
Radici (1/2)
Serie: L'angoscia e l'ignoto
- Episodio 1: La mia casa è laggiù (1/4) – Sogno numero uno
- Episodio 2: La mia casa è laggiù (2/4) – Sogno numero due
- Episodio 3: La mia casa è laggiù (3/4) – Fuori dal sogno
- Episodio 4: La mia casa è laggiù (4/4) – La scelta
- Episodio 5: Polvere (1/2) – Memento, homo
- Episodio 6: Polvere (2/2) – Come la sabbia nella clessidra
- Episodio 7: L’App delle risposte (1/2) – Quando moriremo?
- Episodio 8: L’App delle risposte (2/2) – Ore 02:37
- Episodio 9: Inferno (1/2) – Luce e ombre
- Episodio 10: Inferno (2/2) – Occhi
- Episodio 1: Babau
- Episodio 2: La tettoia dei giochi di Vince (1/3) – L’errore
- Episodio 3: La tettoia dei giochi di Vince (2/3) – La minaccia
- Episodio 4: La tettoia dei giochi di Vince (3/3) – Rimbalzi
- Episodio 5: Ketogenic (1/6) – L’impegno
- Episodio 6: Ketogenic (2/6) – Due semplici regole
- Episodio 7: Ketogenic (3/6) – Il terzo jolly
- Episodio 8: Ketogenic (4/6) – Un modo per perdere peso
- Episodio 9: Ketogenic (5/6) – Mangia!
- Episodio 10: Ketogenic (6/6) – Epilogo
- Episodio 1: Il Diavolo fa le pendole (1/2) – Dissonanze
- Episodio 2: Il Diavolo fa le pendole (2/2) – Oscillazioni
- Episodio 3: Radici (1/2)
STAGIONE 1
STAGIONE 2
STAGIONE 3
«Mamma?»
La voce è polverosa, vecchia come un fruscio di foglie secche. La sento vicina, dietro di me. Provo a girarmi verso quel suono, ma non riesco. Qualcosa frena i miei tentativi di movimento, qualcosa che stringe con forza ogni muscolo del mio corpo.
«Mamma…» ripete la voce.
Tento di rispondere. «Sono qui, Matteo!» Ma ciò che ne viene fuori assomiglia più a un crepitio di rami spezzati.
«Vieni verso di me» imploro. «Aiutami a slegarmi da…»
Già. A slegarmi da cosa? Cosa mi trattiene?
«Non riesco a muovere le gambe. Ho paura, mamma!» Faccio fatica a capire le sue parole. Ma è chiaro che anche lui è legato, forse qualcuno gli ha stretto un bavaglio sulla bocca. Intorno a noi un fitto bosco di faggi e castagni. A terra decine di ricci offrono e proteggono allo stesso tempo il loro frutto. Da alcuni giorni il verde intenso delle foglie ha ceduto il passo a una più rilassante tonalità di colori giallo bruni.
«Torniamo alla macchina!» crepita la voce di mio figlio.
«Non possiamo, Matteo. La macchina è bloccata dai rami e dalle radici, non ricordi?» Faccio fatica anche io a ricordare. Non credo sia trascorso molto tempo da quando abbiamo abbandonato l’auto. Ma non ne sono sicura. In meno di un’ora saremo sulla strada principale, gli avevo detto, anche a piedi. Una bellissima passeggiata nel bosco, avevo continuato per rassicurare il mio bambino.
«Smettila di chiamarmi bambino! Nel caso non lo ricordassi, non vado più alle elementari!» Era la sua risposta seccata ai miei continui tentativi di provocazione. Tentativi che riuscivano quasi sempre per il mio divertimento e un po’ meno per il suo.
«Perché hai voluto prendere questa strada, mamma?»
Per accompagnarti in tempo alla lezione di musica, vorrei dirgli. Perché ci metti sempre un tempo infinito a prepararti. Vorrei urlargli tutto questo per scaricare parte della mia incredulità e della mia paura.
– – –
«Matteo!» L’avevo chiamato per l’ennesima volta, pregandolo di non perdere altro tempo. «Arriveremo in ritardo. Sai che il maestro non è contento quando qualcuno non è puntuale.»
«Arrivo, mamma!» aveva sbuffato. «Devo solo allacciarmi le scarpe.»
«Oddio! Le scarpe, quelle con un chilometro di lacci? Vieni via senza, le metterai in macchina.»
«Non posso uscire scalzo! Ci sono quasi.»
«La lezione inizia fra quaranta minuti. Lo stesso tempo che occorre per arrivare alla scuola, se non troviamo traffico. La chitarra è già in auto. Sbrigati!»
«Perché hai girato qui?»
«Perché è una scorciatoia. Cioè… non una scorciatoia nel senso che è meno lunga, ma è più veloce. Insomma, c’è meno traffico.»
«L’importante è che non arriviamo in ritardo…» aveva detto con un leggerissimo tono accusatorio.
«Matteo! Non mi fare… imbestialire» avevo replicato.
«Stavi dicendo non mi fare incazzare, vero?»
«No! Sai che non…» Poi avevo intravisto il suo sorriso divertito e non avevo potuto trattenere una risata.
