Scacco matto al re -1

Serie: IL TRENO DELLE ANIME


NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Strane presenze terrorizzato Manuel e Alex.

​«No, io non voglio più vedere neanche il sole. Rinchiudetemi in una cella. Voglio che siate il mio carceriere.»

​«E perché mai dovrei incarcerare il mio cavaliere?»

​«Lì fuori c’è qualcuno che mi vuole convincere a fare del male e io cederò, lo so, perché sono un debole. Ho sprecato una possibilità unica. Ho mancato alla mia promessa.»

​«Stai delirando, Gorka, tu resisterai. Sei forte.»

​«No, padre, no, io non sto delirando, io ho paura, ne ho sempre avuta… anche da piccolo. Proteggevo gli altri, ma in realtà volevo rassicurare me.»

​Gorka era agitato. Il tono della sua voce si alzò fino a gridare.

​«Perché nessuno capisce che ho bisogno di sentirmi figlio. Voglio che qualcuno mi prenda a schiaffi, senza rinnegarmi.»

​L’abate appoggiò una mano sulla spalla di Gorka.

​«Quella sera, quando, dopo aver seppellito Leon, sei ritornato qui, ti sei nascosto come adesso. Eri immobile come una pietra. Mi hai fatto paura e, per scuoterti, ti ho dato quelle croci da portare… troppe, forse, ma eri l’unico che poteva farlo… e non è stato facile mettere da parte il fatto che anche tu eri mio figlio.»

​«No, non è così, anch’io desideravo portare in salvo quella gente… è che non credevo che Leon morisse… volevo vederlo felice… come lo ero io con Marie… e adesso sono stanco e ho bisogno di alzare gli occhi e vedere qualcuno più in alto di me che mi guarda… qualcuno che mi faccia sentire piccolo e governato.»

​«Lo so. Alzati adesso e vieni con me.»

​L’abate annuì e, sorridendo, prese per mano Gorka e lo portò davanti a un tavolo: sopra c’era una scacchiera con una partita già incominciata e accanto a questa una clessidra. La sabbia grigia e opaca defluiva da un bulbo all’altro. L’abate la girò.

​«Adesso il tempo è fermo. Guarda. Sei sempre stato bravo in questo gioco. La partita non è ancora finita e tu già hai vinto, sbagliando però molte mosse che ti hanno fatto perdere molti pezzi importanti; sarebbe una vittoria triste. Ma io posso riportare la partita quasi all’inizio, così avrai la possibilità di non fare più errori e vincere prima.»

​«Ma se non sbaglio e non avanzo sulla scacchiera, forse non mi avvicinerò ai pezzi che vorrei incontrare… a Marie. Lei, per non lasciarmi solo, mi ha seguito… Quando è morta, aspettava nostro figlio; io non ho potuto fare niente: solo vederla soffrire. Adesso che l’ho rincontrata, non voglio perderla di nuovo e non voglio perdere neanche mio figlio.»

​«Tu devi solo cambiare le mosse sbagliate e dare scacco matto al re… a far incontrare i pezzi e combaciare il tutto alla fine di questa partita ci penserà un Altro.»

​«Sbaglierò di nuovo… e forse farò anche peggio.»

​«Io invece ho molta fiducia nel mio cavaliere. Ne hai fatta di strada dalla prima volta che, ferito, sei venuto in questo convento. Allora imprecavi e giuravi vendetta… e anche in questa vita hai fatto lo stesso, ma tutto ciò ha lasciato segni profondi che vanno oltre la memoria, forgiando l’indole. Adesso corri… puoi far risorgere il sole senza aspettare un nuovo giorno.»

​Gorka uscì. L’abate prese di nuovo la clessidra, che adesso aveva tutta la sabbia ferma in un solo bulbo, e la rigirò.

​Nel buio, Manuel ricominciò a correre senza una direzione: sentiva solo che doveva farlo per raggiungere qualcosa o qualcuno. I suoi pensieri erano opachi come l’aria che l’avvolgeva: chi era lui, si chiedeva? Si fermò per riprendere fiato, si guardò intorno: era in un bosco, la nebbia si diradava e gli alberi non avevano più le foglie secche, ma i rami fioriti. Chiuse gli occhi e respirò profondamente. A bocca aperta, continuava a riempire i polmoni con l’aria profumata.

