
Pillole per l’emicrania
Serie: L'ho già fatto
- Episodio 1: Pillole per l’emicrania
- Episodio 2: L’ho già fatto
STAGIONE 1
«Dunque, mi diceva: una grande barca, dei palloncini colorati, musica assordante, sua moglie che balla in costume da bagno, delle ballerine che danzano e un inebriante profumo di incenso. Lei è sdraiato a prendere il sole nonostante il cielo sia nuvoloso, è corretto?»
«Sì, sì, Dottore, corretto. Poi la musica si interrompe all’improvviso e mia moglie cade in acqua.»
«Capisco. Beh, è un sogno bizzarro, non c’è che dire.»
«Cosa significa Dottore? Che significato ha?»
All’ennesima domanda sull’ennesimo sogno raccontato dal Sig. Tomsey, il Dott. Freuler sospirò e attese qualche secondo prima di rispondere. Non tanto perché non sapesse cosa dire, quanto perché il Sig. Tomsey cercava risposte che non esistevano. Dei significati certi, razionali e profondi, che nessun medico avrebbe potuto soddisfare. E poi perché il Sig. Tomsey sembrava andasse in analisi solo per raccontare ed avere delucidazioni sui propri sogni, come se il medico dovesse interpretare alla perfezione ogni simbolo, ogni oggetto ed ogni situazione che compariva nel suo inconscio più profondo. Non che un medico non potesse mettere al servizio del paziente la propria esperienza. Ma nelle sedute col Sig. Tomsey, sembrava che contasse solo quello. Anzi, al Dott. Freuler pareva di non governare affatto la terapia, cosa che gli accadeva di rado, per non dire mai, con gli altri pazienti. Le sedute con il Sig. Tomsey andavano avanti ormai da un anno e mai ce n’era stata una che non avesse avuto per argomento, il sogno. D’altra parte, già dall’inizio, il Sig. Tomsey era stato chiaro e aveva espressamente richiesto una serie di incontri che vertessero su quel tema. Il Dott. Freuler aveva acconsentito in modo automatico, senza entrare nel profondo della questione, ma mai avrebbe immaginato che l’esperienza sarebbe stata così totalizzante.
«Sig. Tomsey, come le ho spiegato più volte, non c’è per forza un significato chiaro e marcato sui sogni che lei fa. È importante valutare molti aspetti, prima di addentrarsi nell’analisi del sogno stesso. Ad esempio, le chiedo, si ricorda cosa provava prima di andare a letto? Era inquieto? Era tranquillo? Ha parlato con sua moglie? Come ha trascorso la giornata?»
Le sue parole erano appena spazientite, ma la sua voce appariva come calda e rassicurante.
«Ma Dottore… Dottore… mia moglie che balla e poi che cade a terra non potrebbe essere il simbolo dei miei fallimenti professionali e di mia madre che non ha mai incoraggiato le mie aspettative?»
Ecco quello che succedeva sempre. Il Sig. Tomsey lo ignorava completamente. A quel punto il Dott. Freuler sospirò in modo più udibile e visibile e, con lo stesso tempismo di quando si è costretti ad abbassare il volume durante il momento più bello di un pezzo musicale, disse:
«Mi dispiace Sig. Tomsey, la seduta è terminata. È finita l’ora.»
E si congedò pochi secondi dopo.
Non appena fu uscito anche il Sig. Tomsey, il Dott. Freuler era pronto per tornare a casa, considerando che quello era l’ultimo appuntamento della giornata. Il sole stava per tramontare e dalla piccola finestra dello studio del Dott. Freuler entrava una luce ocra pallido che illuminava tutta la stanza. Era una stanza piccola, in realtà. La finestra era più che sufficiente per illuminarla tutta. Ed era anche uno studio sobrio. Ordinato, certamente, ma essenziale. Una scrivania con una sola sedia per il Dott. Freuler; una libreria di media grandezza che occupava tutta la parete principale, con dei libri di psicologia girati volutamente a favore di copertina, per farne apprezzare meglio il titolo; un lettino, dove si consumavano il più delle sedute dei pazienti; e una poltrona comoda, se qualcuno avesse preferito star seduto, invece che sdraiato. All’ingresso c’era un appendiabiti in legno di faggio, con delle braccia che si staccavano dal tronco principale, come a simulare i rami di un albero. Il Dott. Freuler prese il soprabito e uscì dallo studio.
