Riverberi dal pranzo

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Il responso del direttore, il suo invito inatteso, la sua disponibilità nell'accogliere il poeta all'interno della rivista, aprono una nuova fase, ricca di misteri e stravolgimenti, mentre ferve, soprattutto in Edo, l'attesa per il pranzo domenicale, ormai prossimo.

«Quel mattino della domenica c’era uno strano odore di foglie e di bambole bruciate nell’aria. Dalla finestra si scorgeva del fumo che copriva il cielo, o forse era nebbia. Ero seduto in cucina, a prendere appunti e a scrivere con una potenza mai provata. Nel silenzio della casa di Edo non mi sentivo più in colpa, ma solo un essere graziato dal sorriso della vita. Qualcosa stava realmente cambiando, in modo irreversibile, pensai.

«Che emozione, amici, il pranzo domenicale dal direttore della rivista. Lungo il percorso verso la sua abitazione, non mi sentivo più le ginocchia. Le gambe mi tremavano, avevo il sudore e le palpitazioni. Dovetti fermarmi per prendere fiato. Non ero più in me. Dissi a Edo di darmi tempo. Ero troppo in ansia, forse per il carico delle aspettative riversate sulla mia poesia.

«Una volta sopra, Edo cominciò a immalinconirsi: il direttore si dedicava soltanto a me, ignorandolo, come se fossi il suo unico ospite. Mi portò nel suo studio profumato di libri, di cultura, per mostrarmi la sua biblioteca immensa, dagli scaffali protetti da alcune vetrinette azzurre, con ciascuno scomparto munito di un’illuminazione discreta, per proteggere i dorsi di testi antichi più sensibili alla luce, che mi fece vedere nei dettagli con gli occhi che gli brillavano. Il direttore parlava poco di poeti, tanto di romanzieri. Mi stupiva la sua foga di parlare di romanzi. «I poeti devono nutrirsi di romanzi. I romanzieri di poesia.» Edo, alle sue affermazioni, faceva cenno col capo di condividerle, ma poi ritornava nel suo strano isolamento. Lo vedevo spegnersi e tutto il suo spegnimento, così improvviso, mi disorientava. Durante l’aperitivo il direttore mi parlò a lungo dei miei versi. Spese delle parole incantevoli, che mi svelavano mondi inesplorati alla mia stessa immaginazione e ai miei desideri, garantendomi che avrei avuto uno spazio fisso ogni mese, all’interno della sua rivista, e in più mi chiedeva di collaborare alla selezione dei testi, proponendomi di curare una rubrica speciale sugli ermetici nuovissimi e sulle luci del tardo neolirismo, non dandomi il tempo di rispondergli, che subito si faceva avanti con proposte ardite, quanto allettanti e ambiziose. A tavola, col tovagliolo ben annodato al collo, continuava a inondarmi di una valanga di novità e progetti, cercando di coinvolgere il povero Edo, che intanto mangiava poco, beveva appena qualche sorso, con lo stomaco e la mente chiusi a ogni tipo di stimolo. Sembrava distrutto. Non sapevo cosa fare per aiutarlo. Mi sembrava di avere di fronte un commensale sconosciuto, mai visto prima.