Riaprì gli occhi lentamente e si ritrovò nell’abitacolo di una vecchia auto ferma. Si girò; accanto a lui c’era suo fratello Gigi, che con le mani tremanti stringeva il volante. Manuel adesso non ricordava più niente, sapeva solo di essere un ragazzo spaventato: Gianni, che un minuto prima aveva detto al suo amico Nico di andare a riprendere una ragazza che scappava, l’ostaggio della loro rapina. Guardò l’ora e la data sul suo orologio: erano le 20:00 del 29 marzo 2003.

​«Che cazzo sta facendo?… Gigi, vado a vedere che è successo. Tu resta qui, tieni il motore acceso e se senti arrivare la polizia, scappa.»

​Gigi non rispose; i suoi occhi impauriti dicevano di no.

​«Devi andare via! Hai capito?»

​Il fratello batteva i denti, ansimava e annuiva con fatica. Gianni scese dall’auto sbattendo lo sportello e si diresse dove poco prima correva il suo amico. Nico era disteso sull’erba e allungava le braccia verso la ragazza, che, correndo, era caduta in un fossato e cercava di tranquillizzarla.

​«Dammi la mano, aggrappati a me… Non avere paura.»

​Lei era in bilico, si reggeva sulle rocce; staccò una mano per tenderla a lui, ma in questo modo perse l’equilibrio e scivolò ancora più giù.

​Nico si tenne con una mano a un ramo e continuò a sporgersi per raggiungerla. Gianni lo vide e si lanciò su di lui.

​«Ma che fai, sei impazzito?»

​«La ragazza… è caduta, non riesco a prenderla.»

​«Ti reggo io, non preoccuparti.»

​Insieme riuscirono a tirare su la ragazza. Nico la prese in braccio e le sollevò la testa. Si guardò le mani: erano sporche di sangue. Le parole gli uscivano a fatica.

​«Gianni… Non possiamo portarla con noi, è ferita. Tu scappa, io rimango con lei.»

​Gianni restò un attimo a fissare l’amico e la ragazza, poi si allontanò di corsa, ma si fermò di colpo, come se qualcosa gli avesse impedito di proseguire, e ritornò indietro. Nico si era inginocchiato per terra e teneva la ragazza stretta a sé; vedendolo arrivare, gli gridò contro: «Che cazzo fai? Devi andare via! Non dirò niente di voi a nessuno».

​«Lo so… ma non ti lascio solo.»

​Il suono delle sirene della polizia, che si sentiva sempre più vicino, era come una sentenza. Gigi inspirò piano e profondamente, espirò e spense il motore dell’auto. La polizia intimò ai ragazzi di alzare le mani. Nico, però, lo fece con difficoltà: reggeva la ragazza, che adesso era svenuta, e non poteva lasciarla andare bruscamente.

Serie: IL TRENO DELLE ANIME


Avete messo Mi Piace3 apprezzamentiPubblicato in Fantasy

Discussioni

  1. Bellissima questa possibilità di riscrivere il passato, e come ha notato Gabriele, anche io temo che ogni tentativo porti sempre allo stesso risultato. Eppure in questa serie i personaggi sembrano incontrarsi, in piu vite, proprio perché sono destinati a cambiare la loro storia dall’inizio.. ma questa è una sensazione mia, per ora. (O una speranza…chissà 🙂)

    1. Sì, hai colto in pieno. Manuel/Gianni, attraverso il racconto di Michele e le parole del Salmo, comprende di essere stato il cavaliere senza croce (Gorka). Nico è l’amico a cui Gorka aveva fatto la promessa (Leon), mentre la ragazza morta nella rapina è Sara (la donna amata da Nico/Leon). Il rammarico di Manuel/Gianni (che al cospetto dell’abate si riconosce in Gorka) è enorme perché sente di aver sprecato l’occasione unica per rendere felice il suo amico.
      ​L’Abate rappresenta il Grande Autore (Dio) e offre a Gorka (Manuel/Gianni) una possibilità: non si tratta di un Deus ex Machina, ma di un dono che lo costringe a rivivere il giorno cruciale della sua vita e a esercitare il suo libero arbitrio in modo diverso.
      ​Se riuscirà a compiere la sua missione, cambierà gli esiti negativi di quel giorno senza causare un effetto farfalla sugli eventi positivi che la sua vita attuale aveva comunque generato.
      ​Grazie di cuore per il tuo commento, Tiziana❤️🙏