
“Ma non dire eresie” – aveva concluso Isella – “Stai scherzando o stai cercando di dissacrare il padre della lingua italiana? Se ti sentisse la Cardia ti fulminerebbe.”
” La professoressa Cardia non può più offendersi: ormai è morta, sepolta e dissolta.”
***
Nina, intanto, toglieva un po’ di erbacce dalle sue ortensie, nelle varie tonalità di rosa, dal più chiaro al più intenso. Aveva piantato le talee da un’unica pianta madre, comprata in un vivaio. Le diverse gradazioni di colore e l’abbondanza delle fioriture, le aveva ottenute con un metodo ben noto a tutti i giardinieri professionisti e dilettanti. Un rimedio fertilizzante per piante acidofile, semplice e naturale che Nina aveva ereditato da sua nonna, come fosse un vecchio trucco segreto e quasi magico, da custodire gelosamente. Quando le suggeriva uno dei tanti nutrimenti da somministrare ai fiori, la nonna parlava sottovoce, come se le vicine potessero origliare e scoprire i suoi rimedi segreti. In realtà non era nulla di speciale: fondi di caffè, aceto diluito in acqua e cacca di gallina del suo pollaio. Molto tempo dopo Nina aveva scoperto che, per ottenere un rosa più intenso, si poteva arricchire il terriccio delle ortensie, con il fosforo e il potassio delle bucce di banana.
I cespugli, in uno spazio a mezz’ombra, tra una pianta di agrumi e un grosso cactus, erano diventati enormi, pieni di infiorescenze che davano conforto alla vista, alla mente e al chakra del cuore. Guardare a lungo e perdersi in quelle composizioni globose, nelle loro sfumature in armonia con la loro natura femminile, era come una forma di meditazione, che favoriva l’equilibrio dei parametri vitali.
***
Tania si occupava delle piante grasse, di erbe aromatiche e di un grosso albero di limoni. Potava, fertilizzava, curava le foglie un po’ ingiallite con il solfato di ferro e alcuni parassiti con un insetticida biologico, il bacillus thurigensis.
Tra i cactus c’era anche qualche opunzia. Erano piante poco esigenti, che potevano crescere anche senz’acqua, utilizzando l’umidità dell’aria. I frutti erano deliziosi: crudi, in confettura o per fare la sapa, molto diversa da quella ottenuta con il mosto d’uva. Tania creava ogni genere di golosità, utilizzando i fichi d’india. Stare in cucina, tra forno e fornelli, l’aiutava a non pensare.
Le piante grasse spinose non erano una gran bellezza, quando fiorivano, però, erano sorprendenti. Veniva voglia di fotografarle per non perdere quell’immagine preziosa che raramente compariva e troppo presto svaniva. Titti immortalava, faceva decine di scatti, poi selezionava e salvava in pendrive. Con la sua stampante laser faceva ingrandimenti, che proteggeva dall’umidità inserendo le foto tra i fogli di un album da disegno. Titti, per la fotografia aveva un talento speciale: riusciva a cogliere certi dettagli, poco evidenti a occhio nudo, che sapeva catturare ed esaltare nell’immagine. Di dedicarsi al giardinaggio non voleva saperne. Le mancava il pollice verde. Dopo tante delusioni, paragonabili a certi piccoli disincanti amorosi, era arrivata alla conclusione che fosse meglio non avere alcun fiore da coltivare, piuttosto che vederli appassire, prima ancora di sbocciare. Ogni tanto, quando le amiche le chiedevano di contribuire ad arricchire la flora del loro giardino lei, atteggiandosi ironicamente ad artista, citava Marc Chagall: “I fiori non li posso veder morire; per questo li metto sulla tela, così vivono più a lungo”.
” Chi Zacharovic?”
“Zacharovic??”
“Si, il suo nome era Mark Zacharovic Sagal” aveva precisato Isella. “Era nato in Bielorussia, ma è vissuto in Francia, sin da ragazzo; quindi il suo nome è diventato Marc Chagall.“
La sua amica l’aveva guardata con una mezza smorfia sulla bocca, come se volesse dirle di non fare la solita sapientona, ma poi le aveva risparmiato il commento.