«Avanti, mio caro Edo, che cos’è quest’espressione così assorta, serafica! Oggi non ti riconosco. Da quando sei arrivato non hai detto una sola parola, mentre proprio oggi è importante che tu ti apra e che partecipi alla nostra discussione, essendo convinto – e non lo dico per tirarti su, sai che non è da me – che grazie al talento selvatico del tuo giovane amico, sia ritornato anche il tuo tempo. Ma guarda che ci conto, non penserai che mi sono dimenticato di te! E non sperare di dileguarti o di liberarti di me perché mi ha presentato il giovane Stanislao! Sappi, piuttosto, che ti toccherà collaborare assiduamente col nostro giovane vate. La tua presenza sarà indispensabile, Edo. Voglio che tu gli faccia da spalla o da sponda, per non lasciare che il fuoco della sua poesia faccia troppa luce e travalichi i margini, come spesso accade, purtroppo, e lo sai bene. È importante trovare la giusta moderazione, il senso sobrio di una misura, quando si scrive e non si versifica, e questo, mio caro Edo, sarà il tuo ruolo fondamentale. Intervenire, con discrezione sui possibili eccessi che Stanislao potrebbe arrecare nelle stesure critiche delle sue rubriche, che come gli ho detto saranno illuminate dalla sua splendida natura poetica, di ermetico di razza purissima. Non sentivo versi così trascinanti da anni. Mi auspico un vero e proprio rinascimento dell’ermetismo lirico, miei cari amici, e tu, Stanislao, sarai un rappresentante purosangue della rinascita, che già hai cominciato ad attuare con la potenza espressiva e la lungimiranza delle tue prove, altrimenti non saresti qui. Edo lo sa che difficilmente dedico le mie domeniche ai poeti. Ogni parola di ogni tuo verso, ogni tuo piccolo spunto, schizzo, appunto, pensiero, rappresenterà il germe vivo e violento di una trasformazione profonda, che darà buon sangue a una poesia nebbiosa, matematica, oziosa, che sta avvolgendo i cuori più sensibili e lirici in un drappo funebre. Ancora vino, Edo? Avanti, ma cerca di esprimerti, per favore. Ora ci metti in imbarazzo. Che cosa ti sta succedendo?» ed Edo cercava di dire la sua, con un’espressione apatica. Forse si stava rendendo conto che la sua strada era un’altra, o provava nostalgia per i locali fumanti della Polfer, dove forse non era secondo a nessuno, come invece non accadeva al tavolo da pranzo del direttore della rivista.

«Non ho il tempo per seguirlo nella stesura dei testi critici, direttore. Mi dispiace ma non mi è possibile. È un impegno delicato, di grande responsabilità, che non sono in grado di prendermi» gli disse Edo, con gli occhi bassi, tenendo il bicchiere di vino in una sola mano, col viso pallido, disilluso.

«Ma quanto tempo credi che ci voglia per coordinare qualche aggiustino, andiamo! Sono certo che potrai organizzarti. L’importante è che la rivista possa garantire sulla tua funzione simbolica di riferimento per i nuovi ingressi. Il resto potrete gestirlo con la massima autonomia, al di fuori degli orari e dei luoghi di redazione. Anche se elaborate qualche passaggio a tavola, durante la cena, o la notte, prima di andare a dormire, per me andrà benissimo. Vorrei che Stanislao sappia che vi è una figura ufficiale su cui poter contare, che gli dia misura, ordine, conforto e in alcuni casi quel rigore giusto per non perdere la rotta» e intanto l’altro insisteva, dicendo che i turni alla ferrovia si sarebbero fatti più fitti «Insomma, è davvero un brutto periodo. Non posso garantire alcun tipo di impegno per la sua rivista, mi dispiace» come gli disse, poco prima di svenire.» 

Serie: Anatomia sepolcrale di un sogno


Avete messo Mi Piace1 apprezzamentiPubblicato in Narrativa

Discussioni

  1. La reazione finale di Edo non mi è apparsa come un gesto inatteso o fuoriluogo. questo personaggio si è reso spesso protagonista di atteggiamenti ambigui, in alcuni casi mi è risultato, se mi passi il termine, “nevrotico”. Sta vivendo una crisi interiore, una lotta con se stesso, ormai è chiaro. noi ne vediamo solo la punta dell’iceberg, forse non ci verrà mai svelata del tutto, ma il suo comportamento è cruciae per il proseguimento della storia, che aspetto con curiosità.

    1. Ciao, Irene. Anche io, come te, sono orientato a contemplare un atteggiamento di comprensione, o tolleranza, nei confronti di Edo, delle sue contraddizioni, dei suoi conflitti, più o meno latenti, che si stanno intensificando sempre di più lungo gli ultimi segmenti della narrazione. È indubbio che si tratti di un personaggio complesso, enigmatico, non meno del poeta, direi. La dimensione di Edo non è poi così lontana dalla sismicità del tessuto narrativo, che a breve vivrà un cambio repentino di rotta e di prospettiva, da cui verranno fuori diverse risposte a situazioni ancora sospese e irrisolte; ma anche le risposte che le fasi progressive della serie ci offrirà, non saranno mai del tutto definitive, esaustive, come hai giustamente paventato e immaginato nel tuo commento. Rappresenteranno in ogni caso delle porte, verso altri misteri, altre destinazioni, e forse verso nuovi abissi. Grazie ancora del tuo riscontro e della tua attenzione.

