
Sacramento
Serie: Frammenti di nero
- Episodio 1: Sacramento
- Episodio 2: Sacramento pt.2
- Episodio 3: Indennità
- Episodio 4: Indennità pt.2
- Episodio 5: Indennità parte n.3
- Episodio 6: Spine sui cuori
- Episodio 7: Memorie
- Episodio 8: Memorie pt.2
- Episodio 9: Viaggio: arrivo al villaggio
- Episodio 10: Viaggio: sentimenti e crisi
- Episodio 1: Interludio
- Episodio 2: Viaggio: la locanda
- Episodio 3: Interludio: cime scozzesi
- Episodio 4: Viaggio: fiamme familiari
- Episodio 5: Interludio: arte notturna
- Episodio 6: Interludio: finale
STAGIONE 1
STAGIONE 2
C’era la Luna fuori, nascosta fra gli anelli che uscivano dai camini tabagisti. Gli schiamazzi di qualche bar si levavano in alto. Dei ragazzi si baciavano sotto le porte rientranti, scambiandosi sguardi ebbri di bellezza ed euforia. S’era fatta sera, e la grande moneta d’argento si mostrava alla città. Lievi bagliori trapassavano. I colori di qualche club irrompevano pure sulle strade di fuori, e qualcuno di questi provava pure a penetrare una spessa vetrata scura di un appartamento, ma invano.
Nella penombra, su un letto stava una donna, vestita ancora del calore latente di quel corpo che teneva fra le mani. Era carne che si spegneva, un volto che ritornava a contemplare il vuoto eterno, delle mani ferme perfettamente nell’ultimo gesto di saluto all’amata. Le dita, irrigidite in un atto consolatorio mancato, erano rimaste come colonne di un luogo tanto conosciuto quanto oramai desolato, perso. Se lo teneva al petto, e i muscoli si irrigidivano contro la sua volontà. E la sua volontà era quello di riportalo a sé, e si mostrava caparbia di fronte a quel velo nero, sottilissimo perché tessuto dalla Morte, che copriva il corpo. Il sudario era già tutto attorno all’amato. Si guardò attorno, ma vedeva solamente le vetrate nere, le pareti damascate e i tendaggi verde smeraldo del letto. Ora, quel verde si incupiva assieme a lei. Le pareva di scovare forme di teschi fra le piegature dei pesanti tessuti. Trovava l’odore dell’amato su sé stessa, perché si era dato a lei, lasciandole anche la più effimera sfumatura di una esistenza svanita come il fumo di una candela che viene spenta violentemente. E lui aveva patito! In quei giorni di completa infermità, di delirio, in cui le chiedeva di leggergli qualsiasi cosa, purché potesse addormentarsi o solo distrarsi da quelle fitte che lo azzannavano nel corpo.
Gli lesse storie d’amore, storie di miracoli, storie di religione, e, nell’apice della estasi dell’amato, lei si fece travolgere dalla mirabilissima lettura della filosofia moderna.
Ma, come può capitare alle volte, la voce melodiosa, a tratti materni nella mente di chi vuol ritrovare un nido fuori di casa; quella voce, appunto, non era sufficiente a riallacciare le ferite dell’animo di lui. Anzi, quelle teorie e quei pensieri lo alienavano, e ogni volta che tornava alla realtà, pareva sempre più indebolito. E allora chiedeva a lei di parlargli come fosse stato sano, così da allontanarlo da quello stato di non-vita in morte, e morte in vita. Lo notava, lei, che l’amato diventava sempre più suscettibile di volta in volta, che dopo quell’esternazione da sé, ricadeva in uno stato di sonno da cui si poteva svegliare solo lui. Aveva già provato da sé a chiamarlo, a più riprese, in vari modi, ma solo la sua potenza era stata capace di spingerlo a risvegliarsi, e, subito dopo l’ultima volta che cadde in quella trance, le disse: “Amore, sai dove trovarmi, dove raccogliere quegli arbusti che fra poco genererò per debolezza della mia voglia di vivere. Non guardarmi così. La mia vita, la vita umana, debole e priva di scopo alcuno, vivibile per un lunghissimo attimo di incertezza, è solo una delle tante vite che generano altre forme di sé stessa. Pensavo di aver trovato in te uno scopo, ma l’amore non è un fine, ma un mezzo, uno dei migliori per sondare le nostre virtù e la nostra vitalità, ma è anche causa di un rapido crollo della vita. Ecco l’incertezza, pure nel migliore dei sentimenti!
Potessi sentire quel che provo io! Ma non puoi, e il mio parlare sarebbe inutile. Ma non posso sprecare il mio poco fiato per cose inutili. Ascoltami, ascoltami bene, perché non avrò il lusso di potermi ripetere un’altra volta. Io me ne vado, me ne devo andare, come questa malattia si aggrappa a me e mi consuma, e mi lascio dietro di me un’esistenza arricchita di cose che ridarò indietro ai miei giusti detrattori. E a te devo una saggezza e una felicità che si provano solo nell’abbandono di sé stessi, nella rinuncia a promesse di un futuro non sicuro, per vivere il presente sezionandolo in sentimenti e memorie. Non c’è stato motivo per me di esistere finché non ho posato sui tuoi occhi i miei, e ci siamo scambiati parole di un lunghissimo dialogo. Abbiamo costruito una nostra logica, un nostro amore, un ardore unito ai misteri arcani delle nostre nature. E tu, alla fine, sei diventata una guida verso l’assorbimento di tutte le mie parti nel mio desiderio, una stella che mi ha riavvicinato a me stesso e a ogni cosa, per me ora unite. Ora, voglio ricambiare a te quel favore, perché ogni cosa mortale non poteva essere abbastanza in vita per le tue facoltà che mi hai usato. Ti dico, io ti dono una vita oltre quella che senti ora. Una vita non qui, non fra le cose che si possono sentire con i sensi. Insomma, una vita né dimostrabile con la logica e la razionalità, né mediante l’esperienza quotidiana.