Fu durante il tragitto del ritorno, che il Dott. Freuler aveva la fortuna di poter percorrere a piedi, visto che non impiegava più di venti minuti da casa allo studio, che cominciò a maturare un fugace ma nitido pensiero: quello che il Sig. Tomsey odiasse profondamente la moglie. Nei suoi sogni, la moglie era sempre presente in un’accezione negativa o appariva come costante presenza pronta a sparire nell’attimo successivo. Per la verità, non era la prima volta che il Dott. Freuler faceva quel pensiero. Alla seconda seduta con il Sig. Tomsey, per un breve ma interminabile momento aveva creduto che il paziente si stesse prendendo gioco di lui, quando raccontò che aveva sognato dei bersagli a forma di faccia della moglie. Nel sogno, il Sig. Tomsey doveva centrarli con dei pomodori. In quella, ma in molte altre occasioni, il Dott. Freuler aveva chiesto al Sig. Tomsey di approfondire il rapporto con la moglie, ma lui rispondeva che le cose andavano alla grande, adesso. Avevano passato dei periodi difficili, fatti di incomprensioni e tradimenti, ma che entrambi erano stati in grado di cambiare rotta. Una risposta del genere non era mai stata abbastanza per il Dott. Freuler, che più volte aveva cercato di andare a fondo a quell’argomento, senza successo. Lanciava di tanto in tanto delle imbeccate che avrebbero dovuto portare il paziente a parlare più a lungo della moglie, senza essere più esplicito. Ma il pesce non abboccava all’amo, col risultato che la moglie del Sig. Tomsey non veniva quasi mai nominata, se non durante il racconto dei sogni.
Così, quel pensiero svanì con il passare delle sedute. Ma stavolta, dopo il racconto del sogno sulla barca, riaffiorò. E anzi lo accompagnò anche durante tutta la serata e per le prime ore della notte, tanto che non riuscì subito a prendere sonno. Per la verità, non riuscire ad addormentarsi era una prassi per il Dott. Freuler, ma il più delle volte era a casua di alcune pillole che prendeva per combattere l’emicrania, di cui soffriva. Placavano il dolore, ma lo rendevano inquieto.
Qui invece il pensiero che lo teneva sveglio, non era tanto se davvero il Sig. Tomsey odiasse la moglie. Ma perché non glielo dicesse. A quale scopo? Mentire al proprio medico? Mentire a se stessi? Non voler accettare un rapporto del genere? O magari si sbagliava ed era tutto a posto? Decise che avrebbe tirato fuori nuovamente il tema alla prossima seduta. E crollò dal sonno.
I giorni successivi rafforzarono la volontà del Dott. Freuler di scoprire la verità. Era deciso più che mai ad incalzare il Sig. Tomsey per andare a fondo alla questione e, qualora non fosse bastato, sarebbe arrivato persino a chiederglielo in modo esplicito: “Lei odia sua moglie?” “Perché la odia?” “Perché non me lo ha detto?” La sua stava diventando una sfida personale.
Arrivò lunedì, giorno della seduta del Sig. Tomsey. Il Dott. Freuler lo attendeva nella stanza già seduto alla sua postazione, con un sorriso a mezza bocca proprio di chi la sa lunga, ma soprattutto di chi sta vivendo con impazienza un momento e quel momento è finalmente arrivato. Letteralmente, non vedeva l’ora. Come un bambino che sta per varcare i cancelli del suo parco giochi preferito.
Il Sig. Tomsey spaccò l’orologio, com’era suo solito. Salutò e si sdraiò sul lettino. Il Dott. Freuler sapeva che il suo paziente avrebbe, di lì a poco, iniziato a raccontare l’ennesimo sogno. La sua idea era di lasciarlo fare, per poi incalzarlo non appena avesse finito di raccontare. E infatti il Sig. Tomsey cominciò:
«Stanotte Dottore, ho sognato qualcosa forse di più bizzarro dell’ultima volta. Bizzarro, vero? Aveva detto così, l’ultima volta.»
Il Dott. Freuler annuì rapidamente. Voleva proseguire e arrivare subito al dunque. E il Sig. Tomsey continuò:
«Un coltello insanguinato. Una stanza, una piccola stanza con un letto, un armadio e poco altro. Credo fosse una stanza d’albergo. Una musica assordante, anche stavolta. Solo una piccola luce accesa sul comodino, che a malapena faceva distinguere gli oggetti. E poi una…»
Lo interruppe il Dott. Freuler all’improvviso, senza pensarci:
«E sua moglie?»
«Mia moglie… cosa?»
«Sua moglie. Sua moglie non c’era in questo sogno? Nei sogni che mi racconta, Sig. Tomsey, c’è sempre sua moglie. Lo sa.»
«Ah, mia moglie. Certo che c’era. Mia moglie era sdraiata sul pavimento. E aveva i vestiti sporchi di rosso.»
Il Dott. Freuler raggelò. Fu un lampo. Anzi, di più. Un lampo a ciel sereno. Il coltello, il sangue, il buio, la moglie sdraiata per terra. Il Sig. Tomsey non odiava sua moglie. Voleva farla fuori. E nei suoi sogni gli appariva la via per come fare.
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Carino ma a tratti lento. Forse gli manca un po di brio. Corro a leggere la seconda parte 🙂
Realmente intrigante. Passo alla conclusione per un commento più esaustivo.
Ironico ed intrigante questo primo episodio, sospendo i commenti in attesa del secondo episodio, come da suggerimento dell’autore.