La scorciatoia si inerpica dal paese fino in cima alla collina per scendere ripida dal lato opposto, verso la città. Un po’ più lunga secondo l’asettico calcolo della distanza, ma il traffico quasi inesistente e soprattutto il panorama che offre ripagano di tutto, anche se non dovesse essere più veloce. Una deviazione ulteriore è possibile nei pressi di un tornante. Una strada che dovrebbe far risparmiare del tempo, dai cinque ai dieci minuti, ma da evitare in caso di pioggia forte. E pregando sempre di non incontrare troppi veicoli in senso opposto. E io, pregando, avevo deciso per quella deviazione.
«Da qui?» aveva esclamato Matteo. «Sai che papà si arrabbierà se glielo diremo.»
«E noi non glielo diremo, giusto?»
«Giusto!»
«Vedrai che saremo puntuali. Adesso lasciami concentrare sulla guida.»
La strada in terra battuta è stretta, ma non particolarmente sconnessa, salvo trasformarsi in un tappeto di fanghiglia durante i giorni di pioggia. Avevo proseguito attenta a evitare buche e rami sporgenti, consapevole che si trattava di pochi minuti. Finché ero stata costretta a fermare l’auto.
«Perché ti sei fermata?»
«Mamma?»
«MAMMA?»
«Sì, Matteo. Scusa.»
Non riuscivo a parlare. Il percorso davanti a noi era coperto di vegetazione, come se non passasse nessuno da mesi.
«Hai sbagliato strada!»
«Come faccio ad aver sbagliato. Non c’era nessuna svolta.»
«Ma perché davanti c’è un prato? Dov’è la strada?» Nella sua voce iniziavo a cogliere un certo disagio. Non volevo che si spaventasse.
«Dài, Matteo. Non preoccuparti. Giriamo e torniamo indietro. Salterai la lezione, pazienza.»
«Sì. Torniamo a casa. Non mi piace qui.»
Mi ero guardata intorno per trovare un punto largo a sufficienza per fare manovra e tornare indietro. Non avevo notato quanto la vegetazione fosse fitta. La luce del giorno faceva fatica ad arrivare a terra, frenata dalle fronde degli alberi e dal sottobosco. Mi ero voltata indietro per valutare la possibilità di percorrere un tratto in retromarcia.
E non avevo più visto la strada. Anche dietro di noi la vegetazione ricopriva quella che fino a pochi minuti prima era una via percorribile senza grandi difficoltà. Avevo provato a spostarmi in retromarcia, ma dopo pochi metri le ruote avevano iniziato a slittare. Sentivo il crepitare di ramoscelli secchi che si spezzavano sotto il nostro peso e lo stridio di rami più grossi che graffiavano la vernice della nostra auto. Piccole e grandi radici sporgenti dal terreno erano armi rivolte contro l’incolumità degli pneumatici.
«Siamo finiti in un fosso, mamma!»
«Non ci siamo mossi, Matteo. Dobbiamo scendere dalla macchina e andare a piedi.»
«Perché non telefoni a papà?»
Era l’ultima cosa che avrei voluto fare, a causa del mio orgoglio. Non si sarebbe incazzato, no di certo. Si sarebbe preoccupato, molto. Poi, una volta finito tutto, mi avrebbe presa per il culo fino a Natale.
«Credo che tu abbia ragione.» In realtà tentavo di convincere me stessa più che mio figlio. «Abbiamo preso una deviazione sbagliata. Non ce ne siamo accorti ma è così. Vieni, andiamo a vedere. Poi telefoneremo a papà.»
Non so quale sia stato il punto di non ritorno. Scendere dall’auto, forse, oppure aver voluto prendere quella scorciatoia. Oppure assecondare il mio orgoglio e non fare quella maledetta telefonata.
Serie: L'angoscia e l'ignoto
- Episodio 1: Il Diavolo fa le pendole (1/2) – Dissonanze
- Episodio 2: Il Diavolo fa le pendole (2/2) – Oscillazioni
- Episodio 3: Radici (1/2)
Tanto semplice quanto originale l’idea che sta dietro a questo racconto! Attendo il seguito 🙂
Davvero bello e ben costruito! Una banale scena quotidiana che si trasforma in un incubo, quasi non riuscivo a realizzare che stesse accadendo davvero. Mi è piaciuto come hai mescolato dettagli reali, della vita di tutti i giorni, con gli elementi surreali. Si è creato una specie di cortocircuito che funziona. Mi accade spesso una cosa con i tuoi racconti: leggo, e mi assale la paura che l’incubo accada davvero. Tipo ora non prenderò mai più scorciatoie per portare i miei figli a calcio o a lezione di batteria 😂 (oppure guiderò nel terrore mentre loro si chiedono perchè…)
Scherzi a parte, credo che questo mi accada perchè sono racconti davvero ben riusciti. grazie per la lettura!
Una suggestiva escursione, dove il banale tragitto in auto finisce per trasformarsi in una rivincita della natura che pare volersi riappropriare degli spazi che l’uomo le ha sottratto… intrigante il fattore dell’orgoglio che non fa scaturire la telefonata (d’aiuto), seppure, mi domando, cosa sarebbe cambiato? Grazie per la lettura
Ciao Paolo. Bella la tua interpretazione “Green” 🙂
L’orgoglio… davvero ne uccide più della spada, anche se in questo caso forse non sarebbe cambiato nulla.
A presto!
Ciao Antonio, molto interessante il racconto e come l’hai saputo costruire. Mi tocca rileggere pian piano tutti i racconti ahahah. Complimenti ancora!
Ciao Alfredo. Grazie!
Rileggere, dici? Vuoi proprio farti del male? 😂
Secondo te è troppo masochistico rileggerli tutti? Ahahah