
Play… Stop
Serie: Due bastardi pelosi
- Episodio 1: Prime avvisaglie
- Episodio 2: Lo scontro e le minacce
- Episodio 3: Una situazione insopportabile
- Episodio 4: Il primo incidente
- Episodio 5: Ipotesi di vendetta
- Episodio 6: Il giorno del rapimento
- Episodio 7: Perché?
- Episodio 8: Play… Stop
- Episodio 9: Il secondo incidente
- Episodio 10: Epilogo
STAGIONE 1
Il giovedì della settimana successiva, nel primo pomeriggio, passai davanti alla casa dei miei ex-vicini. Avevo portato a termine il mio proposito di restare tranquillo per sette giorni, ma non era stato facile. Era il momento di andare a vedere cosa fosse successo. La prima cosa che notai furono i volantini incollati ai lampioni, alle fermate degli autobus, alle porte dei negozi… Assolutamente fantastico. Mi accorsi che stavo sorridendo. Era il momento giusto.
Vagai per la città fino all’ora di cena, non ce l’avrei fatta a rientrare a casa e attendere tranquillo il momento di agire. Era da molto tempo che non passavo del tempo passeggiando senza alcuna meta.
«Da più di un anno» mormorai a me stesso, «e l’ultima volta non ero solo.»
Come spesso accadeva, quando pensavo alla mia vita precedente provavo la sensazione che quello che stavo facendo fosse una follia. Chiamatela nostalgia, chiamatela profonda tristezza, o come diavolo volete… È quel senso di vuoto che ti prende qui, tra lo stomaco e il cuore, quel tremore impercettibile, quel leggero cedimento dei muscoli delle gambe. In quei momenti provavo l’impulso di mollare tutto e di riportare i cani ai loro proprietari. La voce di Francesca continuava a ripetermi che non ne valeva la pena. E in quei momenti, l’elenco delle chiamate perse, quelle trenta chiamate perse, mi serviva a trovare la motivazione e la forza per andare avanti.
Play. Dieci secondi sono sufficienti, pensai. Volume troppo alto… Stop.
Play. Volume perfetto. I guaiti e gli altri versi sono reali! Stop.
La strada era illuminata dai lampioni e dalla luce rassicurante che proveniva dalle finestre delle case. Dieci secondi furono sufficienti: i miei ex-vicini uscirono in strada correndo, in ciabatte e tuta. Una scena da Oscar… Il più esilarante fu il capofamiglia: si fermò sul marciapiede davanti al cancello muovendo a scatti la testa a destra e a sinistra.
«Ronnie! Greta!» chiamò per decine di volte.
«Ronnie! Ronnie! GRETA!» fecero eco le voci degli altri componenti della famiglia.
Avrei voluto restare molto più tempo a osservare e a gongolare per la soddisfazione, ma avevo paura che le altre persone che da lì a poco sarebbero uscite dalle loro case richiamate dal caos che si era scatenato in strada avrebbero potuto riconoscermi. Mi allontanai. Un punto a mio favore, pensai. Uno a zero, palla al centro!
E adesso conoscevo anche il nome dei due cani.
«Greta e Ronnie. Che cazzo di nomi» dissi ridendo a voce alta.
Programmai la seconda incursione quattro giorni dopo. Parcheggiai abbastanza lontano e percorsi a piedi la strada. Quando passai davanti alla mia vecchia casa fui sommerso da un profondo senso di tristezza. Volsi lo sguardo dall’altra parte e mi concentrai sull’altra casa, quella che invece faceva crescere in me un sentimento di odio. Solo le finestre del piano terra erano illuminate, la dolce famiglia era quasi sicuramente intenta a cenare. La via era quasi deserta, fatta eccezione per due ragazzi che parlavano a qualche decina di metri davanti a me e un uomo che stava arrivando in bicicletta. Arrivai alla curva a gomito in fondo alla via e diedi vita alla seconda puntata dello spettacolo…
Le prime grida che sentii furono quelle della bambina. Mi fermai a osservare da lontano e la vidi uscire fuori di corsa dal cancello e buttarsi in mezzo alla strada urlando i nomi dei due cani. Confesso che ebbi paura, non avrei mai voluto che alla bimba potesse accadere qualcosa… forse. In pochi istanti la strada deserta prese vita: la bambina che urlava, i genitori e l’adolescente segaiolo che urlavano a loro volta cercando di fermarla. Il punto forte, l’attore protagonista degno del premio Oscar, era sempre il padre: in mutande e canotta correva dietro alla figlia urlando non so cosa e nominando il nome di Dio invano… e non solo quello di Dio! Dalle finestre delle altre case spuntavano visi stupiti e molte persone erano scese in strada per capire cosa stesse succedendo.