Ti offro una vita fatta di volontà, così che continuerai a vivere in ogni cosa da te toccata e desiderata, in ogni mio affettuoso ricordo di te. Potrai rivivere nella linfa della Terra, negli animali, nella Luna dall’influenza caduca, e nel Kosmos.”
“Ma, per fare questo, dovrai aspettare, finché non sarà per te propizio morire, finché non avrai ritrovato quella spiritualità che abbiamo trovato l’uno nell’altro. Quando l’avrai ritrovata, avrai ritrovato quella parte ancora terrena di me, quel me impresso nei tuoi ricordi. Dunque, sarò ad aspettarti nella valle delle cose disordinate e incomprensibili. Passeggeremo fra i pilastri di templi costruiti fra le selve, e berremo l’acqua e l’aria come fossero unica cosa. Ma, per ritrovarmi anche al di fuori di ogni cosa reale, dovrai trapassare quel velo che, come membrana, fa passare solo la parte minore in te oltre la vita, così da compensare la differenza fra ciò che è vivo e ciò che è morto. È un equilibrio, un’osmosi meravigliosa, che io nei miei momenti di trance ho sfiorato, e che ora desidero” e detto questo, non ebbe tempo di dire altri, che un sudario su di lui poteva essere messo.
Fine prima parte
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- Episodio 3: Indennità
- Episodio 4: Indennità pt.2
- Episodio 5: Indennità parte n.3
- Episodio 6: Spine sui cuori
- Episodio 7: Memorie
- Episodio 8: Memorie pt.2
- Episodio 9: Viaggio: arrivo al villaggio
- Episodio 10: Viaggio: sentimenti e crisi
Devo ammettere che questo racconto mi ha davvero preso e affascinato. Da amante di Poe e di qualsiasi cosa riguardi la morte, non ho potuto fare a meno di apprezzarlo.
Racconti come questo – racconti impressi di significati filosofici che si mescolano sapientemente con gli ingredienti della narrativa – sono rari ma, per fortuna, cercando bene si riescono ancora a trovare. Bravo bravo bravo, davvero. I rimandi indiretti allo stile di autori quali Poe ed altri accompagnano una lettura affascinante e scorrevole di una storia semplice all’apparenza ma il cui significato è in gran parte circoscritto al monologo, che solleva questioni a me molto care. L’amore che va oltre la vita, offerto con un dono di “una vita fatta di volontà”, è davvero un concetto che fa pensare, soprattutto dopo aver smascherato “l’incertezza che c’è anche nel migliore dei sentimenti”, qui in questa vita terrena. E la frase finale “e detto questo, non ebbe tempo di dire altri, che un sudario su di lui poteva essere messo” raggiunge una vetta di eleganza sottile ed immensa allo stesso tempo: avevi tante possibilità per raccontare la morte dell’uomo, e hai scelto una fra le migliori, e più adatte al contesto.
“La mia vita, la vita umana, debole e priva di scopo alcuno, vivibile per un lunghissimo attimo di incertezza, è solo una delle tante vite che generano altre forme di sé stessa.”
“lunghissimo attimo di incertezza”, non potevi esprimere al meglio il concetto di vita secondo la visione che sembra avere l’uomo morente
Un racconto che si evolve in una sorta di struggente monologo del morente.
L’atmosfera cupa è ben delineata, senza venir appesantita, adattandosi alla sceneggiatura.
Mi ricorda, anche se in maniera molto lata, il racconto di Poe “La verità sul caso di Mr. Valdemar”, in cui il morto viene fatto parlare anche dopo il trapasso usando i flussi mesmerici.
Sono indubbiamente due racconti molto diversi, ma che hanno dei punti in comune relativamente all’idea di un morto/morente che parla.
Personalmente, avrei scelto di spezzare il monologo in più parti, inframezzate da brevi commenti dell’autore e da alcuni scambi con la moglie, in modo da evitare un lungo tratto di discorso diretto pronunciato da uno stesso personaggio.
Però, nel complesso è un racconto molto interessante. 👍
Grazie mille dell’apprezzamento.
Ti confesso che in parte hai azzeccato l’origine/fonte di ispirazione del mio racconto.
Pochi giorni fa scrissi questo racconto dopo aver riflettuto sul racconto “Morella” di Edgar Allan Poe. Proprio nel racconto di Morella si parla dell’identità che i protagonisti del mio racconto cercano di ritrovare, sebbene abbiano maturato una sensibilità più moderna rispetto a quella della filosofia tedesca dell’Ottocento.