Siamo tutti Caino

Una settimana all’anno, in prossimità del Natale, Piazza Della

Concordia al 3, l’ufficio dove Ninì Bianco lavora come impiegato

diventa meta del pellegrinaggio di mercanti di beni di lusso alla

corte del notaio Mazarino.

Si è disposto che il lunedì e il martedì sarebbero stati dedicati

all’abbigliamento e accessori, il mercoledì e il giovedì all’oreficeria,

il venerdì all’oggettistica d’arredamento. Tre ore al giorno, la Circolare 

(la stanza privata del notaio) si trasforma in un atelier con sfilate

di abiti, in un stand di preziosi e monili esotici, sculture e quadri d’autore. 

In quei giorni, il brusio dei mercanti in sala d’attesa svuota il banco 

cambiali dai contanti insufficienti dei protestati, e dalle loro balle, 

raccontate per prolungare la scadenza del versamento. 

Tutto l’anno, Piazza della Concordia al 3 è un palcoscenico di sagome 

in avvicendamento. Fuori dalla porta d’ingresso, si può udire il geometra

Moroni supplicare permesso due tre volte prima di entrare, vederlo 

fare capolino, ciondolare la testa con circospezione e attivare la prima

gambetta per darsi un po’ di coraggio; una volta dentro,

deambulare rasentando le pareti, come se lo spazio circostante gli

procuri imbarazzo. Osservare il geometra Moroni con le spalle al

muro, e pensare sottovoce a una fata che, pare un tempo, gli avesse

scansionato il cervello e succhiato il midollo.

Si può incontrare Tarcisio e il suo riporto acrobatico che tiene

insieme trenta capelli trenta, sull’ovale lucido che profuma di

naftalina. Tarcisio, attaccato al citofono, annuncia «Valori

bollati», con l’enfasi di un venditore di pesce fresco al mercato rionale.

Entra declamando: Ave Caesar morituri te salutant. Punta la prima

scrivania disponibile, quella di Ninì Bianco. Lo abbraccia e gli

chiede di scrivere, sotto dettatura, lettere minatorie indirizzate a

presunti ricattatori, fissando appuntamenti col nemico in

prossimità di un ponte di ferro. Alla fine, la promessa di un caffè

pagato pareggia i conti. Succede alle tre del pomeriggio, tutti i

venerdì. Si può passivamente interloquire con i coniugi Sicuro, 

titolari di diversi autosaloni dell’usato. Abili estimatori della

“comunicazione a risparmio energetico” dove l’uno conclude il

discorso iniziato dall’altro e viceversa, in uno spot educato che non

ammette interruzioni. Nell’intelaiatura del loro palinsesto

linguistico, impera un aggettivo: sicuro. Come un intercalare

mediatico persuasivo, un prezzemolo idiomatico sciorinato in

eccesso di dosaggio, un avverbio concretizzato in nome del

sostantivo redditizio: “comunque è sicuro”.

La deduzione logica di un servizio garantito.

Piazza della Concordia al 3, un parcheggio di gente in coda, in

attesa di un’autentica identificazione.

La certificazione al diritto all’esistenza.

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