Sia Così

Sono stata tante volte paralizzata, mai per mia volontà. Alcune volte era la tristezza a tenermi schiacciata al suolo, la solitudine che mi copriva con un pesante piumone il dolore immergere la mia testa in un catino d’ acqua gelida, su e giù, con un aristocratico sadismo. Questa volta sono io che mi imbriglio ad una parete come un licantropo al plenilunio di luna rossa. La sento salire viscida e subdola, divampa in ogni cellula ed affranto di cervello si gonfia mangia a piccoli bocconi tutto quello che incontra. Se non lo digerisce lo modella tra le mani dandogli forma d’animale fatto di palloncino. È un parassita che infesta che vorrebbe l’auto pilota, piazza pulita, sventolandomi davanti la promessa della libertà, sapendomi ghiotta di lei.

Ogni volta che ci sono macerie si presenta, è lo spazzino della mia anima, o per meglio dire l’avvoltoio. Dipana tutto, i pezzi rimasti sani li espone in una galleria sotto teche, è l’unica parte che alla volte sembra la più lucida mi guida tra le targhe dei pezzi unici spiegandomene la genesi ed aggiungendo accurati commenti.

Ogni parola è seduttiva, fluida arriva alle orecchie, ti invita a sedere su poltrone di raso viola dalle testate dorate l’aria sa di incenso e rosa, offre tè pasticcini gradevoli conversazioni. “Sistemo tutto io” seduta con le gambe accavallate propone soluzioni, tutte ottime. È un eccellente padrona di casa, tanto che scivoli sul morbido tessuto lasciando cadere la tazza rococò assopendoti da tutte le contraddizioni.

Prepotente si muove nel mondo, tutto lei conosce, non possiede imperfezioni o debolezze. La ostacoli: ti disintegra. Corazzata pronta a scendere in guerra pur di divertirsi un po’.

In fondo anche lei è tanto debole da sparare solo contro chi sa che non oppone resistenza; eppure è la più brava a sopravvivere nelle ferite del mondo, la sua teatralità distrae te e chi osserva.

Riprendendo coscienza ti accorgi che è fuggita solo la parte libertina stronza, i suoi capricci si possono aggiustare con un gesto garbato seguito da un rammaricato sorriso.

Il problema è quando inizia a sfaldarsi la pelle facendo emergere Erinni. Fatichi a tenerla a bada: batte sullo sterno vuole solo uscire, sento i denti premere tra loro, tutto quello che c’è di sensibile nel mio corpo è sovra eccitato dalle scariche elettriche che gli invia, sembra che pregustino il momento in cui sarà libera.

Mi sfida. Con un martello batte sulle pareti dei pensieri inchiodando frammenti in cui sono stata troppo codarda per parlare, temendo di perdere qualcosa o risultare pazza, mostrando tutta la mia debolezza la pochezza del carattere che con cura occulto alla luce. Come una belva alla vista del acqua elenca tutte le parole mai nate: “Sai anche tu che ogni rivoluzione è distruzione, tutti ti calpestano, raccontano bugie a nessuno interessa, io posso fare cose che tu non puoi”.

Potessi indirizzare quella mia volontà dalle gambe inferme, al coraggio nascosto dietro il timore tutta la sua impetuosità, forse, ora sarei esattamente dove dovrei trovarmi.

La cosa divertente è che sono io il sangue che l’ha creata. La nutro con il rimorso, l’inerzia, il senso di colpa con tutto quello che mi rende impotente.

Vorrei farla uscire per, vanità, stanchezza nel tenerla alla corda. Sono abituata alla distruzione, però il campo di gioco sono io, lei invece promette di rendere polvere chi mi ha graffiato così tanto che anche le ossa sono segnate. Sulle labbra mi pare già di sentire il sapore dolciastro del potere, il controllo del mondo che mi circonda, ogni cosa che prende forma sotto il suono della mia volontà dopo uno schiocco di frusta. L’inarrestabilità.

Poi penso al vuoto che provo allo stomaco quando è un attimo distratta dalle farfalle, entrambe siamo sospese nello spazio e tempo, senza il privilegio dell’eternità, con il peso della disperazione. Ci consumiamo per lo stesso oggetto: libertà.

Rannicchiata al buio preme sulla bile. La ragione ride di me, anche i sassi sanno che solo io sto così, getto colate di cemento ai piedi, perché sabotarmi mi viene un capolavoro.

Se la faccio uscire la munisco di mazza; sicuramente spaccherebbe la prigione mi vestirebbe di elettricità e vento rendendo il mio corpo quel’ onda che tanto voglio essere.

Perderei il peso dei petali esamini.

Quando ci guardiamo, l’idea di essere altro per un po’ mi stuzzica. Voglio cedere.

Con cosa travolgerà il mondo?

La sospensione di ogni ragionamento, impulso feroce senza pagare mai le conseguenze – nessuno le paga mai, anzi le fanno pagare a me le loro perché ho sempre la schiena china – il diventare impermeabile anche alle lacrime, il voglio quindi posso. Non lascerebbe spazio alle aspettative, nulla potrebbe deludermi. Schiaccerebbe prima di iniziare a sorridere. Avrei movimenti aggraziati per il mondo, non apparirei più inadatta, fuori luogo. Mi riprenderei quello che mi sono portata via.

Il prezzo per non provare più male, il non dare più nulla che non sia altro che bugia è quello di diventare Rabbia, sia così.

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