Avrei voluto un posto in prima fila per assistere a quella rappresentazione, ma dovetti proseguire nella mia direzione per uscire dal campo visivo. Era troppo pericoloso! Ed era una sensazione inebriante!
Tornai a casa in preda all’eccitazione. Un sorriso, forse meglio dire un ghigno, alterava i lineamenti del mio volto.
– – –
«Giorgio! Che piacere sentirti!» dissi rispondendo alla chiamata.
«Sempre latitante» scherzò, «ti ho cercato qualche giorno fa…»
«Mea culpa! Ho visto la chiamata, ma in quel momento avevo qualche difficoltà a rispondere. Poi, sai come succede… la memoria, gli impegni…»
Parlammo di tutto e di niente per quasi mezz’ora. Mi serviva scambiare due parole con un amico.
«Novità dal quartiere?» domandai.
«Tutto come sempre… anzi, no! Una novità c’è. I tuoi due amici a quattro zampe sono spariti. La bella famigliola esce praticamente tutti giorni a cercarli, soprattutto nel tardo pomeriggio» mi raccontò. «Si dice che siano in zona e che non vogliano tornare là dentro» disse ridendo, «perché qualcuno li ha sentiti abbaiare.»
«Ieri sera tutta la famiglia ha dato spettacolo! Il padre era in strada a urlare e correre in mutande… un vero spasso! Ha continuato a inveire e urlare per più di mezz’ora anche quando è rientrato in casa con moglie e figli!» Il tono di voce divenne più serio. «Qui siamo tutti un po’ preoccupati proprio per loro, soprattutto per la bambina. Quell’uomo è pericoloso…»
Un brivido di piacere misto a una leggera preoccupazione (paura?) mi scosse. Il piano stava funzionando alla grande! Avrei dovuto fermarmi qui? Assolutamente no. E se la mia coscienza mi avesse in qualche modo convinto del contrario avrei semplicemente aperto la lista delle chiamate di Francesca, le chiamate a cui non avevo risposto quel giorno di due anni prima.
Salutai Giorgio e mi preparai per l’incontro quotidiano con i due piccoli bastardi. Il flacone mi guardava dal tavolo.
Ma non ero dell’umore giusto per offrirne adesso il contenuto ai due cani.
Serie: Due bastardi pelosi
- Episodio 1: Prime avvisaglie
- Episodio 2: Lo scontro e le minacce
- Episodio 3: Una situazione insopportabile
- Episodio 4: Il primo incidente
- Episodio 5: Ipotesi di vendetta
- Episodio 6: Il giorno del rapimento
- Episodio 7: Perché?
- Episodio 8: Play… Stop
- Episodio 9: Il secondo incidente
- Episodio 10: Epilogo
davvero inquietante questo episodio. mi è sembrato di avvertire un sorta di “ribaltamento”…i cani che seguitano ad abbaiare ma da un altro posto, ora. sono curiosa di sapere il seguito. colgo il protagonista in bilico tra due opposte forze, cedere all’odio o sottrarsi e fermarsi in tempo? chissà…
Sono stato in bilico anche io mentre scrivevo il racconto. Sono arrivato quasi alla fine senza aver chiaro cosa il protagonista avrebbe fatto. Adesso è scritto, ma…
“Confesso che ebbi paura, non avrei mai voluto che alla bimba potesse accadere qualcosa… forse. “
micidiale questo passaggio, bravo!
Grazie Dea. Prima i cagnolini e adesso i bambini… Sono messo male, vero? 🙂
ma io direi assolutamente no, anzi! stai sondando un aspetto dell’animo umano che sfiora tutti, ma dove pochi hanno coraggio di addentrarsi…
🙏 Grazie! E’ sempre molto utile confrontarsi. Permette di vedere le cose da un altro punto di vista.
Sono sia curioso che timoroso di scoprire ciò che accadrà nella fase tre.
Attendo il seguito. 👍
Grazie per la fiducia!
“Ma non ero dell’umore giusto per offrirne adesso il contenuto ai due cani.”
L’umanità si fa sempre strada attraverso l’orrore, in questa bella serie. Complimenti!👏
Ciao Giancarlo. È quell’alternarsi di stati d’animo in cui talvolta ci troviamo: sono pronto, non mi ferma nessuno, ma…