Relazioni e Dr Martens

Apro la scarpiera e vedo i miei Dr Martens, uno sopra l’altro. In quella scarpiera ne alloggiano due paia: quelli alti, di mia sorella, e i miei, che arrivano alla caviglia. Ultimamente indosso solo quelli alti, i più grezzi e rigidi. Due modelli che portano la stessa firma possono farmi apparire completamente diversa, trasformata. La francesina bassa mi accompagna durante le lunghe ore al ristorante, quando lavoro come cameriera. E’ un posto elegante, mi dicono, e necessita di scarpe eleganti, camicia bianca stirata, pantalone e giacca neri. Durante gli eventi importanti ho imparato che devo indossare anche il papillon. Ma va bene, quella divisa mi fa sentire parte di un qualcosa, di una complicità che non provo più dalla quinta liceo e questo, batte nettamente il mal di piedi a fine giornata.

I Dr Martens alti invece somigliano alle scarpe dei militari, dei soldati, forse proprio per questo sono spesso ai miei piedi. Mi preparano ad affrontare le mie battaglie quotidiane, il mondo esterno, e a darmi quell’aria da guerriera che vorrei essere. Hanno un difetto: appena comprati, ti torturano i piedi. Mentre cammini puoi sentire il tallone sfregarsi contro quella superficie di pelle, fino a far uscire il sangue.

Un giorno un amico mi disse che aveva comprato i Dr Martens perché li aveva visti su di me. Un modo carino per dirmi che indossandoli mi avrebbe pensata.

-Ti faranno un male cane- gli scrissi per messaggio

-Anche l’amore fa un male cane.

Beh, io ho sempre pensato che non sia l’amore a fare male. Al contrario, è quando viene a mancare, quando non c’è più nulla a cui aggrapparsi che si soffre. L’inizio di un amore ti fa emozionare per davvero, ti fa sentire così fortunato a godere di tanta rarità. Cadere in amore, come dicono gli inglesi, è sprofondare con la testa appoggiata al petto della persona che ami, una caduta dolce che non ti porta neanche a domandarti se ci sarà o no un paracadute di sicurezza a salvarti. Che importanza ha in quel momento?

Mi resi conto che gli stivali che porto ogni giorno sono proprio il contrario delle mie relazioni. Inizialmente mi hanno causato sofferenza, ma me la sono sempre cavata con qualche banale vescica o giorni di pausa in cui mi obbligavo ad indossare le sneakers. Una vescica è meglio di un cuore spezzato pensai. Per la prima ci sono cure, rimedi della nonna, cerotti. Non c’è una cura scritta per un cuore spezzato, ognuno di noi, per stare meglio, deve trovare la propria.

Avete messo Mi Piace1 apprezzamentoPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. Beh, cavolo, come hai ragione.
    Una metafora “calzaturiera” che rende benissimo l’idea. Un racconto breve ma sostanzioso, che arriva bene al punto con un linguaggio snello e diretto.