***
Nella, intanto, aveva piantato altri bulbi di amarillidi rossi, tra gli iris, i narcisi e le fresie, in una grande aiuola rotonda, posizionata in bella vista, davanti all’ingresso principale della casa. Il profumo più forte era quello delle fresie: veniva voglia di metterci il naso sopra ogni volta che si passava accanto. Se qualcuno osava dire: “Tagliamo un mazzolino da mettere sul tavolo?” Nella minacciava: “Guai a voi, Vi taglio le mani.”
***
Lina aveva letto quelle prime pagine del libro che le colleghe le avevano regalato per il compleanno, conoscendo la sua mania, quasi patologica, per i fiori e per la botanica in generale. Il tempo era volato in un baleno, come sempre, quando iniziava a leggere qualcosa che le andasse a genio. Le era passata persino la voglia di uscire. “Quasi, quasi” – si era detta – “mi infilo le pantofole, che sto più comoda, e continuo a leggere. A far due passi posso uscire anche dopo pranzo. In quel momento aveva squillato il cellulare. Identità riservata. Lina stava per rispondere, poi ci aveva ripensato. Aveva sete, perciò aveva deciso di preparare la solita spremuta di arance: la sua dose quotidiana di vitamina C. Quando non era abbastanza dolce aggiungeva un cucchiaino di miele e qualche goccia di propoli in soluzione idroalcolica: un toccasana per il suo sistema immunitario.
Aveva rivolto lo sguardo verso la sveglia appesa alla parete: erano quasi le dieci. In quel momento aveva deciso cosa preparare per pranzo. Aveva tolto il sugo che aveva messo da parte nel congelatore, per poter cucinare, più tardi, un piatto di spaghetti. Avrebbe preparato anche l’insalata, ma niente dolci. La sua razione di torta l’aveva già consumata a colazione. Era l’ora giusta, in cui l’organismo aveva più bisogno di zuccheri. Meglio non esagerare. La brutta nottata appena trascorsa le sarebbe bastata come lezione, per parecchio tempo. Non era sua abitudine eccedere nel mangiare: da buona bilancia, non passava giorno senza controllare il peso. E poi, come diceva Paolo La Volpe, l’equilibrio era fondamentale in tutte le cose.
Mentre posava il contenitore ghiacciato del sugo sul tavolo, avevano suonato alla porta. Lina, con passo felpato, era andata a controllare attraverso lo spioncino.
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Ci credi se ti dico che ho cercato notizie del libro che sta leggendo Lina? Sono riuscita a scoprire che Aloisia Bianca in realtà è la protagonista di una leggenda di fantasmi 😀
A parte questo, invidio la passione di Lina per i fiori e le piante. In casa mia non riescono a sopravvivere nemmeno le piante di plastica, devo emanare una sorta di energia negativa…
Sono molto curiosa riguardo alla persona lasciata alla porta.
Dai, ma davvero hai cercato il libro? Uno dei miei pseudonimi e` Cedrina, conosciuta anche come erba Luisa o Aloisia. ” Pepe sale fiori freschi” e`uno dei miei romanzi nel cassetto che non sono riuscita a pubblicare e sto “smembrando”, a poco a poco.
“era arrivata alla conclusione che fosse meglio non avere alcun fiore da coltivare, piuttosto che vederli appassire, prima ancora di sbocciare”
Sono dello stesso avviso, purtroppo la natura mi ha dotata di un “pollice nero”😂
Io invece sono messa peggio: ho piu` filing con le piante che con i miei simili, troppo spesso. Con molte eccezioni, pero`. 😉
Le azioni di Lina e i suoi pensieri parlano di un totale equilibrio delle cose, nello spazio, nel tempo, scandito a forza di gesti abitudinari ma intensamente vissuti.
Grazie Bettina, mi piace questa lettura così positiva del racconto. Credo che lo leggerò di nuovo, con il tuo sguardo benevolo, mi farà star bene. Un abbraccio.
Brano molto carino, quasi bucolco, anche se la nostra protagonista ama rendersi irreperibile, quindi c’è qualcosa da nascondere. Vediam ocome prosegue nel prossimo episodio
Lina cerca di negarsi a colui o a colei che sta dietro la porta perche’… Un due, tre… a scoprirlo tocca a te, se leggendo verrai appresso a me. E di nuovo diro´ grazie a te.
Sto apprendendo con interesse le tue lezioni di botanica,
Grazie Fabius. Lezioni da dilettante “in erba”.