Risveglio e nuove luci

Serie: A piedi controcorrente - Cronache semiserie di un fuggitivo pandemico -


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Dopo una lunga giornata, il protagonista trova riposo in una stanza austera di un monastero. Il silenzio e lo spicchio di cielo visibile dalla finestra lo accompagnano nei suoi pensieri notturni, tra sogni carichi di simboli e riflessioni profonde.

Quando mi sono svegliato e ho aperto gli occhi, la prima cosa che ho visto dal buco del sacco a pelo è stato il crocifisso.

La luce pallida della mattina che entrava dalla finestra illuminava il volto di Gesù che, in un primo momento, sembrava mi guardasse furioso.

Ce l’aveva con me, ho pensato. Poi ho distolto lo sguardo dal volto e ho visto la situazione in cui era messo: inchiodato mani e piedi a una croce, con una corona di spine in testa.

Fossi stato al suo posto, avrei avuto la stessa faccia anche io.

Una volta chiarita la questione con Gesù, apro il sacco a pelo e giuro che per qualche secondo non sono riuscito a fare altri movimenti. Avevo la schiena completamente bloccata.

Il comodissimo materasso di legno massello aveva fatto il suo compito.

Provo a muovere le gambe e quelle, fortunatamente, danno segni di vita.

In qualche modo riesco a uscire dal bozzo del sacco a pelo. Sono rimasto per un po’ lì, seduto, a capire chi e dove fossi.

La stanza era la stessa della sera prima, ovviamente, ma c’era qualcosa di diverso.

Le travi di legno ora avevano un colore bellissimo, le pareti bianche le facevano risaltare ancora meglio.

L’armadio era sempre lì, brutto e semiaperto, ma qualcosa me lo faceva sembrare simpatico. Un po’ come un vecchio burbero tutto ingobbito che sta in sala d’attesa a brontolare contro tutto e tutti.

La luce fioca che entrava dalla finestra si faceva sempre più accesa. Quella stanza grigia e buia del giorno precedente si stava trasformando. E anche io avevo sensazioni diverse.

Mi sentivo come un corridore uscito dalla doccia: ancora stanco, ma pulito e fresco.

Mi giro per controllare se le cose nel frattempo erano cambiate anche per il mio compagno di stanza, ma niente.

Lui era sempre lì, inchiodato e con la faccia scura.

Lo guardo e gli dico: “Non ti preoccupare, le cose prima o poi cambieranno anche per te!”

Mi alzo per andare nel corridoio fatto a bagno e le gambe, l’unica parte del corpo che sembrava essere rimasta integra, tirano come non mai.

Arrivo in bagno con movimenti che farebbero invidia a un robot, mi do una rinfrescata, torno nella stanza, mi vesto, carico lo zaino sulle spalle e lascio la stanza con un po’ di rammarico nel cuore.

Nel corridoio ritrovo la suora.

“Buongiorno”, le dico.

E lei: “La mascherina non la mettiamo?”

Allungo la mano verso il polso destro – dove di solito la tengo quando non la tengo dove andrebbe messa – ma… cavolo! La mascherina non c’era.

Rimango freddo e immobile.

Ci guardiamo intensamente per qualche secondo, lei con la mascherina e io senza.

Mi sento catapultato in una scena di un film western: lei ha la pistola già in mano, e io che provo a prendere la mia. Peccato che nel fodero non c’era nessuna pistola.

Lei si prepara a sparare, ma io trovo quella di riserva nell’altra fodera e sparo prima di lei:

“Ecco, l’ho messa!”, dico alzando le mani. “Ora se vuole può ricambiare tranquillamente il buongiorno senza alcun rischio!”

Avevo vinto la sfida, ritrovando la mascherina nella tasca posteriore dei pantaloni.

Pensavo che dopo quel gesto la suora se la sarebbe presa. Invece, dal suo sguardo ho notato una luce diversa, come se fosse divertita dalla mia reazione.

“Mi scusi se non le ho risposto al buongiorno. Ma sa… sono periodi difficili, e la paura è un sentimento che ci accomuna tutti. E onestamente vedere la sua… non so nemmeno come dirlo… la sua incoscienza nell’affrontare quello che sta affrontando senza un minimo di questo sentimento mi ha un po’ infastidita, fino ad ora.”

Giuro che quel discorso non me lo sarei mai aspettato.

Da pistolero vittorioso mi sono trasformato in bambino dubbioso.

Non sapevo più se ero realmente un pazzo per aver intrapreso questo viaggio nel bel mezzo di una pandemia. Se ero stato un egoista nel prendere sottogamba la preoccupazione degli altri. Se avevo mancato di rispetto anche a lei non mettendo la mascherina appena uscito dalla stanza.

Per un po sono rimasto perso nelle mie domande, e come al solito quelle sono rimaste senza risposta. Io lì fermo a fissare la suora, senza una risposta brillante pronta come quella di prima.

“Comunque” continua lei, “dalle cucine ieri sera è avanzata una zuppa di piselli e un po di pane. Se aspetta che le altre sorelle finiscano, può andare a fare un pasto. Mi scuso ancora per il mio comportamento e… buongiorno e buon camminino, strano pellegrino.”

Conclusa la frase, si gira e va via. Ma stavolta i suoi occhi erano diversi. Stavolta il suo andarsene non era freddo e distaccato come la sera precedente.

E la guardavo allontanarsi, con lo zaino sulle spalle e la mia solita valanga di domande senza risposta.

Serie: A piedi controcorrente - Cronache semiserie di un fuggitivo pandemico -


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