  2. “«I poeti devono nutrirsi di romanzi. I romanzieri di poesia.»”
    molto interessante questo passaggio. mi piace come in questa serie, attraverso le parole dei protagonisti, riseci a seminare qua e la preziose riflessioni sull’arte dello scrivere.

    1. Cara Arianna, condivido con te il senso di straniamento per il contesto, con le sue contraddizioni, che si diramano dai personaggi, alle situazioni, agli ambienti. Il comportamento di Edo rappresenta indubbiamente un segnale di qualcosa che soggiace e che non è ancora riemerso. Allo stesso modo ogni episodio della serie nasconde il sussurro di un suo mistero, un suo singolare controluce, che da un momento all’altro potrebbe rivoltare gli equilibri della storia, delle sue sospensioni e dei suoi intrecci. Al momento questa linea portante ne rappresenta il liquore, l’humus perché la narrazione proceda fino al suo successivo snodo, che potrebbe essere risolutivo o semmai distruttivo, a distanza di istanti. Ancora grazie per il tuo ascolto. A presto.

  3. “«Insomma, è davvero un brutto periodo. Non posso garantire alcun tipo di impegno per la sua rivista, mi dispiace» come gli disse, poco prima di svenire.»”
    Questo è davvero un ‘colpo di coda’ che non mi sarei mai aspettata. Dove sono finiti l’entusiasmo iniziale, la parlantina sciolta e spesso inopportuna, l’entusiasmo eccessivo? Non comprendo questo nuovo atteggiamento e, al contempo, ne sono molto incuriosita. Sono curiosa anche di sapere quale sarà la risposta del direttore e soprattutto la reazione del giovane poeta. Dal punto di vista stilistico, mi incuriosisce molto l’uso delle caporali lasciate all’inizio della frase.

    1. Ciao, Cristiana. Ci troviamo in una zona relativamente intermedia, dove però la storia comincia a predisporsi verso una serie di snodi. Siamo anche prossimi a un cambio di punto di vista narrativo, dove anche le situazioni vivranno una sorta di accelerazione, forse irreversibile. Lo svenimento improvviso di Edo, oltre a essere conseguenza della sua tensione accumulata durante il pranzo, si rapprende anche delle continue frequenze enigmatiche sparse all’interno degli episodi e del loro sfondo, come una sorta di spezia essenziale a un certo equilibrio e squilibrio delle parti, tra le più evidenti alle più recondite.
      Le caporali sono presenti per una ragione funzionale, dal momento che tutta questa zona narrativa è interna al discorso diretto del poeta, che sta raccontando a tavola, ai suoi due amici, nella pace della sua camera d’albergo, quella parte del suo passato che l’ha portato a determinate scelte. È quindi voce diretta di un personaggio narrante e non del narratore.
      Un saluto e a presto.

  4. “Durante l’aperitivo il direttore mi parlò a lungo dei miei versi. Spese delle parole incantevoli, che mi svelavano mondi inesplorati alla mia stessa immaginazione”
    È l’emozione di sentire altri che parlano di ciò che abbiamo scritto. Spesso apre possibilità del tutto inaspettate.

    1. È stata una deriva surreale, che mi serviva a dilatare lo spettro dimensionale della scena. Sono contento che ti sia arrivata come una fase propulsiva ed emotiva più che ornamentale. È chiaro che una simile scelta condiziona tutto il rapporto con la narrazione dell’episodio, rendendolo, forse, meno prevedibile e più misterioso.

      1. Nulla di quello che scrivi può arrivare come fase ornamentale. Se così fosse, significherebbe da parte del lettore un semplice approccio superficiale e nulla più. E sarebbe davvero un peccato.