Prologo
Serie: Per Lasciare Andare
- Episodio 1: Prologo
STAGIONE 1
Si avvicina al parapetto, Leia, e guarda giù; è più alto di quanto pensasse. Da lassù è possibile sentire il vento che scuote gli alberi, il brusio costante della vita che, nonostante tutto, continua il proprio flusso. I ciottoli scricchiolano sotto il suo peso, come a ricordarle che, per il momento, possiede ancora una massa, un volume, un corpo.
È a questo che Leia vuole porre rimedio: è stanca di sentire il proprio peso, non vuole continuare a prendere parte al rumore che le riempie le orecchie qualche metro sotto di lei.
Intrufolarsi nell’edificio abbandonato è stato più facile del previsto: da mesi ormai si chiedeva se avrebbe avuto il coraggio di farlo, e come avrebbe fatto ad entrare senza destare sospetti. Le sue preoccupazioni si sono rivelate inutili: una volta arrivata ai piedi del vecchio hotel, le è bastato saltare la recinzione per entrare nell’edificio abbandonato, privo di ogni misura di sicurezza.
Da lì è andato tutto in discesa: dall’atrio che l’ha accolta al proprio ingresso è stato possibile individuare con facilità le scale, che l’hanno condotta fino al tetto passando per ogni piano della vecchia struttura, permettendole di scorgere sprazzi di una vecchia eleganza ormai dimenticata. Non si è soffermata molto a guardare le stanze, ma ha potuto notare come alcune di queste fossero state saccheggiate dei propri beni, mostrandosi ora come ventri vuoti e sofferenti; le spiace, perché ricorda come i genitori le avessero confidato come, all’epoca, soggiornare nell’unico hotel del paese fosse un lusso concesso a pochi.
Ora nessuno concede più di un veloce sguardo al vecchio edificio: al massimo ci si chiede perché non sia stato ancora raso al suolo.
Leia vuole rendergli grazie invece: è grazie a questo posto se può prendere una decisione. Arrivata al secondo piano, si prende un po’ di tempo per guardare il ristorante. È evidente che la vecchia e capiente stanza era stata progettata per ospitare un gran numero di commensali; le pareti decorate in marmorino giallo, ormai opache e rovinate, una volta risplendevano ed illuminavano la sala grazie ai giochi di luce prodotti dai tre lampadari in vetro che pendevano dal soffitto, ora anch’essi spenti e muti.
Non c’è più gioia lì: le risate, il tintinnio delle posate, il passaggio concitato dei camerieri non riverberano più dalle pareti, e tutto è diventato grigio e immobile. Leia un po’ ci si riconosce in quella stanza vuota. Anche la sua primavera è finita da tempo, e non vuole assistere a un altro lento decadimento. È questo pensiero che muove le sue gambe verso gli scalini che ancora l’aspettano.
Gli altri tre piani si rivelano molto meno interessanti, costituiti da un lungo corridoio che conduce alle camere dell’albergo. Lei procede imperterrita fino al quinto piano, l’ultimo; è alla fine del corridoio di questo piano che vede una vecchia porta antincendio. Normalmente aprire quella porta farebbe scattare l’allarme, ma in questo posto la corrente manca ormai da anni. È questo pensiero che la spinge a stringere il maniglione, non troppo convinta: “E se scattasse comunque una sorta di allarme? E se venisse allertato qualcuno?” Non saprebbe dare una giustificazione valida alla propria presenza in quel luogo. Il pensiero la fa rabbrividire: è fin troppo chiaro cosa potrebbe farci lì lei, che non è mai stata coraggiosa o avventurosa.
“Forse sarebbe meglio desistere” pensa. Fissa ancora lo sporco maniglione verde, e la sua mano riluttante allenta leggermente la presa.
Sta avvenendo un tumulto all’interno della sua testa, in questo momento: un caos di pensieri contrastanti la invadono, alcuni a favore dell’arresa e alcuni che invece la smuovono a portare a termine la propria missione, che ci ha messo così tanto a valutare e mettere in atto. È sempre stato così, per lei: non è mai stato facile prendere una decisione. Anche quando ciò che voleva davvero fare era evidente, non ha mai potuto fare a meno di soppesare le varie possibilità alla ricerca di una risposta universalmente corretta.
Questi ragionamenti muovono in lei una frustrazione tale che le portano in un secondo a serrare la presa e spingere: la porta si è aperta senza protestare e, soprattutto, senza alcun suono d’avvertimento. Rimane un attimo perplessa, Leia, il cuore in gola e le mani sudate: l’ha fatto davvero. Cerca di ricomporsi e di tornare al distacco che percepiva fino a pochi minuti fa, mentre percorreva il corridoio. Cerca di sopprimere tutti i pensieri che vorrebbero farla ragionare su cosa avrebbe fatto se fosse davvero scattato, quel maledetto allarme.
Si convince che ormai è inutile pensarci, e cerca di scrollarsi di torno la spiacevole sensazione. Si concede ancora qualche minuto per calmare il proprio cuore prima di attraversare la porta che la conduce all’esterno dell’edificio, su una stretta scala di ferro che percorre l’intero lato destro dell’edificio, con un piccolo pianerottolo in corrispondenza di ogni piano. La scala, nota, procede fino al tetto.
Percorre l’ultima rampa di scale che la conduce sul tetto del vecchio edificio, un quadrato di cemento desolato che ospita antenne, qualche mozzicone di sigaretta e poco altro.
È arrivata, finalmente. Percorre i pochi metri che la separano dal confine dell’edificio con una calma che non lascia trapelare la confusione nella sua testa intenta a registrare quanti più dettagli i sensi le permettano di captare: il vento che le solletica la pelle, il fastidioso scricchiolio dei ciottoli sotto le scarpe, l’odore umido e afoso che lascia intendere che la pioggia è poco distante, il palpito incessante del suo cuore che riverbera dentro il suo corpo percorrendo le vene e arrivando a farsi sentire fino alle sue orecchie.
Con i gomiti ora poggiati al parapetto e lo sguardo perso verso un punto indefinito al di sotto, verso la strada, Leia si prende tutto il tempo necessario per ripensare a tutti quei passaggi che nella vita l’hanno portata portata a qui, in questo momento, con questa risoluzione.
Le è sempre piaciuto pensare che qualcuno potesse ascoltare i suoi monologhi interiori, e che questo qualcuno fosse interessato a conoscere la sua storia: un po’ come in un racconto, di cui lei è la protagonista.
Serie: Per Lasciare Andare
- Episodio 1: Prologo
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