RAGTIME

Non vedevo Rosario da almeno quattro anni. Eravamo stati colleghi per un breve periodo, poi la ditta aveva chiuso e ci eravamo persi di vista. Abitava fuori città, verso il lago, in una villetta isolata alla fine di un lungo viale alberato. Avevo passato a casa sua qualche divertente serata. Poi era come sparito: il telefono risultava sempre spento, e la sua abitazione costantemente chiusa.

Perciò fu una piacevole sorpresa quando lo riconobbi, un pomeriggio di inizio primavera, dentro una sala d’attesa della stazione. Eravamo entrambi in partenza, con diverse destinazioni.

“Allora, come va la vita?” gli chiesi dopo un rapido abbraccio.

“Adesso sto con lei” mi rispose subito, indicando una bellissima ragazza bionda.

E la moglie, pensai, l’ha mollata?

“Perché non ci troviamo, una di queste sere? Così mi racconti cosa hai fatto in tutto questo tempo.”

“Certamente” mi rispose “torniamo tra una settimana.”

“Non ho più il tuo numero di telefono” gli dissi.

“Per la verità l’ho cambiato diverse volte. Continuavo a ricevere strane chiamate mute. Adesso non capita da un po’.”

“Bene, mi faccio sentire tra qualche giorno.”

Strinsi la mano ad entrambi. Guardai l’orologio: il mio treno doveva partire tra dieci minuti.

Andai a trovarlo dopo un paio di settimane. Parcheggiai la macchina davanti al giardino della villetta. Rosario mi aspettava sulla porta, con un bicchiere in mano. Il soggiorno, dentro, era come lo ricordavo; un poco più impolverato, meno ordinato, e poi mancava qualcosa che solo dopo un’ora ricordai cosa fosse.

La tavola era preparata per due persone.

“E la ragazza della stazione?” gli chiesi quando ebbi conferma che era da solo.

“Ah, Irene” mi rispose “lei ha un appartamento nel centro di Bologna; è là che stavamo andando quando ci hai incontrati. È rimasta ancora per qualche giorno, aveva degli affari da sbrigare.”

“Ma siete assieme?”

“Da poco; non so quanto potrà proseguire, però: ha quasi vent’anni meno di me.”

“È molto bella” gli dissi.

“Sì, è molto bella” rispose con una certa soddisfazione.

Finimmo di cenare. Dopo qualche bicchiere di vino mi azzardai a chiedere “e tua moglie?”

“Mi ha lasciato circa quattro anni fa, senza nessuna spiegazione. Penso che sia tornata in America. L’amore era finito da tempo: non si è fatta più sentire, e io non l’ho cercata.”

“Mi dispiace…” cominciai a dire, ma subito proseguì a parlare.

“Fu così che decisi di mollare tutto e andarmene a Palermo, a ritrovare le mie radici. Ho rivisto parenti e vecchie conoscenze; pensavo di restarci per sempre e invece mi venne a noia pure la mia città natale.”

“E perciò sei ritornato.”

“Sono ritornato. Questa casa non l’avevo mai voluta vendere. Nella mansarda ho ricavato uno studio: adesso faccio il consulente di una ditta di costruzioni; visito i cantieri e poi preparo le relazioni per le verifiche strutturali. Qualche mese fa ho conosciuto Irene. La vita deve andare avanti, caro mio!”

“Ascolta” gli chiesi con un mezzo sorriso “ma quel bellissimo pianoforte verticale che c’era qui in mezzo alla sala, se l’è portato via tua moglie?”

“No. L’ho venduto quando ho capito che non sarebbe più ritornata; non sapevo cosa farne.”

“Ho ancora in mente” gli dissi “quella travolgente esecuzione di un brano ragtime, che fece una delle ultime volte che ci trovammo. Era veramente brava, e poi tu suonasti alcuni pezzi con la chitarra acustica.”

“La chitarra ancora la suono” mi rispose “ma l’agilità delle dita mi sta abbandonando. Diventiamo vecchi, mio caro!”

La serata terminò, dopo altri ricordi e un po’ di nostalgia per il tempo fuggito via.

Mentre andavo verso la macchina mi parve di sentire una musica venire dalla casa, una melodia ritmata e veloce. Mi girai e vidi Rosario con lo sguardo abbassato verso un riquadro di zolle scure del giardino, dove l’erba non era cresciuta. Poi la musica svanì, il mio amico alzò la testa, mi salutò con la mano e, frettolosamente, rientrò in casa.

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Discussioni

  1. È molto particolare questo tuo testo. Breve, come nel tuo stile, tuttavia quando lo leggi sei subito trasportato ‘dentro’. I dialoghi, a mio avviso sono molto efficaci e mi piace particolarmente il rapporto fra i due. Quella sensazione di quando rivedi una persona ed è come averle parlato cinque minuti prima. Avrei dato al finale una sfumatura in più. Forse bastavano poche righe per dare un maggiore senso alla musica che si diffonde perché l’idea è molto bella. Il testo mi è piaciuto.

    1. Grazie Cristiana.. ormai ho preso questa piega dei finali tronchi.. e anche il racconto l’ho sforbiciato qua e là.. mi sono condannato alla Sintesi..

  2. sembra la prima parte di una narrazione più estesa sebbene, conoscendo la tua inclinazione per i racconti brevi, credo che finisca qui. Lascia un po’ troppo in sospeso, ecco: e il ragtime che filtra dal terreno chiede proprio di essere ascoltato più a lungo.